Il destino della Naming Authority

Il destino della Naming Authority

Ospitiamo un intervento del presidente dell'associazione NewGlobal.it, Ettore Panella, sulle recenti decisioni intorno alle strutture di naming italiane. Tra domini internet e libertà
Ospitiamo un intervento del presidente dell'associazione NewGlobal.it, Ettore Panella, sulle recenti decisioni intorno alle strutture di naming italiane. Tra domini internet e libertà


Roma – Spett. redazione di Punto Informatico, come sottolineato nell’articolo apparso sulla vostra testata, Un milione di domini.it, ora cambia tutto , l’assemblea del 9 dicembre scorso della Naming Authority italiana ha deciso di iniziare una nuova fase che si apre ad ogni possibile scenario. Come ben indicato nel vostro articolo bisognerà entro giugno pensare ad un nuovo statuto, ma soprattutto ridefinire i ruoli all’interno del ccTLD it. La crisi attuale sarà il preludio della rottamazione di un modello innovativo nel quadro dei registri mondiali o sarà l’occasione per un rilancio dell’azione e delle funzioni della Naming Authority italiana?

Cosa fare di questo organismo che ha imposto le sue regole a chiunque avesse richiesto un dominio con estensione it, sia esso un organo dello Stato Italiano sia esso un privato cittadino; che è stato esplicitamente riconosciuto, con la firma della LAR, (lettera di assunzione di responsabilità); che ha creato delle strutture, (Enti conduttori), le quali, con tutte le loro pecche, hanno permesso di risolvere le dispute all’interno della comunità Internet?

Questa domanda, a cui io e i miei colleghi dovremo dare risposta entro giugno, è in fondo il vero nocciolo della questione. La decisione della scorsa assemblea, di affidare provvisoriamente la definizione delle regole con cui si assegnano i domini it a sei persone nominate dalle associazioni AP, AIIP, ISOC e associazione dei Maintainer, permetterà di incaricare di questo compito persone provenienti dai settori tecnici, e perciò certamente competenti, della gestione della risorsa dns.

E’ però necessario impedire che si instauri un meccanismo perverso, secondo cui le associazioni indicate finiscano per ritenere il posto di rilievo loro assegnato come un privilegio piuttosto che una responsabilità verso la comunità . La mia proposta è che queste associazioni propongano una rosa di nomi tra cui i componenti della Naming Authority possano scegliere, ma che non designino direttamente il loro prescelto. Inoltre reputo vitale coinvolgere l’intera comunità Internet, lasciando dei posti liberi anche per chi non provenga dai gruppi accreditati.

Personalmente ritengo fondamentale la divisione di ruoli tra la Registration Authority, (che registra i domini), e la Naming Authority (che fa le regole secondo cui si registrano i domini) e sono personalmente contrario ad un accorpamento delle due diverse funzioni, pur riconoscendo la necessità che le due entità lavorino in sinergia.

L’evoluzione della comunità Internet e la sua sostanziale crescita ha reso evidente la necessità di una sua autoregolamentazione, un po’ come già avviene ad esempio nel settore sportivo. Esistono fenomeni deleteri a cui si deve cercare di porre rimedio quali ad esempio lo spam o la pedopornografia . Quest’ultima, invero, è spessissimo additata in maniera strumentale per invocare ogni nuova apertura di caccia alle streghe paravento dietro cui possono nascondersi coloro che, non sapendosi adattare al nuovo, non trovano di meglio che demonizzarlo.

A questa esigenza forte credo che la Naming Authority sia la meglio attrezzata per dare risposte. Per questo ho chiesto ai colleghi di avere ambizione, di credere nella capacità della comunità Internet di dare risposte autonome ai propri problemi, meglio di come altre istituzioni diano risposte ai loro. Di pensare ad un rilancio della Naming Authority , ma non rassegnarsi a quella rottamazione auspicata da molti.

La comunità Internet deve vincere molte sfide ancora ma soprattutto deve far capire a tutti che per dirla alla Morin “A volte le leggi sono legali, ma non necessariamente legittime, visto che è l’uomo che le fa
Con l’affermarsi di Internet la distinzione tra legale e legittimo diventa sempre più marcata e particolarmente evidente in alcuni casi balzati all’onore della cronaca come la questione armani.it .

L’avvento di Internet ha rivoluzionato tutte le regole preesistenti, non escludendo nessun settore, dalla cultura all’economia. Chiunque volesse applicare alla Rete modelli antichi si comporterebbe come il congresso di Vienna, impegnato nell’assurdo compito di riportare il mondo a prima della Rivoluzione francese.

C’è bisogno di un’istituzione comune, capace di rappresentare le ragioni di questa rivoluzione anche presso i più conservatori (intesi come coloro che vogliono restaurare i valori e i metodi del secolo passato), come sono, ad esempio, molti di coloro che stanno lavorando alla bozza del Codice dei diritti di proprietà industriale, sancendo di fatto il predominio dei valori economici su tutti gli altri. Con un procedimento che, applicato pari pari ad Internet va ad affermare l’equivalenza assurda -dominio uguale marchio-, senza tener conto del fatto che si può usare un dominio per scopi assolutamente personali, come per la posta elettronica. Solo chi non conosce Internet non può sapere che il vero segreto del suo successo è stato proprio il mix di tutto, dall’associazionismo all’impegno civile, dal desiderio di ogni singolo essere umano di avere un mezzo per esprimere la propria opinione all’opportunità per l’azienda di fare affari.

Voler prescindere da quest’unico humus, privilegiando in maniera marcata l’aspetto economico sugli altri, sarebbe come creare un grande supermercato in posizione scomoda rispetto all’abitato, senza preoccuparsi delle esigenze dei clienti. Lasciare al mondo economico la possibilità di divorare la Rete è controproducente prima di tutto per chi la vuole utilizzare per fare affari.

Ettore Panella
Presidente dell’ Associazione newglobal.it

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Pubblicato il
19 dic 2003
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