Italia, luce e black out sulle catene pirata

Italia, luce e black out sulle catene pirata

Prima il sito che indirizzava ai contenuti, poi il contenitore dei file: le indagini della Guardia di Finanza hanno abbattuto un business milionario, basato su incentivi all'upload e abbonamenti premium per il download di file protetti da copyright
Prima il sito che indirizzava ai contenuti, poi il contenitore dei file: le indagini della Guardia di Finanza hanno abbattuto un business milionario, basato su incentivi all'upload e abbonamenti premium per il download di file protetti da copyright

È trascorso più di un anno dall’ordinanza con cui la Procura della Repubblica di Cagliari imponeva ai fornitori di connettività l’inibizione degli accessi a ddlhits.com , definito a suo tempo “la più grande piattaforma italiana del falso multimediale”. Per dirla con la parole della Guardia Di Finanza del capoluogo sardo e del Nucleo speciale frodi tecnologiche di Roma, “continua l’offensiva tecnologica delle Fiamme Gialle che pattugliano il Web”. L’operazione Italian Black Out ha condotto ad un nuovo sequestro: ai provider italiani è stato richiesto di ostacolare agli utenti italiani l’accesso a ddlstorage.com , contenitore dei file a cui indirizzava DDLhits.

Il meccanismo

Il nuovo provvedimento, emesso d’urgenza dal sostituto procuratore della Repubblica Giangiacomo Pilia, sottende mesi di indagini che hanno fatto emergere una stretta connessione tra il cosiddetto “sito vetrina”, utile alla promozione, e il cyberlocker che ospitava fisicamente i file. Una connessione che, stando ai dati offerti dalle autorità italiane, si configurava come un “sodalizio criminoso”, un business che in 15 mesi di attività avrebbe generato oltre 1.300.000 euro, advertising escluso .

DDLStorage, gestito dall’Italia attraverso una società con sede in Lussemburgo e appoggiato prima su oltre 120 server francesi, poi su spazi olandesi, era stato approntato come un ordinario servizio di file hosting: contenuti di ogni genere, dai film alla musica, dai prodotti editoriali ai videogiochi, venivano caricati dagli utenti. Ma, stando ai risultati delle indagini, non si trattava di soli caricamenti a semplice uso e consumo personale: dietro alla configurazione legale del servizio di storage si nascondeva un meccanismo di upload seriali, sistematici e retribuiti . Retribuiti con un meccanismo capace di mettere a frutto la condivisione dei contenuti con altri utenti, disposti a pagare per un servizio premium o a sorbirsi dell’advertising.

Gli investigatori parlano ora di un totale di 11.404.777 file caricati, a fronte di 463.149.283 operazioni di download, fra download mediati da abbonamenti premium (che sono valsi 1.300.000 euro) e download supportati dalla pubblicità . Ad un numero ristretto di uploader (la Guardia di Finanza spiega che i ricavi sono stati determinati dagli upload ascrivibili allo 0,2 per cento degli utenti del sito), dunque, i gestori del servizio offrivano incentivi a continuare ad alimentare la messe di contenuti offrendo somme di denaro proporzionali al numero di download che i loro file ottenevano. L’incentivo monetario, si spiega, è arrivato per qualcuno a toccare i 40mila euro.

Upload vs. download

L’operazione, sottolinea la Guardia di Finanza, “ha inferto per la prima volta a livello internazionale un duro colpo al primo anello della catena della pirateria creando un autentico black out che ha riguardato l’intero sistema caratterizzato dall’immissione in rete (uploaders), dalla promozione ( www.ddlhits.com ) e dalla distribuzione ( www.ddlstorage.com ) di opere tutelate”. Sono 20 i responsabili coinvolti nelle indagini, in qualità di uploader, e sul sito sono calati i filtri degli ISP a livello IP e DNS: l’industria dei contenuti italiana, da FAPAV a FPM , sottolinea come l’operazione Italian Black Out abbia saputo sgominare un’attività non solo illecita, ma soprattutto lucrativa , capace di un “rilevante impatto sul mercato e sull’offerta legale in rete”. Ma non sono solo le forze dell’ordine ad operare con i loro strumenti per reprimere l’illecito sul mercato dei contenuti: l’Italia è fra i primi paesi ad aver avviato un dialogo con gli intermediari dell’advertising, così da dispiegare una strategia che sappia fare terra bruciata intorno alle attività online che fanno della condivisione un business.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
4 lug 2014
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