Ubuntu e il bug del trademark

Ubuntu e il bug del trademark

Semplicemente un errore: Canonical non usa la proprietà intellettuale per combattere coloro che provvedono a rendere Ubuntu più rispettoso della privacy. Lo spiega il fondatore Mark Shuttleworth
Semplicemente un errore: Canonical non usa la proprietà intellettuale per combattere coloro che provvedono a rendere Ubuntu più rispettoso della privacy. Lo spiega il fondatore Mark Shuttleworth

La colpa è del nuovo assunto: non è nello stile di Canonical scagliare una ingiunzione basata sulla violazione della proprietà intellettuale nei confronti di coloro che si prendono la briga di manipolare il codice di Ubuntu. Nemmeno nel caso in cui la modifica consenta di scavalcare delle funzioni che permettono a Canonical di raggranellare denaro.

È così che fa ammenda il boss di Canonical Mark Shuttleworth, con un post sul proprio blog personale interamente dedicato a porgere scuse. La lettera in cui si raccomandava allo sviluppatore Michah Lee di rimuovere i marchi di Ubuntu dal proprio sito FixUbuntu.com, dedicato a disabilitare la funzione di raccolta di informazioni attiva dalla versione 12.10 di Ubuntu, non avrebbe mai dovuto essere inviata.

“A Canonical abbiamo una policy che riconosce che ci sono moltissimi casi in cui le persone usano il nostro nome e il nostro logo – spiega Shuttleworth – questo perché la nostra policy assume una prospettiva internet-friendly, secondo cui le community devono avere diritto ad usare un nome se vogliono sentirsi parte di qualcosa”. Nessun problema, dunque per gli appassionati che sfruttano il marchio di Ubuntu per sfoggiarlo e per celebrarlo. “Ci spingiamo anche oltre – precisa poi il fondatore di Canonical – e permettiamo esplicitamente l’uso del nostro nome per contesti di satira e di ironia su Ubuntu”.

La lettera inviata a Lee, dunque, è semplicemente frutto di un errore negli automatismi che regolano gli uffici legali di Ubuntu: un impiegato assunto da poco ha riconosciuto il marchio e il nome di Ubuntu in un sito non autorizzato e ha proceduto all’invio della lettera precompilata dedicata alla violazione del trademark, a causa forse di una formazione frettolosa o non abbastanza chiara riguardo agli scenari legali nei quali intervenire. “Nulla più che un bug in una riga di codice – così Shuttleworth considera il passo falso – penso che la maggior parte degli sviluppatori riconosca che può accadere anche ai migliori”. Sono passate solo poche ore dall’esplodere del caso, e il team di Canaonical ha già preso provvedimenti per rimediare alla questione e per placare gli animi più battaglieri.

Michah Lee, lo sviluppatore di FixUbuntu, invece, si gode il proprio successo nell’aver riportato alla ribalta delle cronache il dibattito sulla privacy a favore degli utenti di Ubuntu.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
12 nov 2013
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