Apple e la strada della perdizione

Apple e la strada della perdizione

Safari, indirizzando i propri utenti verso la pornografia, rovina le famiglie. E pure le famiglie che gestiscono i sexy shop. La denuncia di un cittadino statunitense
Safari, indirizzando i propri utenti verso la pornografia, rovina le famiglie. E pure le famiglie che gestiscono i sexy shop. La denuncia di un cittadino statunitense

È bastato un errore di digitazione: Chris Sevier, cittadino americano e avvocato, si era affidato a Safari per raggiungere Facebook. Safari, il browser della Mela, interpretando l’errore di digitazione, l’ha condotto su Fuckbook.com . Grovigli di carne raffigurati sullo schermo. Sevier, a partire dal quel sito studiato per “fare appello alla sua sensibilità biologica di uomo”, è stato risucchiato in un vortice di sconcezze, di dipendenza, di conflitti coniugali. Per illustrare il suo dolore, un video postato su YouTube per l’occasione, citato nella sua denuncia.


Apple, a parere di Sevier , è la colpevole: non fa abbastanza per preservare l’innocenza e l’integrità dei suoi utenti . L’uomo si considera una vittima della “invasione di contenuti pornografici che gli hanno sistematicamente avvelenato la vita”, una situazione che avrebbe potuto essere scongiurata se solo Apple se avvertisse il consumatore al momento dell’acquisto, se dotasse i propri prodotti di misure di sicurezza adeguate. Non è dunque sufficiente la morigeratezza di Cupertino: i sistemi di protezione di Apple dovrebbero essere tarati per vincere la corruttibilità della natura umana. “In qualità di esseri umani – spiega Sevier – i dipendenti di Apple sanno che un uomo nasce pieno di ormoni ( harmonies , nel testo: l’autore della denuncia, vittima dell’ennesimo errore di digitazione, probabilmente intendeva scrivere hormones , ndr ) e circuito da donne che si esibiscono in atti sessuali con il fine di indurre eccitazione”.

È stata anche l’attenzione finora dedicata da Apple alla protezione dei propri utenti a rendere le delusione di Sevier ancora più bruciante, scottato da un marchio in cui ripone cieca fiducia. “L’attore della causa crede in Apple, una azienda che è certo operi in buona fede. Fin dalla sua nascita, Apple è stata una azienda a favore delle famiglie – spiega Sevier – Apple è sempre stata una entità che si è preoccupata del benessere dei bambini della nostra Nazione, promuovendo i valori americani”.

“L’attore della causa ama Apple” ribadisce Sevier, ma Apple gli ha impedito, di fatto, di continuare ad amare sua moglie , indirizzandolo verso tentatrici “cyberbellezze”. È per questo che denuncia Cupertino di “concorrenza sleale” e di “aver interferito nel suo vincolo matrimoniale”. Per sua stessa ammissione, l’accusa riferisce di “aver iniziato a desiderare le ragazze giovani e belle ritratte nei video porno più di sua moglie, che non ha più 21 anni”. La dipendenza innescata dai “contenuti a cui ha avuto accesso con la mediazione dei prodotti Apple” si è radicata in Sevier al punto di non permettergli più di “distinguere la pornografia su Internet da un rapporto sessuale tangibile”.

Ma la depravazione indotta da Apple non si limiterebbe al talamo, né alla corruzione dei costumi del mondo intero. Costituirebbe altresì un attentato all’economia della pornografia , un colpo sotto la cintura ai “porno shop a conduzione familiare”, costretti ad arrancare dalle immagini che scorrono senz aregole su Internet, capaci di configurare una situazione analoga a quella causata dal “download illegale di musica e di film” per “i negozi di dischi tradizionali e i servizi di videonoleggio”.

Sevier crede di impugnare la soluzione e si raccomanda affinché la giustizia, oltre ad ordinare un risarcimento, induca Apple a battere la retta via. Basterebbe che Cupertino vendesse i propri prodotti con degli strumenti di parental control attivi di default . Coloro che desiderassero lasciarsi irretire dalle tentazioni di Internet, ma solo se maggiorenni, sarebbero liberi di chiedere un codice “per rimuovere il filtro ed accedere ai contenuti indecenti protetti dalla Costituzione”.

Apple non ha offerto alcun commento riguardo alla denuncia, ed è probabile che la causa non abbia seguito, in quanto Sevier sembra essere già stato interdetto dall’esercitare la propria professione.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
16 lug 2013
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