Chubby Checker, chi tiene duro vince

Chubby Checker, chi tiene duro vince

Il cantante ottiene il riconoscimento dei diritti sul suo pseudonimo, usato anche da una app ironica: è stato raggiunto un accordo con HP che l'aveva ospitata sullo store digitale di WebOS
Il cantante ottiene il riconoscimento dei diritti sul suo pseudonimo, usato anche da una app ironica: è stato raggiunto un accordo con HP che l'aveva ospitata sullo store digitale di WebOS

Chubby Checker, pseudonimo del paffuto musicista Ernest Evans, famoso per la hit degli anni 60 Let’s Twist Again , ha raggiunto un accordo con Hewlett Packard per un curioso caso di presunta violazione di marchio.

I fatti risalgono all’anno scorso, quando il musicista ha denunciato HP per la presenza nel negozio digitale WebOS di un’app che prometteva – dalla misura delle scarpe – di risalire a quella del pene. Il problema è che questa si chiamava “The Chubby Checker”: l’ironica associazione del termine slang chubby , che indica la parziale erezione del membro maschile, con il termine checker, inteso come strumento di rilevazione, finiva casualmente o meno per costituire il soprannome scelto dagli anni sessanta dal re del twist.

Dal momento che il cantante riteneva di aver portato il nome alla conoscenza del grande pubblico riconoscendogli un valore distintivo – un vero e proprio marchio costituito dal suo nome d’arte – aveva dunque deciso di far causa ad HP che quella app la metteva in vendita, chiedendo mezzo miliardo di dollari per violazione di proprietà intellettuale, nonché del Communications Decency Act .

In seguito alla denuncia l’app era stata rimossa dallo store dopo essere stata scaricata (al costo di 99 centesimi di dollaro) da meno di 100 utenti.
Mentre l’accusa legata alla moralità era stata respinta dalla Corte in via preliminare già in passato, l’aspetto legato al marchio aveva passato il primo vaglio del tribunale e avrebbe dovuto portare ad un processo il prossimo ottobre.

Per quanto, infatti, il caso fosse assolutamente peculiare per una questione di proprietà intellettuale (e non tipico come ad esempio la denuncia di Amazon nei confronti del sito FireTvNews che vede le strategie delle grandi corporation agire aggressivamente in difesa di termini generici usati in determinati contesti commerciali), il giudice aveva ritenuto che ci fossero i presupposti per valutare la violazione o meno della proprietà intellettuale di Chubby Checker.

Ora, tuttavia, senza arrivare in tribunale a vedere chi ha la lista di testimoni ed esperti più lunga, le parti hanno raggiunto un accordo i cui termini, tuttavia, rimangono privati.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
28 lug 2014
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