Brevetti, denunciato il New York Times

Brevetti, denunciato il New York Times

E con lui ESPN e Travelocity: sono tutti accusati di aver usato illegalmente banner pop-up e pubblicità interstiziali, coperte da un brevetto valido in Nord America. Chiesti i danni, avvertiti gli altri siti
E con lui ESPN e Travelocity: sono tutti accusati di aver usato illegalmente banner pop-up e pubblicità interstiziali, coperte da un brevetto valido in Nord America. Chiesti i danni, avvertiti gli altri siti


New York (USA) – Alla festa del brevetto matto torna a far parlare di sé una vecchia conoscenza, una società nordamericana che ritiene di possedere il brevetto su numerose forme di pop-up e di web advertising e che, per farlo capire a tutti, ha deciso di denunciare siti del calibro del New York Times , ESPN e Travelocity.com .

La società è la InternetAd System, nuova creatura della TechSearch, la stessa società che alla fine degli anni ’90 tentò di ottenere 500 milioni di dollari da Intel rivendicando il proprio diritto di costruire cloni del processore Pentium. In quell’occasione TechSearch ha perso, Intel non ha sganciato un dollaro, ma InternetAd avverte che i brevetti sono diversi, i tempi sono diversi, gli avvocati sono diversi.

InternetAd rivendica brevetti su cose come i pop-up che si trovano sulle pagine iniziali o in quelle di uscita dei siti web ma anche la paternità sulle pubblicità interstiziali, quelle che si frappongono tra le diverse pagine di un sito web. Si tratta di forme di pubblicità molto comuni e i tre siti presi di mira ne fanno largo uso.

La denuncia formalizzata dall’azienda contro il New York Times e gli altri due grossi nomi del web arriva senza precedenti trattative tra le imprese coinvolte, negoziati che invece InternetAd ha avviato con altre società. Una strategia comprensibile, quella adottata, che consiste nel colpire i nomi più grossi per spaventare tutti i più piccoli e vedersi riconoscere royalty sugli incassi pubblicitari.

Quanto potrebbe costare tutto questo? Sebbene nella denuncia non si quantifichino i danni che pure si ritengono ingenti, InternetAd sembra intenzionata ad accontentarsi del 5-10 per cento delle entrate pubblicitarie dei siti che sfruttano queste comunissime tecniche pubblicitarie. Una somma sufficiente a ridurre drasticamente margini che già oggi sono ridottissimi. Se il brevetto di InternetAd resisterà in tribunale, dunque, l’impatto sul web advertising potrebbe essere notevolissimo.

Sull’argomento vedi anche:
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Pubblicato il
9 gen 2004
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