AOL e il pasticcio Creative Commons

AOL e il pasticcio Creative Commons

Denunciata un'app che impiega un database diffuso da CrunchBase sotto licenza Creative Commons. Il problema potrebbe essere legato non tanto ai contenuti quanto alle API impiegate per ottenerli
Denunciata un'app che impiega un database diffuso da CrunchBase sotto licenza Creative Commons. Il problema potrebbe essere legato non tanto ai contenuti quanto alle API impiegate per ottenerli

AOL ha denunciato la start up Pro Populi per aver utilizzato a scopo commerciale i contenuti di CrunchBase, protetti dalla proprietà intellettuale di TechCrunch , che è stata acquistata nel 2010 dal network di notizie di notizie.

CrunchBase è un database che raccoglie circa 187mila aziende e professionisti del settore ICT, redatto da TechCrunch a partire dal 2007, ed ora impiegato da Pro Populi per la sua app People+ , una sorta di LinkedIn dedicato più specificatamente alle aziende e annunciato in una versione per Google Glass.

La questione sembrerebbe semplice: AOL ha acquisito TechCrunch dal blogger Michael Arrington e della sua proprietà intellettuale può far quel che vuole. Il problema è che essa è in realtà protetta con una licenza Creative Commons Attribution (CC-BY). Questo dovrebbe – in pratica – significare che tutto il materiale pubblicato può essere utilizzato senza chiedere autorizzazione e gratuitamente da chiunque, sia per scopi commerciali che per scopi non commerciali, con la sola condizione che costui riconosca la paternità del contenuto al suo autore.

Il CEO di Pro Populi Peter Berger ha prima incontrato il presidente di CrunchBase Matt Kaufman per tentare di appianare la situazione, poi si è trovato davanti alla lettera di cease and desist di AOL che tuttavia non sembra averlo agitato particolarmente: i contenuti – sottolinea – sono rilasciati con licenza CC e questo dovrebbe assicurargli un porto sicuro da una causa legale potenzialmente lunga e costosa. Inoltre, dalla sua parte si è schierata Electronic Frontier Foundation , che lo rappresenterà e che ha già inviato ad AOL una lettera in cui ribadisce i diritti ad utilizzare tali contenuti.

Oltre al fatto che tali dati sono diffusi con licenza CC, a sorprendere rispetto all’azione di AOL c’è il fatto che a questi dati facevano già accesso, senza incappare in problemi legali o rimostranze, siti come The Startup Universe o il calendario per iOS Sunrise . A differenza di questi casi, tuttavia, secondo AOL con People+ il problema sarebbe legato al fatto che non si limita ad accedere ai dati in questione, ma copierebbe integralmente il dababase di CrunchBase in un nuovo database: l’applicazione spera infatti in futuro di poterli integrare con le informazioni inserite dai nuovi utenti, ma per il momento appare una copia abbastanza fedele al database sviluppato da TechCrunch.

Berger – in ogni caso – ha rispedito al mittente anche questa ulteriore accusa, che pur rientrerebbe sempre nella fattispecie dell’utilizzo di contenuti protette da CC: “Stanno facendo il doppio gioco – ha detto – non gli piace che riusciamo a presentare quei dati meglio di loro e con una app mobile, mentre loro sono ancora fermi ad una web app”.

Il problema di Pro Populi, tuttavia, potrebbe essere legato proprio a questa sfumatura della questione: per quanto non vi sia limitazione all’utilizzo che si può fare di una serie di contenuti diffusi con CC-BY (a parte l’obbligo di attribuzione si possono copiare tutti integralmente), le licenze Creative Commons comprendono solo nell’ ultima versione i diritti legati ai database, cioè alla forma e allo sforzo profuso nella creazione di un archivio organizzato.

Anche spiegando le proprie ragioni, il team di CrunchBase sembra puntare su questo argomento: sottolinea lo sforzo continuo e le risorse investite nella costituzione del database, due elementi che, almeno in Europa, costituiscono la base di protezione di un database (come lo è l’originalità per il diritto d’autore).

A livello legale invece non sembra essere questo, per il momento, il punto sollevato da AOL nella lettera di caese and desist , quanto il modo con cui Pro Populi ha ottenuto i dati.

AOL – che premette di poter aver bisogno di imparare ancora rispetto alle licenze Creative Commons – afferma di avere il controllo sui dati in quanto ottenuti non dai file Excel messi a disposizione , ma tramite le API di CrunchBase, i cui termini del servizio le riserverebbero “i diritti di revisionare e valutare qualsiasi impiego delle API, comprensivi di quelli che appaiono più competitivi che complementari nella loro natura”, nonché la possibilità di “terminare in qualsiasi momento e discrezionalmente i diritti di utilizzo così acquisiti”.

Il cavillo cui si attacca AOL, insomma, è relativo non solo alla natura ma anche al modo in cui i dati contestati sono stati ottenuti: la stessa Diane Peters, consigliere generale di Creative Commons , riconosce alle aziende la possibilità di adottare diverse licenze d’uso per le proprie API, ma al contempo afferma anche che nessuna di esse può ordinare la rimozione di contenuti distribuiti sotto Creative Commons ed utilizzati nel rispetto di questa licenza.

D’altra parte quella delle API è una questione ancora aperta nell’ambito delle licenze CC, tanto che nel settore si è inserito il servizio API Commons , un meccanismo per la condivisione e la collaborazione dello sviluppo di API, interfacce e modelli di dati sotto licenza Creative Commons. Lanciata durante la conferenze Defrag , la piattaforma è stata sviluppata da Steven Willmott, sviluppatore di 3Scale , e da Kin Lande di API Evangelist : essa punta proprio ad offrire agli sviluppatori un modello cui affidarsi per difendersi da questo tipo di cause legate alla tutela del diritto d’autore e all’accesso alle API .

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il 6 nov 2013
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