HP Moonshot, server al gusto ARM

HP Moonshot, server al gusto ARM

Il colosso statunitense estende l'offerta Moonshot con componenti basati su SoC ARM, tecnologia che dovrebbe garantire il giusto connubio di potenza computazionale e consumi energetici ridotti
Il colosso statunitense estende l'offerta Moonshot con componenti basati su SoC ARM, tecnologia che dovrebbe garantire il giusto connubio di potenza computazionale e consumi energetici ridotti

Dopo il debutto ufficiale con unità basate su chip x86 , i server Moonshot di Hewlett-Packard possono ora essere equipaggiati anche con processori ARM: il colosso americano ha presentato due nuove unità di “server-su-cartuccia”, prodotti pensati per mercati e carichi di lavoro specifici.

I nuovi moduli sono m400, basati su unità “server on a chip” ARM Applied Micro X-Gene con otto core a 2,4GHz e architettura a 64 bit ed m800, dotato di chip SoC 66AK2Hx quad-core a 32 bit realizzato da Texas Instruments.

Il modulo m400 segna il debutto dei primi processori ARM a 64 bit di classe server, sostiene HP, e come m800 può essere installato nello stesso rack Moonshot 1500 da 45 moduli “hot plug” commercializzato con la prima ondata di micro server basati su architettura x86.

Diversamente da m400, il modulo m800 è basato su architettura di core ARM Cortex-A15 a 32 bit ma ha dalla sua la presenza aggiuntiva di massimo 8 DSP ad alte performance TMS320C66x: si tratta di componenti ideali per applicazioni telefoniche o di transcodifica vocale, spiega HP.

I nuovi server ARM rispondono alle richieste di “workload emergente”, dice il produttore americano, dove i clienti hanno la possibilità di scegliere un numero di unità di calcolo specifico per le specifiche necessità di lavoro. È un modo nuovo di usare il calcolo informatico, spiega HP, una possibilità ancora tutta da esplorare e che promette interessanti margini di crescita da qui al 2015.

Chi invece ai server ARM non è (al momento) interessata è la cinese Lenovo, una corporation storicamente focalizzata sull’hardware x86 e che ha giustappunto finalizzato l’ acquisizione del business server di IBM ; l’operazione vale in definitiva 2,1 miliardi di dollari, spinge Lenovo fino al terzo posto nei produttori di server mondiali e fornisce, a detta del management, il vantaggio competitivo che serve alla corporation per continuare a crescere e generare profitti.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
1 ott 2014
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