Cina, provider responsabili dei contenuti

Cina, provider responsabili dei contenuti

Tutto più difficile per gli ISP del paese che già sono legati mani e piedi a Pechino e che, ora, sono ufficialmente responsabili di quanto corre sulle loro reti. Ma internet sfugge alla morsa del regime
Tutto più difficile per gli ISP del paese che già sono legati mani e piedi a Pechino e che, ora, sono ufficialmente responsabili di quanto corre sulle loro reti. Ma internet sfugge alla morsa del regime


Roma – Gli operatori internet che in Cina offrono accesso alla rete assumono ora un diverso status giuridico, secondo le ultime preoccupanti disposizioni provenienti dal regime pechinese. E vedono aumentate enormemente le responsabilità dirette per i materiali che circolano sui loro server.

Secondo le ultime direttive del ministero all’Informazione cinese , i provider sono da considerarsi a tutti gli effetti come fornitori di contenuti , in quanto responsabili di quanto pubblicato dai propri utenti. Questo significa, spiegano fonti di regime, che ogni operatore internet per non incorrere in gravi guai giudiziari, dovrà dotarsi di tecnologie di filtering e di censura capaci di impedire che sulla rete appaiano contenuti sgraditi

“Le società di settore – ha spiegato il ministro dell’Informazione – devono mettere a punto ed utilizzare sistemi di filtraggio molto severi ed efficienti per impedire l’accesso ai domini internet pericolosi, un filtro che dovrebbe essere aggiornato almeno una volta al giorno”. Non solo dunque responsabilità per quanto pubblicato ma anche per quanto reso accessibile attraverso la connessione ad internet.

La stretta della morsa pechinese sui provider, iniziata anni fa con la creazione di proxy centralizzati che consentono al regime di tenere sott’occhio quello che entra ed esce dalla rete cinese, è poi ulteriormente aggravata dalla necessità per il regime che i provider-editori offrano garanzie di professionalità . Per questo è stato deciso che per poter partire, un ISP deve avere almeno una capitale sociale di 100mila euro, impiegare almeno 15 persone ed offrire un servizio che si estenda sette giorni su sette 24 ore su 24. Disposizioni che rendono molto ma molto più difficile aprire nuovi provider nel paese.

Tutto questo avviene mentre dai giornali di mezzo mondo vengono riprese le clamorose dichiarazioni di Guo Ling, vicedirettore del Centro di ricerca per lo Sviluppo sociale dell’Accademia cinese delle Scienze sociali, una istituzione naturalmente governativa. “Non dirò – ha dichiarato il ricercatore – che in Cina oggi c’è la democrazia, ma di certo le informazioni non possono più essere controllate come in passato”.

Esempio di tutto questo, secondo Guo, è il caso SARS . “Anche solo 10 anni fa – ha dichiarato Guo – la gente non poteva praticamente criticare nulla. Il Governo poteva facilmente nascondere qualcosa e nessuno si sarebbe arrischiato ad esporsi”. Oggi, spiega Guo, “la gente riceve informazioni di ogni tipo” perché “Internet non può essere controllata”. Quello che c’è di clamoroso in queste affermazioni, dunque, non sono solo i contenuti quanto il fatto che a farle sia un personaggio così in vista. Se tra qualche tempo Guo sarà ancora al suo posto, ciò risulterà ancora più clamoroso.

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Pubblicato il
24 nov 2003
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