Come l'SMS divenne campo di battaglia

Come l'SMS divenne campo di battaglia

di Massimo Mantellini. Per una maligna casualità a questa protesta si sovrappone anche quella, altrettanto surreale, sulle suonerie dei cellulari che dovrebbero venir sottoposte a una gabella di circa 200 lire
di Massimo Mantellini. Per una maligna casualità a questa protesta si sovrappone anche quella, altrettanto surreale, sulle suonerie dei cellulari che dovrebbero venir sottoposte a una gabella di circa 200 lire


Roma – Come molti di voi sapranno il sito web Clarence.com ha lanciato una
campagna di protesta sugli SMS spediti dal web che, per una serie di
accordi fra le compagnie telefoniche, fra qualche settimana potrebbero non
essere più gratuiti per gli utenti.

Clarence oltre che raccogliere firme dei navigatori (circa 6000 firme il primo giorno) e spedire lettere alle varie Authority, agli operatori della telefonia ed ai movimenti dei consumatori, pensa nei prossimi giorni di organizzare, per dirla con le parole di Gianluca Neri fondatore del portale (ritornato da qualche tempo ai suoi ideatori dopo essere stato per qualche tempo di proprietà di Lycos): “un SMstrike, sull’onda dei gloriosi “NetStrike”, gli scioperi virtuali attraverso i quali in passato è stato possibile il boicottaggio (attuato in maniera assolutamente legale) di svariati siti.” Alla protesta di Clarence ha aderito qualche sito web “importante” come Punto.it mentre Lycos e Ciaoweb inseriti inizialmente nell’elenco dei sottoscrittori, hanno poi sostanzialmente smentito la loro adesione.

Come accade sempre in tutte le faccende senza importanza, i quotidiani più letti si sono buttati a pesce sulla notizia. Tralasciando le sciocchezze doc, come quella proposta dal Corriere della Sera che fatica ancor oggi a distinguere fra il significato del termine email e quello di sito web quando scrive già nel titolo “In rivolta mille siti web” , la comunicazione mediatica sull’ondata di protesta è stata tutta caratterizzata da espressioni del tipo “non dobbiamo arrenderci” o “difendiamo la libertà dei navigatori”. La tragicommedia sul diritto di SMS è arrivata così fino alla scrivania del Presidente dell’Authority per le Comunicazioni Cheli il quale, dopo aver fatto “spegnere” la casella email dell’autorità bersagliata dalle mail di protesta, ha fatto informalmente sapere che qualora gli SMS dovessero, come sembra probabile, rientrare negli accordi di interconnessione fra le compagnie telefoniche, si procederà a calmierarne il prezzo.

Nessuno però fra gli attori di questa vicenda sembra interessarsi alla domanda fondamentale: esiste un diritto di SMS? La trasformazione degli short messages in servizio a pagamento può configurare in qualche maniera una riduzione del nostro diritto alla comunicazione?

Per una maligna casualità, a questa protesta si sovrappone anche quella, altrettanto surreale, sulle suonerie dei cellulari (anch’esse scaricabili dalla rete via sms), che, per una imposizione della SIAE, dovrebbero venir sottoposte a una gabella di circa 200 lire per assolvere al diritto d’autore. Anche nel caso delle suonerie è lecito sollevare lamenti riguardanti lo stato di diritto violato? O non sarebbe forse meglio descrivere la completa stupidità che caratterizza queste iniziative magari promuovendo un movimento di astensione volontaria da pratiche tanto marginali e ininfluenti? Abbiamo come il sospetto che una eventuale astensione volontaria dal fornire servizi di SMS via web (metodo ben più efficace di quelli proposti per opporsi al “cartello” delle compagnie telefoniche) non sarebbe cosa gradita a quelli di Clarence.

Il business degli SMS sul web è molto più importante di quanto non si potrebbe credere. Si parla di 1 milione di messaggi spediti gratuitamente ogni giorno dal web italiano. Ed è quindi normale che quanti fino ad oggi ne hanno sfruttato la quasi gratuità per far lievitare i propri accessi, e quindi i propri incassi, si risentano di una iniziativa che, a prima vista, sembra davvero uno di quegli accordi fra telecom per spennare meglio i poveri utenti. Uno dei tanti accordi che i cittadini italiani hanno subìto a capo chino in questi anni e che hanno reso le compagnie di telecomunicazione tanto ricche e potenti.

Ma, francamente, oggi questa faccenda mi pare proprio oltre il limite della decenza: “il popolo di Internet” si sa, è espressione buona per ogni occasione, ma spenderla con leggerezza fra suonerie sotto copyright e sms non più gratuiti, a me pare una cosa di cui non andare particolarmente fieri.

Massimo Mantellini

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Pubblicato il
28 apr 2001
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