Cellulare puerile

Cellulare puerile

Pensato per gli infanti dai quattro ai nove anni
Pensato per gli infanti dai quattro ai nove anni

Affidereste un cellulare nelle mani di un bambino di quattro anni? Se si trattasse di un Samsung Galaxy S4 nuovo di zecca, probabilmente no, ma con 1stFone non ci sono scuse!

1stFone

Così, nel Regno Unito dopo gli uomini di affari, gli impiegati, i commercianti, le casalinghe, i quarantenni, i trentenni, i ventenni, i teenager, i pre-adolescenti e gli anziani, fra la schiera dei cellulari-dipendenti mancavano i bambini piccoli, dai quattro ai dieci anni, a cui è dedicato questo cellulare davvero molto particolare.
In pratica, 1stFone non ha schermo, non ha accesso a Internet e non ha possibilità di messaggiare, ma presenta solo una serie di tasti, pre-programmati da fabbrica e personalizzabili in fase di acquisto, a cui sono associati i numeri di telefono di mamma, papà, nonni e qualche altro parente.

1stFone presenta un pulsante di accensione e spegnimento, uno per chiudere la conversazione e tutta una serie di tasti, da due a dodici, corrispondenti ai numeri pre-impostati che possono essere chiamati dal pargolo. Il numero telefonico del piccolo proprietario viene stampato sul retro del dispositivo e i genitori in fase di acquisto hanno la possibilità di selezionare un abbonamento da 50, 100 o 500 minuti mensili per un costo variabile tra i 9 e i 19 euro circa.
E se qualcuno dei numeri programmati deve essere modificato, è necessario contattare la casa produttrice, che effettuerà la variazione da remoto.

Niente SMS, niente Internet o altre diavolerie per evitare dipendenze: questo è quanto pubblicizza l’azienda britannica OwnFone, fondata da Thomas Sunderland, anche se resta da scoprire quale bimbo di quattro anni sia capace di navigare sul Web o scrivere e leggere SMS. Al contrario, un qualsiasi infante dai quattro anni in su è capace di memorizzare la posizione dei tasti e associare l’opportunità di ascoltare la voce di mamma e papà dal vivo alla pressione di un determinato pulsante.

Verrebbe da dire che questo dispositivo è pensato per la buona pace dei genitori molto apprensivi che, sempre più spesso, si trovano a vivere stati d’ansia genitoriale, anche per le paure che strisciano nel mondo in cui viviamo. La possibilità di sentire il piccoletto anche quando è lontano da casa permetterebbe ai parenti stretti di stare più tranquilli, affidando nelle sue manine un device senza fronzoli e pensato per funzionare come il telefono di casa tradizionale, solo in modo più accessibile per le fasce pre-scolari. Questo è almeno il pensiero di alcuni esperti di infanzia come Agnes Nairn che, in un recente report Unicef sull’infanzia britannica, giudica l’idea di 1stFone come un buon strumento per tranquillizzare i genitori.

In un mondo in cui nel 2014 ci sarà il sorpasso del numero dei dispositivi mobile sul numero di esseri umani, come definito dall’International Telecoms Union, molti credono che questo 1stFone non sia altro che un nuovo modo per “monetizzare agganciando i minori”, come afferma Sue Palmer, autrice del libro Toxic Childhood, che grida al pericolo di estraniazione dei piccoli utilizzatori dai momenti ricreativi lontani dalla famiglia, con conseguenze negative sull’autonomia dei bimbi.
Secondo i denigratori, quindi, 1stFone sarebbe l’ennesimo tentativo di un marketing malato di abbordare i piccoli per allargare i confini e il target di un mercato alla saturazione.

Come sia o come non sia, 1stFone è disponibile per ora nella sola Gran Bretagna e quanto prima il produttore preparerà anche una versione in braille.

(via Textually )

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Pubblicato il
20 mag 2013
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