Niente Ubuntu Edge. Ma il crowdfunding funziona

Niente Ubuntu Edge. Ma il crowdfunding funziona

Mancano 20 milioni all'appello. Il super-smartphone non si farà, non almeno in questo modo. Ma altri progetti in cerca di fondi ce l'hanno fatta
Mancano 20 milioni all'appello. Il super-smartphone non si farà, non almeno in questo modo. Ma altri progetti in cerca di fondi ce l'hanno fatta

“Un mese pazzesco”: con queste parole Mark Shuttlerworth a nome del team Ubuntu Edge chiude il tentativo di raccolta fondi lanciato su Indiegogo con l’incredibile obiettivo di raccogliere 32 milioni di dollari in 30 giorni. Lo smartphone fuoriserie non ce l’ha fatta : 12 milioni e 800 mila dollari e qualche spicciolo, questo è quanto è stato racimolato prima della scadenza, nonostante l’appoggio ricevuto da Bloomberg e un’altra manciata di altre piccole imprese che avevano creduto nel progetto. Ma 20mila sostenitori non sono abbastanza per portare a termine l’ambizioso progetto.

“Molti di voi ci hanno donato tempo e denaro, organizzando mailing list, strategie per social media e pubblicità online, su come contattare con successo i mezzi di informazione locali. Ci sono stati interi siti creati per raccogliere informazioni e aiutare nella promozione dell’Edge. Stiamo contattando personalmente i nostri maggiori sostenitori”. Nonostante tutta l’attenzione rivolta al progetto, che ha comunque superato ogni record precedente in fatto di raccolta fondi via Internet, il marchio Ubuntu non è bastato : troppo alto l’ostacolo fissato da Canonical, che ha chiarito che tutto quanto raccolto finora sarà restituito entro cinque giorni lavorativi .

david hasselhoff è michael knight Non è finita, comunque, come ha ribadito Shuttleworth al Guardian : l’eco del progetto Ubuntu Edge ha ridestato le coscienze della industria mobile, e potrebbe anche succedere che dalle ceneri del crowd-funding nasca qualcos’altro di molto simile allo smartphone che avrebbe potuto essere e non è stato. Senz’altro è stata la cifra sontuosa ricercata a tarparne le ali, ma d’altronde si trattava di una condizione ineludibile per riuscire a garantire un prodotto che mantenesse le promesse fatte in atto di presentazione del progetto: chi ha chiesto meno, e si è accontentato per quanto riguarda dotazione hardware e software, è riuscito molto più facilmente nel suo intento. È il caso ad esempio dello “smartwatch 2.0” Omate TrueSmart , che in meno di 24 ore ha raggiunto e superato i 100mila dollari necessari a mettere in produzione un vero e proprio smartphone Android da polso, in grado comunque di funzionare anche come companion per il più tradizionale terminale da tasca che tanto va di moda. ( L.A. )

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Pubblicato il
22 ago 2013
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