Apple contro Samsung, con Google nel mezzo

Apple contro Samsung, con Google nel mezzo

Le arringhe finali nel secondo processo sui brevetti pongono Android al centro della questione. Google pare sostenga l'azienda di Seoul, mentre Cupertino ribadisce richieste miliardarie
Le arringhe finali nel secondo processo sui brevetti pongono Android al centro della questione. Google pare sostenga l'azienda di Seoul, mentre Cupertino ribadisce richieste miliardarie

Il nuovo procedimento che vede contrapposte Apple e Samsung conclude la prima fase, quella che ha visto i due avversari avvicendarsi nell’interrogatorio dei rispettivi testimoni ed esperti e nel cercare di presentare alla giuria una tesi convincente. L’ultimo capitolo dell’infinita saga brevettuale si svolge ancora una volta di fronte al banco del giudice Lucy Koh e prosegue come se non ci fossero precedenti nei quali le due si sono sfidate a suon di brevetti non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo, dall’Europa all’Australia, passando per la Corea del Sud e il Giappone: Apple e Samsung hanno ricominciato ad accapigliarsi intorno ad una manciata di brevetti e alla relativa valutazione economica per lo sfruttamento.

L’unica sostanziale novità è che stavolta l’azienda coreana ha chiamato Google – che sembra aver anche accettato di pagare parte dei costi legali di Samsung – ed i suoi uomini tra i testimoni. Android, insomma, è entrato in gioco .

Così, nella sua arringa finale Apple è voluta ripartire dal principio: “Dove eravate il 9 gennaio 2007?”, ha chiesto l’avvocato facendo riferimento al lancio del primo iPhone. Da allora Samsung – secondo la tesi accusatoria – ha speso tempo e soldi per copiare freneticamente le funzioni dei dispositivi con la Mela, modificando in corso d’opera i suoi modelli per seguire fin troppo da vicino la strada tracciata da Cupertino da quel fatidico giorno. A dimostrazione di questo sarebbero stati portati tutta una serie di documenti interni di Samsung ed alcuni suoi dipendenti .

Così, secondo Apple c’è da valutare il costo dei brevetti che secondo lei sono stati usati indebitamente da Samsung in oltre 37 milioni di dispositivi (Admire, Galaxy Nexus, Galaxy Note, Galaxy Note 2, Galaxy S2, Galaxy S2 Epic 4G Touch, Galaxy S2 Skyrocket, Galaxy S3, Galaxy Tab 2 10.1 e lo Stratosphere): il brevetto numero ‘414 , relativo alla sincronizzazione dei dati in background tra diversi dispositivi; il numero ‘172 che illustra il sistema di completamento automatico del testo digitato; il ‘959 , che copre il sistema di ricerca universale all’interno di un dispositivo; il ‘647 che rivendica la tecnologia per mostrare gli indirizzi e le date come link all’interno di un messaggio di testo; e forse il più noto, il ‘721 che protegge il sistema slide-to-unlock .

Secondo gli esperti Apple questi valgono 2,191 miliardi di dollari, una media di 33 dollari per ogni dispositivo trovato in violazione , a cui aggiungere poco più di un miliardo per le perdite di profitto registrare da Cupertino in conseguenza della concorrenza scorretta.

Samsung, da parte sua, respinge ancora una volta tutte le accuse al mittente: “Non abbiamo copiato. Samsung non copia. A nessuno dei nostri sviluppatori abbiamo detto di copiare” anche perché, sottolinea la coreana, tutte le funzioni contestate da Apple risulterebbero al massimo violate dal sistema operativo Android, che è un prodotto autonomo dei programmatori Google . Inoltre, nei documenti e nelle intercettazioni portate da Apple si possono leggere al massimo apprezzamenti nei confronti dei dispositivi con la Mela, non certo piani per copiarli .

Inoltre, se violazione c’è stata, secondo i legali Samsung i brevetti contestati potrebbero al massimo valere appena 35 centesimi per ogni infrazione: anche perché alcuni di essi neanche sono impiegati da Cupertino stessa, cosa che metterebbe in luce l’assoluta mancanza di importanza degli stessi.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
30 apr 2014
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