Polemiche sul DRM dentro HTML

Polemiche sul DRM dentro HTML

Il W3C ha deciso di mettersi al lavoro su un sistema di restrizione alla fruizione di contenuti da implementare direttamente nelle specifiche del Web. A favore grandi nomi dell'imprenditoria online. E anche la BBC
Il W3C ha deciso di mettersi al lavoro su un sistema di restrizione alla fruizione di contenuti da implementare direttamente nelle specifiche del Web. A favore grandi nomi dell'imprenditoria online. E anche la BBC

Sollevando un nugolo di polemiche e discussioni destinato a durare ancora a lungo, il World Wide Web Consortium (W3C) ha deciso di mettersi al lavoro sulle cosiddette Encrypted Media Extensions (EME): in breve, un modo per implementare un meccanismo di restrizioni DRM direttamente all’interno delle specifiche del linguaggio di markup HTML. La proposta EME è supportata – non a caso – da Google, Netflix, Microsoft e altri grandi player attivi nel settore telematico, e prevede l’introduzione di un frame universale (in forma di API HTML, appunto) entro il quale far girare le librerie DRM propriamente dette.

Se l’industria supporta le DRM in salsa HTML ( dal 2016 in poi e non prima), dagli smanettoni eccellenti arriva una bocciatura senza appello della nuova manovra in favore delle tecnologie di restrizione: Ian Hickson, già editor delle specifiche HTML per W3C, parla di una proposta “non etica” e soprattutto inutile visto che le DRM – come ha rimarcato un membro corrente del gruppo di lavoro HTML – “non risolvono il problema che gli autori stanno cercando di risolvere”.

Altro problema con cui la proposta EME deve scontrarsi è la necessità di interfacciare la nuova API con schemi DRM esterni: vista la tendenza delle grandi corporazioni a lavorare in proprio quando si tratta di bloccare l’accesso “non autorizzato” ai contenuti “premium”, l’ipotesi di un ritorno a un passato recente fatto di tanti plugin da installare sul browser per visualizzare i singoli siti Web non è così campata in aria.

Sulle DRM in salsa HTML fa notizia anche la posizione assunta da BBC a riguardo: l’emittente britannica cerca di spacciare la protezione dei contenuti per la difesa dell’infanzia e altre giustificazioni a dir poco fantasiose , tradendo così quello che dovrebbe essere il suo mandato di agire nell’interesse del pubblico.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
18 feb 2013
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