Motorola, niente soldi per i brevetti Xbox

Motorola, niente soldi per i brevetti Xbox

Microsoft vince la partita aperta presso la ITC ed evita il pagamento di una salatissima compensazione dal valore di miliardi di dollari
Microsoft vince la partita aperta presso la ITC ed evita il pagamento di una salatissima compensazione dal valore di miliardi di dollari

L’International Trade Commission (ITC) ha finalmente emanato il suo giudizio definitivo sulla questione dei brevetti di Xbox (360) sollevata da Motorola-Google, e si tratta di un giudizio che dà pienamente ragione a Microsoft: la console videoludica non viola alcun brevetto di Motorola.

La decisione dell’ITC riprende quella preliminare del giudice David Shaw, mettendo fine a una contesa protrattasi per tre anni e aperta ancora prima dell’acquisizione di Motorola da parte di Google: l’accusa aveva chiesto la messa al bando di Xbox e il pagamento di ben 4 miliardi di dollari di royalty per i brevetti presumibilmente violati, ora l’ITC ha deciso che Motorola-Google non ha diritto né all’una né all’altro.

Naturalmente agli antipodi le reazioni dei contendenti alla decisione dell’ITC, con Microsoft che parla di “una vittoria per i clienti Xbox” e una conferma dell’inconsistenza delle pretese di Google per il blocco delle vendite. Un portavoce di Motorola parla invece di “insoddisfazione” e della valutazione delle prossime mosse da mettere in campo.

Vero è che la querelle Motorola-Microsoft su Xbox fa parte di una più ampia battaglia legale a suon di cause per violazioni di brevetti, una battaglia che al momento Microsoft sembra portare a casa senza colpo ferire con una serie di accordi di license agreement che hanno trasformato Android – l’OS mobile di Google – in una delle più corpose fonti di guadagno di Redmond nel mercato mobile.

Suscita infine di un certo interesse la posizione dell’ITC in questa guerra senza esclusioni di colpi sui brevetti delle tecnologie informatiche e di intrattenimento: l’agenzia federale si era sin qui distinta come strumento veloce ed efficace per richiedere la messa al bando dei prodotti “illegali”, ma ora la posizione dei giudici si fa meno accondiscendente dietro espressa richiesta del Dipartimento di Giustizia di evitare l’accettazione supina delle richieste delle corporation americane.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
24 mag 2013
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