Stallman: il W3C non venda l'anima alle DRM

Stallman: il W3C non venda l'anima alle DRM

Anche il fondatore di FSF si esprime contro l'inclusione di tecnologie anticopia all'interno dello standard web per eccellenza. Sarebbe contrario ai principi del W3C, dice Stallman, e aprirebbe le porte a spyware e backdoor
Anche il fondatore di FSF si esprime contro l'inclusione di tecnologie anticopia all'interno dello standard web per eccellenza. Sarebbe contrario ai principi del W3C, dice Stallman, e aprirebbe le porte a spyware e backdoor

La discussa accoppiata HTML più DRM ha un nuovo nemico, vale a dire Richard Stallman: il fondatore di Free Software Foundation (FSF) spiega i motivi della sua – invero prevedibile – contrarietà all’inclusione di “estensioni” per tecnologia anticopia nello standard HTML e avverte il World Wide Web Consortium (W3C): accettare un compromesso su questo fronte equivale a vendersi l’anima.

Stallman argomenta la sua nuova fatwa contro le tecnologie anticopia (in salsa web) spiegando le possibili conseguenze di una eventuale accettazione dei sistemi DRM da parte del W3C: il Consorzio potrebbe rendere l’uso delle restrizioni più conveniente da un punto di vista pratico, influenzando l’accettazione dell’utilità a breve termine delle tecnologie anticopia e incoraggiando un maggior numero di siti a farne uso.

Ma la verità è che un’eventuale standardizzazione delle protezioni DRM rappresenterebbe la prima volta in cui il W3C abbia accettato una proposta specificatamente pensata – “unicamente ed esplicitamente” – per maltrattare gli utenti, spiega il presidente di FSF.

Peggio ancora, continua Stallman, la cessione del controllo del web alle corporation – l’estensione “EME” proposta al W3C necessita di un componente esterno hardware/software a cui sono deputate le operazione di criptazione/decriptazione – favorirebbe la diffusione di contenuti inaccessibili tramite sistemi operativi e software FOSS. Nella peggiore delle ipotesi, dice Stallman, dopo le protezioni DRM “standardizzate” arriverebbero backdoor e spyware.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 6 mag 2013
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