Contrappunti/ Google e la pietra filosofale

Contrappunti/ Google e la pietra filosofale

di M. Mantellini - La nuova startup Calico è l'ennessimo sogno che Brin e Page vogliono trasformare in realtà. Una visione ingenua e meravigliosa della vita, che ha naturalmente tanti pro e qualche contro
di M. Mantellini - La nuova startup Calico è l'ennessimo sogno che Brin e Page vogliono trasformare in realtà. Una visione ingenua e meravigliosa della vita, che ha naturalmente tanti pro e qualche contro

È come nei confronti di Google ci fossimo attrezzati con un atteggiamento inscalfibile di fiduciosa attesa. Google lo sa e un po’ ci gioca. Tutto è nato molti anni fa quando l’idea geniale di due studenti universitari ha rivoluzionato la nostra maniera di cercare cose in Rete. Già allora iniziammo a pensare che quella pagina di ricerca, scarna e bianca, avesse qualche parentela con la magia. Chi utilizza la Rete da abbastanza anni ricorderà la qualità delle ricerche prima di Google e quella dopo: improvvisamente quelle stesse cose che erano sul Web e che ci interessavano iniziarono ad essere davvero raggiungibili con grande facilità. Un primo colpo di bacchetta magica.

Io penso da tempo che l’approccio magico di Google al mondo sia il risultato di differenti sentimenti che nel tempo sono andati a sovrapporsi uno all’altro. C’è un po’ di incoscienza giovanile intanto, che come è ovvio è andata riducendosi negli anni e nelle complicazioni della quotazione azionaria di un’azienda miliardaria: quell’approccio pratico e fantastico per cui qualsiasi cosa è possibile se davvero la vogliamo e se siamo in grado di sognarla con sufficiente esattezza. Poi c’è, ovviamente, una quota di marketing ben evidente, che è invece andata aumentando negli anni fino a diventare forse quella preponderante: il don’t be evil scricchiola da ogni lato per molte solide e differenti ragioni ma resta una delle modalità principali di racconto aziendale, una metrica narrativa positiva e rassicurante che è di fatto il linguaggio superficiale e consolidato della Silicon Valley e delle aziende Internet in genere. Esiste infine, difficile da quantificare osservando le cose da lontano, un tratto indubbio di megalomania secondo la quale il denaro e il tempo sono i garanti di qualsiasi orizzonte di futuro progressivo.

Sia come sia, la nostra predisposizione di essere ammaliati ed affascinati da Google ha resistito agli anni ed ha attraversato i progetti dell’azienda di Mountain View, da quello formidabile della cartografia digitale del pianeta, Google Earth, le mappe che tutti oggi utilizziamo sui computer e sui device mobili, alla digitalizzazione del patrimonio librario mondiale iniziata e portato avanti in accordo con grandi istituzioni, sovrintendenze e biblioteche. Ognuno di queste iniziative ha mostrato ben chiari i segni della discontinuità col passato ed anche in relazione a questo ha subito contestazioni e denunce da parte dei soggetti più vari, talvolta a ragione, molto spesso in maniera pretestuosa e antistorica. Spesso in questi casi la nostra istintiva vicinanza ai californiani che vogliono cambiare il mondo in nome della libera circolazione delle informazioni è stata automatica e incondizionata.

Come in ogni farmacodipendenza che si rispetti, nel tempo Google è stata costretta ad aumentare la dose di magia da proporre a noi, suoi sempre più svagati ammiratori, noi che, nel frattempo e spesso senza nemmeno accorgercene, siamo diventati i clienti non dei prodotti magici offerti in regime di assoluta gratuità, ma di una nuvola gigantesca di servizi economici collaterali.

In nome di questa magia che deve essere mantenuta viva ad ogni costo sono arrivati i Google Glass che hanno generato un’attenzione mondiale straordinaria, o anche certi progetti minori ma non certo meno evocativi come quello di affidare a palloni aerostatici da posizionare sopra le lande meno abitate del pianeta l’accesso a Internet nelle regioni non coperte. Una prosecuzione con altri mezzi del racconto fantastico di una azienda che sembra crogiolarsi nella propria voglia e capacità di stupire.

Poi arriverà l’auto senza pilota e anche qui, ne siamo certi, i diaframmi di pensiero da infrangere saranno ben più solidi di quelli tecnologici ed infine, è notizia di questi giorni, Google dedicherà una piccola parte delle sue risorse alla lotta alle malattie e all’invecchiamento. Calico , così si chiama la startup, ha salde ed invisibili propaggini che la connettono al racconto magico che è stato il leitmotiv di Google fin dagli esordi, e contiene in sé tutte le aspettative “a la Google” che abbiamo imparato a riconoscere in questi anni: la sfrontatezza, il traguardo impossibile, la grande fiducia nelle possibilità di risolvere qualsiasi problema se si hanno abbastanza soldi ed abbastanza cervelli da dedicargli.

C’è un tributo di stima e vicinanza che chiunque di noi dovrebbe sempre dedicare a questo approccio pratico ed utilitaristico alla comprensione del mondo, del resto molti traguardi che ci sembravano impossibili sono stati raggiunti a colpi di entusiasmo e fiducia. Rimane in ogni caso intatta, specie quando ci si allontana dagli algoritmi di Internet e si finisce ad occuparsi di temi importantissimi del mondo reale compresa la nostra futura quasi immortalità, una complessità ed una stratificazione dei problemi che sembra sfuggire almeno in parte all’approccio magico e favolistico di Google. Viene in mente una vecchia indiscrezione, tanto illuminante quanto dubbia, secondo la quale quando molti anni fa nacquero i primi seri problemi di censura di Google in Cina i due giovani fondatori uscirono dal loro ufficio e se ne andarono in libreria ad acquistare qualche enciclopedia sul misterioso paese.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
23 set 2013
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