UK, politici contro l'oblio

UK, politici contro l'oblio

La Camera dei Lord britannica esprime seri dubbi sul concetto di diritto all'oblio e sulla sua applicazione attraverso l'obbligo di rimozione imposto ai motori di ricerca. Google nel mentre, chiede consiglio ai cittadini della Rete
La Camera dei Lord britannica esprime seri dubbi sul concetto di diritto all'oblio e sulla sua applicazione attraverso l'obbligo di rimozione imposto ai motori di ricerca. Google nel mentre, chiede consiglio ai cittadini della Rete

L’ House of Lords , la camera alta del parlamento britannico, ha definito irragionevole l’attuale evoluzione europea del concetto di “diritto all’oblio”.

Con questo termine si intende, in generale, quella delicata applicazione del diritto alla privacy che riconosce il diritto a veder “dimenticati” alcuni episodi che secondo il diretto interessato dovrebbero rimanere sepolti nel passato, in un pericoloso equilibrio tra diritto alla cronaca e quello alla privacy. Determinante, nella sua applicazione, la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha stabilito l’ obbligo da parte degli operatori dei motori di ricerca di raccogliere segnalazioni da parte dei cittadini e di provvedere alla rimozione di alcuni link che li riguardano : Google ha iniziato a giugno a rimuovere alcuni risultati da quelli offerti dal suo motore di ricerca; Bing ha provveduto ad adeguarsi a metà luglio .

I Lord del Parlamento britannico, al momento 92 sono ancora poltrone ereditarie e 709 sono nominati a vita, che recentemente si sono fatti sentire in difesa di tradizioni come la caccia alla volpe, hanno capito tuttavia che tale decisione delle istituzioni europee dà origine a più di un problema. Anzi, tutta l’impostazione della questione, sarebbe non solo irragionevole, ma anche non funzionante .

I Lord sono intervenuti sulla questione con il lavoro di una commissione dedicata specificatamente allo studio di tale argomento: secondo le loro conclusioni non solo non ha senso riconoscere il diritto di vedere rimossa un’informazione su di una persona solo perché considerata scomoda , ma il fatto che in conseguenza di ciò sia imposto ai motori di ricerca un obbligo positivo di ricevere ed eventualmente rimuovere alcuni link, qualora ritengono (soggettivamente, a quanto pare) prevalere le ragioni del diritto alla privacy piuttosto che quelle del diritto all’informazione, crea più danni che altro .

Le loro conclusioni si basano su dati raccolti attraverso le interviste ad esperti del settore, del ministero della Giustizia, dell’ Information Commissioner’s Office e di Google.

A presiedere la commissione è la baronessa Prashar, che ha sottolineato come sia troppa la pressione sui motori di ricerca sia eticamente , un ente privato chiamato a fare da giudice influendo sul diritto all’informazione, sia dal punto di vista della struttura di cui devono dotarsi per valutare le richieste.

Non si tratta , infatti, solo una questione di opportunità e di merito, ma anche una questione di possibilità e competizione: se Google può provvedere, con i suoi mezzi, alla ricezione e all’analisi delle richieste, sottolineano i Lord, cosa ne sarà dei piccoli operatori che non hanno le stesse risorse di Mountain View?

I Tribunali britannici, peraltro, avevano già avuto modo di dire – intervenendo sulla denuncia contro Google depositata dall’ex vertice della F1 Max Mosley per l’indicizzazione di alcune foto che lo ritraggono in posizioni compromettenti – che chiedere la rimozione di un contenuto da Internet è praticamente impossibile e può scatenare l’effetto contrario .
Dubbi sull’intera faccenda, d’altra parte, sono stati sollevati sia da Google, che ha istituito un consiglio ad hoc per studiare meglio la questione e per cui adesso chiede commenti ed interventi da parte degli interessati, sia il gruppo dei Garanti europei della privacy che ancora devono capire come intendono procedere i motori di ricerca.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
1 ago 2014
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