Italia, i fronti dell'equo compenso

Italia, i fronti dell'equo compenso

Industria dei contenuti e industria dell'elettronica di consumo cozzano su posizioni e dati snocciolati. Le tariffe per la copia privata aumenteranno, ma ancora non è dato sapere quanto
Industria dei contenuti e industria dell'elettronica di consumo cozzano su posizioni e dati snocciolati. Le tariffe per la copia privata aumenteranno, ma ancora non è dato sapere quanto

La spaccatura era più che prevedibile: con l’ approvazione dell’aggiornamento delle tariffe dell’equo compenso per copia privata voluta dal Ministro Franceschini gli schieramenti si sono disposti. Su un fronte la larga parte dell’industria dei contenuti, e chi ne cura gli interessi, per cui le legittime copie private che i cittadini possono scegliere di conservare sui più vari strumenti predisposti all’archiviazione valgono sempre di più; sull’altro fronte l’industria dell’elettronica di consumo, che teme che l’aumento della tariffe per l’equo compenso finisca per rallentare il mercato imponendo costi più alti, accompagnata dai consumatori, ben consapevoli del fatto che i costi sostenuti dall’industria finiranno per riversarsi su di loro.

Il testo del provvedimento ancora non è disponibile ma Altroconsumo ha già intrapreso un passo concreto: oltre a rilanciare la petizione avviata mesi fa, promette di impugnare il decreto di fronte al TAR . Lo si definisce l'”ennesimo regalo alla Siae pagato coi soldi dei cittadini”, e si combatte per evitare che l’entrata in vigore finisca per “appesantire la spesa dei consumatori italiani per dispositivi e strumenti tecnologici per oltre 100 milioni di euro all’anno”.

Anche Confindustria Digitale si prepara ad agire , dichiarandosi pronta al ricorso . Si tratterebbe, a parere del presidente Elio Catania, di “una misura del tutto ingiustificata rispetto agli attuali trend tecnologici e di consumo”. A dimostrarlo sarebbero i comportamenti dei consumatori: privilegiano sempre più lo streaming e i servizi cloud (che però rischiano di essere investiti a breve dall’equo compenso), come mettono in evidenza gli stessi studi dell’industria dei contenuti, e come evidenziato nel sondaggio commissionato dal Ministro Bray. Si tratta di servizi per cui i diritti vengono già corrisposti dai gestori delle piattaforme.

Il mercato dell’elettronica di consumo, stando alle previsioni di crescita per il 2014, proiettandovi le informazioni finora note sugli aumenti delle tariffe per l’equo compenso, potrebbe far fluire attraverso le casse della SIAE una cifra stimata in 157 milioni di euro , in aumento del 150 per cento rispetto a quanto rilevato nel 2013. Decisamente di più rispetto a quanto accadrebbe in Europa, nei paesi in cui è previsto un sistema di prelievo proporzionale alla capacità di memoria (e ad eccezione di Regno Unito, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Cipro e Spagna, che non prevedono l’imposizione): se infatti il Ministero italiano ha preso in considerazione Germania e Francia, che per i tablet e gli smartphone impongono tariffe superiori a quelle che l’Italia ha appena adottato, gli altri 13 paesi europei restituirebbero un quadro diverso. L’Italia vuole imporre un prelievo di 4 euro per tablet e smartphone da 16 GB e di 4,8 euro per tablet e smartphone da 32 GB, mentre la media UE vale per i tablet da 16 GB 1,57 euro e per i tablet da 32 GB 1,56 euro, mentre per gli smartphone da 16 GB vale 2,89 euro e e per gli smartphone da 32 GB 3,29 euro. Per i PC, inoltre, si stima che l’Italia imporrà una tariffa di 5,2 euro, quando la media europea è di 1,87 euro. Ma Confindustria Digitale fa affidamento su dati estratti da un documento rilasciato nel 2013 , che prende in esame informazioni del 2012 .


“Vista l’entità delle cifre e considerando anche la forte pressione competitiva e sui margini che caratterizza il settore dell’elettronica di consumo – spiega Confindustria Digitale, confermando i timori dei consumatori – non è difficile prevedere che tali aumenti graveranno inevitabilmente sulla dinamica dei prezzi, irrigidendo, per esempio, la politica delle offerte e degli sconti”.

Alle stime di Confindustria Digitale fanno eco le dichiarazioni di Claudio Lamperti, vicepresidente di Anitec (Associazione Nazionale Industrie Informatica, Telecomunicazioni ed Elettronica di Consumo), schierata contro quello che viene definito un “balzello sulle intenzioni”: “come tutti sperimentiamo ogni giorno – spiega Lamperti – la capacità di memoria e registrazione sono impiegate dall’utente finale principalmente per utilizzi diversi dalla registrazione musicale, quali produzione di fotografie e filmati, presenza sui device di app sempre più “memory requesting” e, solo in parte ancor più residuale rispetto al passato, per la potenziale registrazione di contenuti”.

Ma per l’industria dei contenuti lo spazio di archiviazione dei dispositivi non può che contenere il frutto del sudato lavoro dell’industria del diritto d’autore: “senza le opere dell’ingegno e i contributi dei nostri creativi – avverte il direttore generale della SIAE Gaetano Blandini – i loro device sarebbero solo vuoti e scintillanti pezzi di latta”.

Contenuti, sottolinea Confindustria Cultura a difesa della collecting society, che SIAE si limita a tutelare , senza sotterfugi per trarne guadagno : “La società ha solo un mandato per legge di incassare tale compenso – ha spiegato il presidente della Federazione italiana dell’industria culturale aderente a Confindustria Marco Polillo – ma l’intera somma viene poi ripartita agli aventi diritto, ovvero autori, editori, artisti e imprese del settore, direttamente o tramite altre collecting”. La SIAE, si stima sulla base di quanto è dato sapere riguardi alle nuove tariffe, tratterrà per sé oltre 10 milioni di euro a titolo di rimborso spese di gestione.

Confindustria Cultura snocciola dunque altri numeri, a tracciare un contesto europeo sensibilmente diverso da quello descritto da Confindustria Digitale, supportato da dati più recenti che sanno abbracciare i prelievi previsti da regolamenti non ancora in vigore ai tempi delle rilevazioni chiamate in causa dalla controparte: Polillo chiama in causa la Svezia, che nonostante conti sempre di più sullo streaming, che vale il 70 per cento del mercato, ha di recente scelto di includere smartphone e tablet fra i dispositivi da cui si preleva l’equo compenso (dati però non rilevati nell’analisi di Confindustria Digitale, che esaminando dati meno attuali non rileva che la Svezia preveda prelievi per questi tipi di device) e di nuovo la Francia, dove il mercato dell’elettronica di consumo continuerebbe a veleggiare, nonostante gli aumenti dei prelievi ben superiori a quelli previsti dall’Italia. Aumenti, però, non per questo meno controversi, come dimostra l’ intervento del Consiglio di Stato per riportare la disciplina francese della copia privata nell’alveo europeo .

Gaia Bottà

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Pubblicato il
27 giu 2014
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