Facebook, pseudonimi e promesse

Facebook, pseudonimi e promesse

Le proteste della comunità arcobaleno spingono il social network alle scuse e all'annuncio di cambiamenti: l'obbligo all'uso di nomi reali potrebbe essere ammorbidito
Le proteste della comunità arcobaleno spingono il social network alle scuse e all'annuncio di cambiamenti: l'obbligo all'uso di nomi reali potrebbe essere ammorbidito

Facebook ha deciso di tornare sulla politica sui nomi reali ed ha preannunciato cambiamenti per prendere in considerazione tutte le polemiche e le critiche che ha ricevuto sul tema .

A dare il via alle proteste, poche settimane fa , la Drag Queen Sister Roma che aveva puntato il dito contro l’imposizione da parte di Facebook di nomi reali nei profili sul social network, ritenuta discriminatoria e pericolosa: non solo lei si sente Sister Roma da ormai 27 anni e non si riconosce più con il nome di nascita Michael Williams , ma spesso – sottolinea – dietro la scelta di un nome diverso vi è un serio bisogno di anonimato o la semplice volontà di allontanarsi da sofferenze, relazioni abusive o comunque un passato che si vuole abbandonare.

Dimostrando di ascoltare le motivazioni di questo gruppo di persone, Facebook ha innanzitutto chiesto scusa e poi ha promesso di voler metter mano alle regole: “Vi dobbiamo un servizio migliore – ha scritto Chris Cox, dirigente di Facebook – e per questo chiediamo scusa alla community di drag queen, drag king, transgender ed in generale LGBT, per le difficoltà causate nelle scorse settimane. È stata in ogni caso l’occasione per ascoltare tutte le questioni sollevate e capire meglio i problemi sollevali dalla policy recentemente introdotta.”

In particolare – da come racconta la vicenda Cox – a generare la polemica ha contribuito l’inaspettata ondata di segnalazioni di account presunti fake da parte degli utenti: sarebbero talmente tante le diverse situazioni in cui gli utenti del social network scelgono nomi non veri da rendere impossibile a Facebook un approccio diverso per ognuno. Dal momento, poi, che nel 99 per cento dei casi segnalati si trattava effettivamente di profili malevoli per la community (troll, cyberbulli, account fake di celebrità ecc.), coloro che avevano effettivamente bisogno di ricorrere ad un nome diverso da quello riportato all’anagrafe sono stati confusi nel mucchio.

Così ora, pur ribadendo l’intenzione di distinguersi ancora dal resto del Web caratterizzato dall’utilizzo di pseudonimi e anonimato, Facebook ha annunciato la volontà di sviluppare nuovi strumenti per differenziare le situazioni in cui la differenza è da rispettare.

Alla finestra restano non solo i membri della comunità LGBTQ, ma anche le associazioni che sostengono i diritti del cittadino: tra gli altri, ACLU, che aveva protestato insieme a Sister Roma ed il suo gruppo, ed EFF che pur accogliendo con favore le scuse di Facebook continua ad invocare la rinuncia completa alla politica del “nome reale”, come per esempio ha fatto a luglio Google Plus, considerando un valore aggiunto la possibilità di ricorrere all’anonimato.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il 2 ott 2014
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