Carlo De Benedetti e la Googlefobia

Carlo De Benedetti e la Googlefobia

Mountain View dovrebbe pagare le tasse, slegare i suoi servizi dal motore di ricerca ed essere costretta a collaborare con gli editori. Questione di libertà d'informazione e democrazia
Mountain View dovrebbe pagare le tasse, slegare i suoi servizi dal motore di ricerca ed essere costretta a collaborare con gli editori. Questione di libertà d'informazione e democrazia

Carlo De Benedetti. presidente del gruppo l’Espresso, ha guidato le fila degli editori uniti contro Big G: “Abbiamo tutti paura di Google. Anche io. La più grande società editoriale al mondo non sarà mai in grado di fargli concorrenza”. Il ragionamento di De Benedetti è che gli editori sarebbero disposti a collaborare con Google, se non fosse che questa fa concorrenza sleale dal momento che “utilizza il global search per fare pubblicità”.

A De Benedetti, dunque, sembra non piacere in generale il nuovo modello di business della cosiddetta free economy , che si sta imponendo da ormai più 20 anni in parallelo con la diffusione di Internet e dell’economia digitale, basato su servizi gratuiti retribuiti non tramite il pagamento diretto da parte degli utenti, ma dalla raccolta e vendita dei loro dati e dalla pubblicità ritagliata sui singoli profili. La paura, spiega il presidente del gruppo l’Espresso ai cui appelli si uniscono anche Rodolfo De Laurentiis di Confindustria Radio, Fedele Confalonieri di Mediaset e Giovanni Pitruzzella dell’Antitrust, è generale: “Ha a che fare con la democrazia, perché una sana concorrenza editoriale è una garanzia per la democrazia”.

Se anche un editore come il patron del gruppo L’Espresso ha paura, è il ragionamento, allora la minaccia è concreta per tutti. Il rischio, d’altronde, è legato anche alla qualità dell’informazione: “Editori e giornalisti dovrebbero tornare a pensare e a pianificare in termini di puro contenuto, a prescindere dal contenitore: è così che il marchio della testata vive”. E la concorrenza all’ultimo click, che sembra spingere la corsa al titolo sensazionalistico ed accorcia i tempi per l’indagine ed il controllo delle fonti, non può che contribuire all’inesorabile degrado della nobile tradizione del giornalismo.

Per questo ci sarebbe bisogno dell’intervento della politica, l’unica a questo punto in grado di imporre forme di collaborazione tra vecchi e nuovi media . De Benedetti, così, dai microfoni del forum mondiale dell’editoria che si sta svolgendo a Torino ha chiesto alla Commissione europea di imporre a Google di dividere i servizi di ricerca generale dai propri servizi specializzati .

Nel dettaglio , De Benedetti chiede che Mountain View sia obbligata a sottomettere i propri servizi di ricerca specialistica alle stesse condizioni che il suo algoritmo di ricerca generale applica a tutti gli altri, in modo tale che le pagine di Google Maps o di Gmail giochino in piena concorrenza, e che sia impedito l’uso incrociato di dati raccolti nei diversi servizi, nonché che non sia abbandonato il ricorso depositato in sede europea contro l’abuso di posizione dominante di Google.

Infine, l’altro attacco di De Benedetti sembra più radicato nell’agenda politica : chiede alle istituzioni che le grandi multinazionali dell’ICT paghino le imposte nei paesi in cui operano, in modo tale da giocare alla pari con gli operatori locali. ” Non chiediamo privilegi alla politica – specifica – ma la possibilità di competere a parità di condizioni. Google segua le regole che si applicano a tutti gli altri”.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
12 giu 2014
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