WWDC, tutti gli OS in un keynote

WWDC, tutti gli OS in un keynote

Craig Federighi mattatore della conferenza sviluppatori di Apple. Sul palco vengono annunciati OS X Yosemite e iOS 8. Verso la convergenza a porte chiuse
Craig Federighi mattatore della conferenza sviluppatori di Apple. Sul palco vengono annunciati OS X Yosemite e iOS 8. Verso la convergenza a porte chiuse

È stata il primo keynote WWDC su cui non aleggiasse il fantasma di Jobs, e la differenza si è notata: deviando dal consueto programma di numeri e successi raggiunti, la Apple versione 2014 è (comprensibilmente vista la platea) molto più geek e tecnica rispetto ad altri keynote. Tim Cook si alterna sul palco con il suo vicepresidente addetto al software, Craig Federighi , per mostrare il lavoro svolto negli ultimi 12 mesi: OS X Yosemite (tecnicamente dovrebbe essere la release 10.10) e iOS 8 sono un’evoluzione, più che una rivoluzione, rispetto ai predecessori. Ma segnano un’evidente tendenza a Cupertino: convergenza tra mobile e desktop, con una netta predilezione per l’integrazione di tutto quanto ha una mela disegnata sopra.

Tra le consuete battute e frecciatine alla concorrenza (e ce n’è in egual misura per Windows e per Android), Apple si prende due ore abbondanti per raccontare ai suoi seguaci-sviluppatori cosa c’è di nuovo a bollire in pentola: si comincia da OS X, si passa per iOS e si finisce a parlare di SDK e nuovi linguaggi di programmazione. Tra le altre cose, Apple ha infatti anche trovato il tempo per creare Swift : descritto come un’evoluzione più espressiva di C e Objective-C, l’evidente scopo di Apple è quello di riunire in un solo troncone lo sviluppo delle app per mobile e desktop, astraendosi dall’hardware (ed eliminando la gestione della memoria dall’equazione), e garantendo al contempo la sicurezza tipica delle nuove soluzioni con sandbox e meccanismi di testing avanzati (a tal riguardo, la recente acquisizione di Testflight dà i suoi frutti : finalmente gli sviluppatori iOS potranno avviare programmi beta per le app).

Si comincia con OS X, comunque: questa release, nome in codice Yosemite , prosegue il restauro grafico già intrapreso con iOS 7, e l’aspetto delle finestre e delle icone di sistema vira verso il bidimensionale traslucido e dai colori sgargianti già visto sugli smartphone e tablet di Cupertino. Particolare curioso , Apple ha deciso che le tre classiche icone rosso, giallo e verde che campeggiano su ogni finestra cambieranno funzione: la rossa rimane quella destinata a chiudere la finestra, la gialla a ridurre a icona, ma la verde ora avvia direttamente la modalità a tutto schermo, eliminando dall’equazione la possibilità di espandere la finestra per farle riempire il desktop. Un segno dei tempi, che rilancia le intenzioni di Apple in fatto di assimilazione tra le esperienze desktop e mobile: se si lavora sulla scrivania si approfitta del multitasking, altrimenti si procede diretti verso l’associazione di ciascuno spazio virtuale alla singola applicazione.

Tra le modifiche mostrate, spicca senz’altro l’espansione delle possibilità del Centro Notifiche: ora può incorporare anche widget prodotti da terze parti (eliminando per sempre la schermata apposita?), e aumentano il numero di informazioni che è possibile ritrovarvi. La modalità di presentazione ricorda moltissimo quella di iOS 7, a maggior riprova delle intenzioni di Apple, ma non è l’unica variazione che strilla “convergenza” ai quattro venti: la barra degli indirizzi di Safari sostituisce la URL generica dell’indirizzo del sito visitato a quella completa (come già su iOS), ma soprattutto i tecnici si sono dati molto da fare per garantire la Continuity (di nome e di fatto) tra le due esperienze. Dando per scontato che l’utente possegga tutti dispositivi Apple, se inizia a comporre un’email sullo smartphone potrà finire di scriverla sul Mac, senza perdere una virgola del testo inserito grazie alla mediazione della nuvola di iCloud. Lo stesso vale se si sta elaborando un file in un’applicazione desktop e si possiede l’equivalente su iPad, e così via.

Più originale il lavoro svolto su Spotlight, ovvero lo strumento di ricerca unificato che da molti anni equipaggia OS X: cambia l’interfaccia, che richiama alla mente quasi la casella di ricerca di Google, comparendo al centro dello schermo, e cambia la portata delle ricerche e delle fonti che il motore è in grado di consultare. Tra l’altro, pur avendo messo alla berlina Windows, Apple non si fa scrupolo a promuovere Bing a motore di ricerca prediletto, combinando i suoi risultati con quelli di Wikipedia e altre fonti per offrire qualcosa di più che una semplice ricerca tra i file. Di segno opposto il lavoro svolto su iMessage, che ora importa persino i messaggi SMS ricevuti sul proprio smartphone, e tutte le altre funzioni di integrazione tra telefono e PC: se squilla l’iPhone mentre si sta lavorando al computer si può rispondere con il mouse e il microfono integrato, così come si può trovare un numero sullo schermo del laptop o del desktop e avviare la chiamata con un clic direttamente sullo smartphone.

Lavoro è stato svolto, come detto, su Safari e sulla sua interfaccia (ma vengono citati di sfuggita anche molti cambiamenti sotto il cofano), e lo stesso vale per Mail: l’app per le email consente ora di modificare il contenuto multimediale delle immagini direttamente dalla schermata, e senz’altro ci saranno altre novità simili che da qui all’autunno, quando Yosemite diverrà disponibile per il grande pubblico, saranno mostrate. Chi proprio non potesse resistere e attendere, questa volta è fortunato: con una mossa inusuale, Apple ha avviato un programma beta pubblico ( con un tetto a 1 milione di iscritti , selezionati con un criterio egalitario: chi prima arriva, meglio alloggia) che permetterà di vagliare le novità prima di tutti. A patto che si abbia il coraggio di rischiare la propria macchina di lavoro o, meglio, che si abbia un secondo Mac su cui testare senza pensieri un software preliminare. iOS, più che OS X, si muove piano per andare lontano : dopo l’enorme cambio di prospettiva introdotto con la grafica della release 7, la numero 8 si dedica a raffinare il concetto già espresso aggiungendo particolari che a Cupertino sperano siano giudicati utili. Ad esempio le notifiche, che diventano interattive (come già su Mavericks) e con cui si può interagire anche direttamente dalla schermata di blocco. Ci sono molte situazioni (come la barra degli indirizzi di Safari, o la presentazione delle schede aperte nel browser) in cui le app vengono ricondotte allo stesso comportamento sia su smartphone, che su tablet e su desktop, limitando la frammentazione dell’interfaccia. Ad esempio Spotlight, che viene modificato per dargli le stesse capacità già viste nella parte del keynote dedicato a Yosemite.

Ci sono poi delle timide aperture da parte di Apple, che smuove qualcosa per allargare un po’ le strettissime maglie della rete che circonda il suo sistema operativo mobile: ad esempio le tastiere software , fin qui limitate all’unica e imprescindibile tastiera alfanumerica di sistema, potranno finalmente essere modificate e sostituite in tutto il sistema operativo come già da anni su Android. Swiftkey, Swype e tutti gli altri concorrenti del settore si sono già affrettati a far sapere che saranno presenti dal primo giorno di rilascio ufficiale di iOS 8 (anche questo avvenimento slitta in autunno, tranne le versioni preliminari per gli sviluppatori), e per non essere da meno Apple ha provato a svecchiare le capacità della propria tastiera aggiungendo un tocco di “già visto”: il suggerimento delle parole è già presente su Android e Windows Phone, e quel qualcosa in più offerto da Apple (suggerimenti contestualizzati rispetto all’interlocutore) ha tutta l’aria di essere foriero di nuovi imbarazzanti refusi che fin qui il correttore automatico di iOS ha già dispensato a piene mani. Un’apertura a cui guardare con maggiore ottimismo è quella di Touch ID: ora anche le app di terze parti potranno usare l’autenticazione biometrica per sbloccare le proprie funzioni, e Apple rassicura che in ogni caso i dati sulle impronte digitali non lasceranno mai il telefono dell’utente.

Come di consueto, Apple non perde occasione per trarre ispirazione: iMessage su iOS 8 viene profondamente rivisto per aumentarne il tasso di multimedialità, aggiungendo il push-to-talk (anche tramite gesture, avvicinando e allontanando il telefono dall’orecchio), i messaggi a scadenza (come Snapchat), una rassegna dei contenuti multimediali scambiati in una conversazione (come Whatsapp), e persino la condivisione della geolocalizzazione con i partecipanti a una specifica chat, con la possibilità di decidere per quanto a lungo proseguire nel fornire loro dati sulla propria posizione. Una novità importante per iOS è la decisione di Apple di fornire, finalmente, una sorta di file manager: iCloud è stato rivisto nelle sue funzioni ( e anche nelle tariffe di abbonamento , in calo), e ora le app possono attingere ai dati di altre app purchè transitando per lo storage nelle nuvole di Cupertino. Lo stesso è possibile anche via Mac, aumentando così le capacità produttive dei device Apple.

Un’altra delle capacità di iCloud estesa in iOS 8 è la funzione di archivio fotografico: la galleria di foto si appoggia ora allo storage cloud, e permette di condividere un numero quasi infinito di immagini tra i diversi dispositivi, senza occupare necessariamente spazio in memoria locale. I filtri per modificare le immagini sono stati migliorati e ampliati, così come la ricerca è stata ottimizzata per tenere conto che potrebbe fare i conti con migliaia di foto. In più, la app Photo (Immagini, nella versione italiana?) migra anche su OS X, riproponendo lo stesso concetto di visualizzazione e modifica già disponibile su iOS. Non è chiaro se si tratta di una nuova app che soppianta iPhoto, o se sarà solo un’aggiunta all’ecosistema software di Cupertino.

C’è poi il capitolo tecnologia indossabile e Internet of things : l’applicazione “Health” fa esattamente quanto si immagina, ovvero funge da accentratore per tutte le informazioni relative a movimento e stile di vita raccolte direttamente dai dispositivi iOS o prelevate da altri gadget compatibili, permettendo al contempo (mediante apposite API: Healthkit) a servizi terzi di raccogliere informazioni utili a fornire funzioni avanzate (come la telefonata del medico al paziente con la pressione alta). Le voci sulla possibilità che Apple si lanciasse nella domotica si concretizzano in una più semplice estensione delle capacità di iOS di integrarsi con i servizi altrui, vista la crescente disponibilità di termostati intelligenti e interruttori controllabili da remoto.

Apple pensa anche ai bambini: Family Share serve a connettere i membri di un gruppo familiare permettendo di condividere la posizione dei dispositivi di ciascuno di loro, condividere calendari, appuntamenti, foto, promemoria e (ovviamente) gli acquisti su iTunes. Apple trova anche un modo di arginare l’acquisto compulsivo di app da parte dei più piccoli, permettendo ai genitori di impostare gli apparecchi in modo tale da non attingere direttamente alla carta di credito (se, come spesso accade, i figli conoscono la password necessaria), bensì attivando un allerta che permette ai primi di decidere se concedere ai secondo l’acquisto di un software.

Il resto del keynote sono 45 minuti dedicati agli sviluppatori : su App Store ci sarà una categoria “Editor’s Choice” per premiare le app giudicate migliori, sarà possibile vendere le app in appositi bundle per ottimizzare il rapporto prezzo/offerta, le funzioni di ricerca sono state migliorate per rendere l’esplorazione dello store più agevole. Apple poi punta molto sul rinnovato SDK messo a disposizione: nelle sue intenzioni dovrebbe aumentare la sicurezza e la riservatezza dei dati dell’utente, impedendo accessi indiscriminati alle informazioni e facendo svolgere a iOS il compito esclusivo di mediatore laddove necessario. In più, Apple ha deciso anche di aprire uno spiraglio nelle app di sistema: ora gli sviluppatori potranno integrare le loro funzioni in iBooks (per esempio per attingere ai propri libri e riviste su Dropbox), oppure offrire estensioni in Safari, widget nel Centro Notifiche, funzioni di sharing in servizi altrui. CloudKit è poi una interessante novità che, un po’ come Azure per Microsoft, permette di semplificare alcuni aspetti dello sviluppo soprattutto per quanto riguarda storage e notifiche: è anche gratuito, purchè lo sviluppatori trovi il modo di restare all’interno dei limiti di banda e storage definiti da Apple.

Per il finale, a Cupertino hanno pensato di riservare le novità legate alle performance. Metal : si tratta di fatto di un’API pensata appositamente per gli sviluppatori di giochi, che offre maggiore accesso alle risorse hardware per migliorare le performance e il numero di pixel, dettagli, triangolo disegnati sullo schermo. Federighi non esita ad affermare che si tratta di capacità fin qui disponibili solo sulle console, ovvero su hardware dedicato al gaming, con capacità e cavalli adeguati a consentire il porting di giochi (come “Plants Vs Zombies: Warfare”, mostrato sul palco) direttamente ai tablet e smartphone di Cupertino. Il già citato Swift, presentato come un linguaggio di programmazione al passo coi tempi: resta da vedere se gli sviluppatori si porranno il problema di imparare e utilizzare un nuovo dialetto, se insomma l’accoglienza che sarà riservata sarà più o meno tiepida.

Il keynote si conclude senza annunci hardware: Tim Cook torna sul palco per ribadire l’impegno a consentire a un gran numero di dispositivi di aggiornarsi al nuovo software (ma per iOS si registra la fine del supporto a iPhone 4), e rilanciare il concetto fin a quel punto già espresso in ogni modo possibile. Apple vuole garantire massima integrazione ad hardware, software e servizi sviluppati in casa, provando a convincere gli utenti della bontà del proprio ecosistema e farglielo preferire a quello altrui: di sicuro si tratta di un giardino recintato, di un walled garden , ma Cupertino si augura possa essere un esilio dorato per chi decide di optare per i suoi prodotti.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
3 giu 2014
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