Moretti: in alto gli iPad, contro i troll

Moretti: in alto gli iPad, contro i troll

Il deputato PD, recente vittima di hacking del proprio account Twitter, vuole affrontare Internet con una nuova legge ad hoc. Una invasiva soluzione per un falso problema?
Il deputato PD, recente vittima di hacking del proprio account Twitter, vuole affrontare Internet con una nuova legge ad hoc. Una invasiva soluzione per un falso problema?

La deputata del Partito Democratico Alessandra Moretti ha annunciato, in un’ intervista rilasciata al Corriere della Sera , di aver presentato una proposta di legge contro gli insulti online e l’incitamento alla violenza , il cosiddetto hate speech .

Alessandra Moretti non è il primo esponente della politica italiana a ricercare in uno strumento normativo ad hoc la soluzione ai problemi legati ai reati online: prima di lei già si erano schierati contro l’anarchia del Web dei rappresentanti nominati in Parlamento, da ultimo il Presidente della Camera Laura Boldrini e quello del Senato Piero Grasso .

La proposta targata PD si discosta dai precedenti quanto meno per i modi e le motivazioni, che mettono insieme la lotta all’odio online, il femminismo, la rottamazione della classe politica e la tutela dei minori: innanzitutto la deputata afferma di sentire forte il bisogno di scardinare un'”archeologia machista” che domina ancora il panorama online italiano che vede – secondo lei – le donne maggiori vittime di insulti ; sottolinea poi che la legge l’ha depositata insieme ad “un buon numero di deputati under 35”.

Per il resto, Alessandra Moretti non scende nei dettagli. D’altronde la proposta non è ancora stata pubblicata sul sito della Camera e resta per il momento solo un numero ed un titolo: ” Atto Camera: 2049 , Proposta di legge: MORETTI ed altri: “Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, e al codice penale, in materia di tutela della dignità personale nella rete internet”.

Inoltre, a proposito dell’unica cosa che Moretti ha elaborato in maniera più specifica, l’ idea di obbligare gli utenti a pubblicare contenuti e commentare mettendoci la faccia , ha spiegato ora che si tratta solo una provocazione per attirare l’attenzione su una riforma necessaria . Anche il fatto che il suo intervento sul Corriere terminasse con un evocativo “In alto gli Ipad, facciamo vedere le facce di chi cerca di intimidirci, limitando la nostra libertà personale”, d’altra parte, poteva essere un indizio della natura dell’intervento.


La proposta, a grandi linee, dovrebbe essere costituita da quattro articoli: due simili al testo sulla diffamazione già approvato dalla Camera e ora all’esame del Senato che non prevede il carcere per chi viene condannato per diffamazione o ingiuria , con l’aggiunta della possibilità di considerare la pubblicazione della rettifica come una “causa d’improcedibilità sopravvenuta, che determina la pronuncia di non luogo a procedere”; un terzo articolo dovrebbe invece riguardare la tutela dei minori, mentre l’ultimo sembra affrontare la questione del diritto all’oblio, con la possibilità da parte di un utente di richiedere la rimozione delle informazioni che lo riguardano se sono “inesatte, lesive della propria dignità, o anche soltanto non più attuali”, nonché la deindicizzazione di tali contenuti dai motori di ricerca.

Il forte interesse di Alessandra Moretti nei confronti di questa materia sembra essere legato anche ad una vicenda personale: la notte del 6 febbraio il suo account Twitter è stato bucato, insieme a quello della deputata Paola Taverna (M5S), e insieme sono diventate protagoniste involontarie di un battibecco a sfondo sessuale molto volgare.

“Ai ladri che mi hanno rubato l’account di twitter – scrive ora Moretti sulla sua pagina di Facebook – e ai cretini/vigliacchi che si divertono a mandare in giro i messaggi osceni di cui alla mia denuncia, voglio dire: se credete di intimidirmi o di sminuire il dibattito sui temi seri che sto portando avanti in Parlamento, vi sbagliate di grosso”.

No, non l’ha presa sul personale Alessandra Moretti: che d’altronde riprendendo il controllo del suo account respinge questa accusa e ed afferma che si tratta di una battaglia di civiltà, che riguarda anche minori e in generale la Rete.


Sempre sull’intervento sul Corriere , d’altronde, Moretti aveva spiegato di agire per un triplice scopo: innanzitutto fermare l’incitamento all’odio che prolifera sulla Rete (e che la comunicazione tagliata con l’accetta del M5S ha portato agli onori della cronaca nel recente scontro con la Presidente della Camera Laura Boldrini, altra voce a sostegno di una legge per controllare la Rete), in secondo luogo superare la doppia morale presente sul Web, dove si è “fin troppo tutelati contro le diffamazioni sui giornali online e per nulla in quella terra di nessuno che sono i social”, infine “diffondere una cultura personale della responsabilità dell’insulto”.

Certo, prima che la Rete, occorrerebbe in questo senso preoccuparsi di talk show televisivi e scene di violenza all’interno dello stesso parlamento: momenti di imbarazzo per la classe politica italiana che proprio in queste ultime settimane stanno facendo molto per esacerbare il dibattito politico (e la comunicazione).

Dimenticando questo, tuttavia, Alessandra Moretti dice che “occorre che i provider inizino un processo di responsabilizzazione dei contenuti, affinché la rete resti luogo di dibattito libero e democratico e non spazio per dare sfogo anche alle peggiori frustrazioni e agli istinti più bassi. La stessa cosa è avvenuta per la pedopornografia.”

Sembra emergere, tuttavia, nel modo di operare di Moretti, lo stesso problema di altri interventi relativi al digitale: per mettere delle regole ad un mondo bisognerebbe prima capirlo o quando meno definirlo. C’è una differenza fra blog e social network, tra chat e commento, fra forum e giornale online? Si dovrebbe partire dalle definizioni, capire per esempio la differenza tra Internet e la Rete, e – se esiste – la differenza tra una frase scritta su un muro e quella su una bacheca Facebook. Ma prima di tutto questo – in un paese talmente indietro nella comprensione del mezzo da rimanere fanalino di coda europeo negli investimenti legati alle infrastrutture di banda larga – si pensa invece ad inventare nuovi strumenti con cui dotare le autorità per controllarne i contenuti.

Almeno, Alessandra Moretti è aperta ai commenti dei netizen e da Twitter lancia l’ appello per ricevere un “contributo anche critico al fine di migliorare il testo”. In alto gli iPad, metteteci la faccia.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
10 feb 2014
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