Fermate la tecnologia. Ritorna Joy

Fermate la tecnologia. Ritorna Joy

di Alberigo Massucci. A un anno dal suo articolo che ha aperto gli occhi a tanti, il co-fondatore di Sun Microsystems torna sull'argomento e rilancia. Robotica, genetica, nanotecnologia sono pericolose perché senza controllo
di Alberigo Massucci. A un anno dal suo articolo che ha aperto gli occhi a tanti, il co-fondatore di Sun Microsystems torna sull'argomento e rilancia. Robotica, genetica, nanotecnologia sono pericolose perché senza controllo


Roma – Con stupore, il mondo aveva appreso l’anno scorso che il co-fondatore di una delle più importanti aziende dell’ICT mondiale, Bill Joy di Sun Microsystems, vedeva il futuro tecnologico irto di pericoli per il genere umano. L’avvertimento di Joy sullo sviluppo incontrollato di robotica, nanotecnologia e genetica non si è però esaurito l’anno scorso, dopo aver lungamente fatto parlare di sé, perché è oggi materia di tavole rotonde. Ed ecco che ora, dopo un anno, in una intervista a Cnet, Bill Joy ha deciso di tornare sull’argomento. Naturale dunque che sulle sue affermazioni ci siano gli occhi puntati di mezzo mondo.

“La mia preoccupazione – afferma Joy – nasce dal fatto che numerose scienze stanno diventando scienze dell’informazione. Come tecnologo dell’informazione, che si rende conto di quanto sia difficile controllare la circolazione dei dati, ho capito quale potenziale, e quale rischio, si celi dietro alla diffusione di queste scienze”.

Secondo Joy, il problema di fondo è che le tecnologie “di punta” possono ormai essere studiate e portate avanti, anche con realizzazioni pratiche, non solo da scienziati e costosi laboratori ma anche da singoli individui dotati di potenti computer. “A quel punto – spiega – uno fa quello che storicamente si faceva in un laboratorio scientifico, ma lo fa senza laboratorio”.

Joy sostiene di trovare straordinario il fatto che chiunque possa essere autore di scoperte importanti ma teme gli incidenti o i percorsi di ricerca irrazionali che possono derivare da questa situazione. “Si tratta – sottolinea – di una situazione senza precedenti. Mai le persone hanno potuto realizzare cose così distruttive con in mano un solo computer. E le cose pericolose sono quelle cose che, lasciate libere, finiscono per replicarsi rapidamente nell’ambiente”.

Dunque, se in molti possono accedere alle ricerche più avanzate, ma in ambienti non controllati, la ricerca stessa può dare adito ad effetti tutt’altro che positivi o altamente distruttivi. “Se in molti – spiega Joy – ci giocano sopra, ci saranno incidenti. Possiamo dirci che la maggioranza delle persone è responsabile. Ma non possiamo dirci che non ci siano dei pazzi. Questo è il problema. Se noi mettiamo quel potere di scelta (sul destino della specie, ndr) nelle mani di ciascuno, questo prima o poi finirà nelle mani di qualche criminale”.

E gli esempi di Joy sono terrorizzanti. “Poniamo – dice per esempio – che qualcuno realizzi un virus letale per gli uomini e contagioso come l’afta epizootica, un prodotto dell’ingegneria genetica contro cui l’uomo non ha difese”. Cosa accadrebbe?

“Non sono cose – continua Joy – di cui è piacevole parlare, ma non farlo è folle. Non possiamo limitarci a chiudere i nostri occhi”.

Il problema dunque è come impedire che lo sviluppo dei sistemi informatici e l’informazione costitutiva delle scienze avanzate si fermi o fermi la sua circolazione. Si può impedirlo?

Secondo Joy, bisogna partire da un altro presupposto. “La natura di queste tecnologie – afferma – è tale che sono molto più dannose in attacco che capaci di fornire una difesa. Per esempio, è molto più facile costruire un ordigno nucleare piuttosto che una difesa contro la bomba atomica. Ed è più facile costruire una malattia con l’ingegneria genetica piuttosto che un sistema immunitario capace di difendersi”.

“Quindi – spiega – una soluzione semplice non esiste”. Secondo Joy si deve dare seguito a questa presa di coscienza in ambito accademico ma non solo. Nella consapevolezza che non esiste un unico rischio ma ne esistono molti e che se ogni rischio è in sé ridotto, la loro somma provoca una situazione di grande rischio. Da qui la consapevolezza che “non si risolverà tutto con un’unica azione”.

“Credo – sostiene Joy – che capire la natura dell’età dell’informazione sia capire che queste scienze si sono trasformate in scienze dell’informazione e che i rischi sono oggi maggiori che in passato. E significa anche capire che ci possiamo trovare a dover proprio per questo gestire l’informazione in un modo con cui finora sono state maneggiate solo le sostanze pericolose”.

Joy è consapevole che fermare l’informazione sembra essere una folle utopia nell’era di Internet e del flusso libero di dati. “Ma se non lo facciamo – conclude – allora abbiamo un problema enorme. Dunque non credo che dovremmo rassegnarci così presto nel tentare di istituire una gestione accorta di questa informazione e una autoregolamentazione. Credo che una organizzazione scientifica con un buon codice di condotta possa tenere a bada i propri comportamenti quasi del tutto o comunque ad un livello sufficiente a ridurre il rischio globale”.

Il destino di tutti nelle mani delle organizzazioni scientifiche, dunque?

Alberigo Massucci

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
28 apr 2001
Link copiato negli appunti