La giornata assieme a Jawbone Up

La giornata assieme a Jawbone Up

Non di soli smartwatch vive il nerd. La tecnologia dell'elettronica indossabile è molto più avanti nella produzione dei dispositivi fitness, come il bracciale oggetto di questa recensione
Non di soli smartwatch vive il nerd. La tecnologia dell'elettronica indossabile è molto più avanti nella produzione dei dispositivi fitness, come il bracciale oggetto di questa recensione

Con la diffusione di accelerometri e MEMS sempre più piccoli e precisi, l’industria dell’elettronica ha visto finalmente materializzarsi la possibilità di realizzare dispositivi indossabili capaci di monitorare l’attività fisica. Non stiamo parlando di apparecchi destinati al controllo medico, bensì di accessori pensati per valutare e invogliare al movimento per condurre uno stile di vita sano : da tempo si vocifera dell’interesse di Apple per questo settore, ma tra i primi a lanciarsi davvero in questo comparto c’è Jabwone , azienda nota anche e soprattutto per i suoi accessori audio (gli auricolari Bluetooth riscuotono da molto tempo un certo successo) ma che ha anche prodotto uno dei primi bracciali fitness in commercio. Il Jawbone Up.

jawbone up L’approccio tenuto dall’azienda statunitense è piuttosto morbido: l’Up non è un dispositivo pensato per chi è già uno sportivo indefesso (il Nike Fuelband ricade in questa categoria), quanto per chi ha deciso di dare una svolta alla propria vita e sceglie di cercare la motivazione nella tecnologia. Da questo punto di vista Jawbone coglie nel segno: il bracciale è molto gradevole al tatto e alla vista , con la struttura di gomma a rilievo che mostra particolari in alluminio e molto bene si presta a essere indossato in quasi qualsiasi contesto. L’Up, volendo, sta bene anche con l’abito e la cravatta, non ha l’aspetto del dispositivo sportivo (cosa che invece non si può non dire del FitBit Flex ), pare quasi un accessorio moda (più maschile che femminile). La scelta dei colori è piuttosto varia negli USA, mentre in Italia si limita a onice (nero) e blu.

Com’è fatto il bracciale Jawbone
L’Up non ha un display: tutta la sua interfaccia è costituita da un pulsante, che serve a impostare la modalità notturna e diurna (vedremo poi quale sia la differenza), e un paio di LED che segnalano l’avvenuta selezione. Il bracciale si indossa e si comincia a svolgere le proprie attività normalmente: almeno due volte al giorno va collegato al proprio smartphone (niente Bluetooth, ci torniamo dopo) per scaricare i dati registrati: il che essenzialmente equivale a stabilire quanti passi sono stati compiuti, quanto tempo si è rimasti seduti o fermi, come è andata la notte e se il sonno è stato tranquillo o agitato. Le informazioni sono trasferite nell’app ( disponibile per iPhone e alcuni modelli Android), che le mostra sotto forma di grafico e le conserva (trasferendole nella nuvola privata di Jawbone) per tenerle in archivio e consultarle. I dati grezzi possono essere anche scaricati per essere analizzati (tramite foglio di calcolo), ma è un’attività che impone di essere buoni utilizzatori di Excel e non è esattamente in linea con il target dell’apparecchio.

Il bracciale, le cui specifiche interne sono oscure ma che dovrebbe contenere essenzialmente un rilevatore di movimento e un accelerometro, va tenuto addosso quasi sempre: non è impermeabile , solo resistente agli schizzi, quindi va tolto al mare, sotto la doccia o in piscina, ma può comodamente essere tenuto al polso quando ci si lava le mani (a patto di fare un po’ di attenzione) o durante l’attività fisica. Anzi, in quest’ultimo caso l’apparecchio misura lo sforzo compiuto e successivamente si può registrare la sessione di allenamento nell’app quando si sincronizzano i dati: in questo modo si terrà traccia dell’evento e verranno fornite anche informazioni utili per conoscere il numero di calorie consumate. C’è anche una rudimentale funzione cronometro inserita nel dispositivo, la cui utilità mancando un display è piuttosto misteriosa. In ogni caso gli algoritmi di Jawbone riescono a distinguere correttamente i movimenti minimi, legati per esempio alla guida o alla digitazione su una tastiera, da quelli reali che caratterizzano una passeggiata: difficile provare a “imbrogliare” l’Up.

jawbone up Nel complesso Up svolge il proprio compito: indossato preferibilmente non sul braccio dominante (quindi al polso sinistro per i destrorsi, e viceversa), misura correttamente le fasi di movimento e di stasi, si accorge dell’attività fisica intensa (distingue chiaramente la corsa dalla camminata), può vibrare in modo automatico quando rileva un tempo di immobilità prolungato (opzione da impostare tramite app). Quest’ultima funzione può essere utile sia per ricordarsi di muoversi durante la giornata in ufficio, sia per bere regolarmente a intervalli costanti: alla fine della giornata, sincronizzando i dati con lo smartphone, si avrà un’idea precisa di quanto ci si è mossi, e anche chi pensa di condurre uno stile di vita dinamico potrebbe accorgersi di stare alla scrivania molto più a lungo di quanto dovrebbe, restando sotto il target di 10mila passi che tipicamente Up suggerisce come obiettivo giornaliero (la misura della distanza percorsa, a meno di non spendere un po’ di tempo nel tarare l’Up, è piuttosto approssimativa e tende a sovrastimare i chilometri).

Anche la modalità notturna è interessante, attivabile con una semplice lunga pressione sul pulsante e confermata da una vibrazione e una mezzaluna azzurra che compare sul bracciale: misura con buona approssimazione le fasi di sonno leggero e profondo, il numero di volte in cui ci si sveglia o ci si alza durante la notte. È necessario selezionare questa modalità appena prima di andare a dormire, evidentemente per imporre al bracciale delle misurazioni molto precise anche per movimenti leggeri, mentre la modalità diurna avrà margini di tolleranza più ampi per tenere conto della differenza con la notte. A margine, ci sono un paio di optional interessanti: la sveglia silenziosa , configurabile tramite l’app e che permette di essere destati dalla vibrazione del bracciale senza disturbare il partner (in realtà chi ha il sonno leggero sentirà comunque l’effetto); si può anche impostare la sveglia per essere destati in un momento di sonno leggero, in maniera tale da ottimizzare la propria lucidità. Infine, il “pisolino ottimale” richiamabile tramite una combinazione di pressioni sul pulsante, che permette di prendersi una pausa ed essere svegliati entro un certo lasso di tempo quando il bracciale ritenga ci si sia riposati abbastanza.

L’esperienza Up, per come la immagina Jawbone, è anche qualcosa in più: con l’app si può tenere un diario alimentare (utile per confrontare quante calorie si assumono rispetto a quante se ne bruciano, almeno secondo i valori stimati dal bracciale), un diario dell’umore, condividere risultati e allenamenti con altri amici che usino l’Up. Questa è la parte più debole dell’intero pacchetto: nonostante la possibilità di memorizzare una lista di cibi preferiti, tipicamente pescandoli tra quelli già inseriti in precedenza nel proprio diario, l’operazione di registrazione dei propri pasti è piuttosto laboriosa e limitata dalle dimensioni dello schermo del cellulare. Ci sono parecchi cibi, ma a dirla tutta mancano alcuni piatti tipici della cucina italiana (cosa comprensibile visto che il software è made in USA), circostanza solo in parte compensata dalla possibilità di leggere il codice a barre dei cibi confezionati tramite la fotocamera.

A parziale compensazione, come i concorrenti l’Up è compatibile con un ecosistema di app e API che permettono di allargare un po’ l’orizzonte delle interazioni. Per esempio abbinando una bilancia Withings per registrare informazioni su peso e composizione corporea (e quindi dedurre il proprio valore di BMI ), ma ci sono anche Runkeeper per gestire i propri allenamenti, Sleepio per valutare la qualità del sonno o Lose it per organizzarsi un regime dietetico. In totale le app compatibili sono circa una dozzina. In questo modo l’Up può fare di più e di meglio: tuttavia questo costringe l’utente a sottoscrivere altri servizi, e sebbene il flusso delle informazioni sia gestito in automatico dovrà comunque consultare più di un sito per fare il punto. Come va l’UP
Questa laboriosità, unita alla necessità per monitorare i propri progressi di collegare il bracciale al telefono (si sincronizza tramite il jack audio delle cuffie, è questa la curiosa interfaccia scelta da Jawbone che ha predisposto un connettore da 3,5mm nascosto dietro un cappuccio a uno dei due estremi del bracciale), sono i principali punti deboli dell’Up . Mancando un display che fornisca un feedback anche di massima su quanto si è camminato nel corso della giornata, si è costretti a togliersi il bracciale dal polso, rimuovere il cappuccio dal connettore, lanciare l’app sul telefono, collegare il bracciale e sincronizzare i dati. Un’operazione che in certi momenti può essere addirittura impossibile svolgere.

jawbone up L’uso ideale che si può fare dell’Up è di monitoraggio . Ci si mette il bracciale al polso, ce lo si dimentica, e si conduce la propria vita come se niente fosse. Alla sera e al mattino si sincronizzano i dati, così da valutare il movimento diurno e la qualità del sonno, e per il resto della giornata ci si dedica ad altro. Anche l’attività di diario alimentare e dell’umore rischia di essere trascurata: la prima, dopo qualche settimana, esaurirà naturalmente il suo ruolo di motivatore (spingendo verso una dieta o almeno un regime più “igienico” che renda compatibile la quantità di cibo ingurgitato con gli effettivi fabbisogni), tanto più se si sta seguendo un regime creato da un medico. L’altra non farà altro che confermare il miglioramento dell’umore in proporzione al dinamismo: l’app si accorge se ad esempio un giorno della settimana è più difficile di altri, e suggerirà correzioni in tal senso, ma una volta imbroccato un trend positivo si diraderanno le volte in cui ci si ricorderà di sfruttare questa funzione.

All’Up mancano un paio di cose: un display e una connessione wireless (che invece hanno tutti gli altri concorrenti). La scelta di Jawbone è in parte giustificata dall’autonomia che il bracciale riesce a raggiungere: si può tranquillamente ricaricarlo una volta a settimana (ma dura di più, sfiorando i 10 giorni dichiarati nelle specifiche), di fatto rendendo il suo uso davvero pratico. La ricarica avviene tramite una porta USB, quindi si può lasciare a casa il cavetto proprietario necessario (guai a perderlo: toccherebbe ricomprarlo da Jawbone) e attaccare al PC o a un caricabatterie USB il bracciale un paio d’ore nel weekend. La mancanza dei due si fa comunque sentire, come spiegato sopra: ma se si parte dall’idea che l’Up serve per una conferma, più che per uno stimolo, la tesi di Jawbone può anche risultare accettabile. Farebbe anche comodo avere un sito dove consultare i dati su uno schermo più grande: per ora non è prevista questa modalità (come invece fanno Nike e Fitbit), in futuro si vedrà.

Una nota sulla solidità dell’Up . In Rete si legge di parecchi utenti insoddisfatti della qualità del bracciale, che in alcuni casi cesserebbe di funzionare senza una spiegazione apparente e costringerebbe a rivolgersi all’assistenza. Nel caso del dispositivo testato non abbiamo riscontrato alcun problema, in oltre 1 mese di prove non ha tentennato neppure una volta: è innegabile che ci siano in circolazione alcuni clienti Jawbone frustrati da uno o più ricorsi alla garanzia per vedere il proprio bracciale funzionante, ma non c’è modo di distinguere tra chi abbia abusato dell’hardware e chi ricada in una percentuale di difetti che presenta qualsiasi dispositivo elettronico. Al riguardo l’azienda riferisce di non avere indicazioni specifiche di problemi noti.

Infine, a parziale dimostrazione che i limiti dell’Up non sono soltanto immaginati dai recensori, Jawbone ha appena presentato negli USA una nuova versione del bracciale che si andrà ad affiancare a quella qui testata. L’Up24 aggiunge al pacchetto la connessione Bluetooth, di fatto eliminando almeno uno degli elementi che potrebbero frenare dal suo acquisto, e inoltre modifica leggermente l’estetica senza stravolgerla. Per ora l’Up24 non è ancora disponibile per la vendita (ma ha un prezzo annunciato superiore), mentre l’Up originale si trova comodamente in Italia nei maxistore di elettronica e online.

Conclusioni
jawbone up Al prezzo di listino di 130 euro, Jawbone Up è forse sopra la soglia di acquisto di impulso: se si sta provando a dare una svolta salutare alla propria salute è comunque un buono strumento di motivazione , ma ovviamente da solo non basta a migliorare la qualità della vita. Il vero punto di svolta sarebbe l’integrazione delle capacità dell’Up in uno smartwatch che non sembri un orologio Casio degli anni ’80, conservando cioè la vocazione modaiola di Jawbone: per ora non ci sono indiscrezioni su un prodotto simile all’orizzonte, per nessun produttore.

L’elettronica indossabile è tutto sommato ancora agli albori, e passerà del tempo prima che un’azienda riesca a produrre un autentico best seller in grado di soddisfare tutti i palati. Per ora l’Up svolge molto bene il suo compito, e si rivolge a una platea più vasta dei semplici smanettoni grazie alla sua estetica che compie un’incursione (vincente) nel campo degli accessori.

a cura di Luca Annunziata

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Pubblicato il 19 nov 2013
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