Web Tax senza fine

Web Tax senza fine

La contestata norma, ormai data per spacciata, non è ancora solo un ricordo. E si discute anche sulla tracciabilità obbligatoria per le operazioni di compravendita dell'advertising online
La contestata norma, ormai data per spacciata, non è ancora solo un ricordo. E si discute anche sulla tracciabilità obbligatoria per le operazioni di compravendita dell'advertising online

La commissione Bilancio presieduta dall’On. Boccia, e la commissione Finanze guidata dall’On. Capezzone, hanno reso pubbliche nei giorni scorsi le proposte di emendamento al C. 2162, la conversione in legge del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, recante “disposizioni urgenti in materia di finanza locale” ed hanno annunciato oggi di aver bocciato gli emendamenti che proponevano di abolire l’obbligo di indicare la partita IVA nelle transazioni online in modo da assicurare la loro tracciabilità. Gli emendamenti in questione dovevano intervenire sul cosiddetto Decreto Salva Roma ter, che contiene al suo interno anche le norme che prendono il nome di Web Tax: con questo strumento normativo il Governo Renzi sembrava interessato ad abrogare il comma 33 della legge 27 dicembre 2013 che prevede l’obbligo di partita IVA per coloro che vendono advertising online. Contrordine.

A far resistenza all’abrogazione di questo punto, su cui la critica sembrava compatta, è rimasta in particolare Sinistra Ecologia e Libertà (SEL), che con Sergio Boccadutri ha presentato un emendamento che ne prevede il rinvio “in attesa di verificare la compatibilità con il diritto UE”, con l’obbligo per il Governo di valutare la questione “entro e non oltre il 30 giugno 2014”; il principale propugnatore della normativa, Francesco Boccia, ha sempre cercato di sottolineare la coerenza di tutte le parti che costituiscono quella che è stata ribattezzata, contro il suo volere, “Web Tax”.

Mentre, infatti, il dibattito si è concentrato soprattutto sull’obbligo di partita IVA da parte degli operatori del Web, critiche erano state sollevate anche agli strumenti di tracciabilità contenuti nel comma 178, secondo cui: “L’acquisto di servizi di pubblicità online e di servizi ad essa ausiliari deve essere effettuato esclusivamente mediante bonifico bancario o postale dal quale devono risultare anche i dati identificativi del beneficiario, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni e a veicolare la partita IVA del beneficiario. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria degli operatori finanziari, sono stabilite le modalità di trasmissione all’Agenzia delle entrate, in via telematica, delle informazioni necessarie per l’effettuazione dei controlli”.

Così, mentre l’obbligo di partita IVA così come previsto dalla Commissione presieduta dall’on Boccia è stato prima rinviato a luglio e poi bocciato dal nuovo Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che ne ha annunciato lo scorso 28 febbraio l’abrogazione, gli strumenti di tracciabilità previsti dal comma 178 rimanevano in piedi.

Da ultimo erano stati Paolo Coppola (Pd), Antonio Palmieri e Daniele Capezzone (Fi-Pdl) a presentare vari emendamenti che proponevano di abolire l’obbligo di indicare la partita IVA nel caso di transazioni online: tutti e tre proponevano due tipi di emendamenti, uno per sopprimere l’obbligo di “veicolare la partita IVA del beneficiario” ed un altro per veicolare la partita IVA del beneficiario “qualora disponibile”.

Tutte queste proposte, tuttavia, sono state respinte: la Web Tax, anche se in una versione zoppa, torna a farsi viva.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
2 apr 2014
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