E se mandassimo in pensione JPEG?

E se mandassimo in pensione JPEG?

L'hacker francese Fabrice Bellard propone il suo algoritmo BPG che mostra capacità e prestazioni decisamente superiori al vecchio formato. L'unico problema sono i soliti brevetti software
L'hacker francese Fabrice Bellard propone il suo algoritmo BPG che mostra capacità e prestazioni decisamente superiori al vecchio formato. L'unico problema sono i soliti brevetti software

Lo standard JPEG ha da poco compiuto 22 anni: la sua prima incarnazione ufficiale risale al settembre del 1992, anche se la sua storia inizia almeno 5 o 6 anni prima, e in tutto questo tempo trascorso tutto sommato il formato per immagini che domina il World Wide Web è invecchiato piuttosto bene . Nel corso degli anni, in ogni caso, non sono mancate le proposte alternative: PNG è una di queste, che ha una sua base di sostenitori pur non avendo raggiunto un livello di successo altrettanto impressionante. Più recentemente Google ha provato a dire la sua con WebP, ma non c’è stata rivoluzione nonostante 4 anni di impegni. Ora tocca allo sviluppatore francese Fabrice Bellard, che dal proprio sito ha lanciato la sua propostaa: BPG, Better Portable Graphics .

L’ idea alla base di BPG è tentare di replicare le qualità di JPEG aggiungendovi quelle vantate da altri formati: questo significa tentare di raggiungere un’ alta capacità di compressione (uno dei punti deboli di PNG, ad esempio) senza effetti collaterali tipici del formato ISO/IEC 10918 come il degrado della qualità legato alle caratteristiche “a perdita” del JPEG. BPG poi supporta le trasparenza, come fanno GIF e PNG ma non JPEG, ed è facilmente utilizzabile direttamente nei browser attuali semplicemente aggiungendo un piccolo codice Javascript all’interno del codice del sito che voglia impiegare il formato.

Le performance raggiunte dal formato di Bellard sono impressionanti: la galleria di immagini da lui pubblicata mostra chiaramente la differenza in termini di definizione e qualità dell’immagine compressa in BPG rispetto al classico JPEG e la vicinanza del prodotto compresso rispetto all’originale. Altrettanto interessante il confronto a parità di dimensioni in byte tra JPEG (nella migliore interpretazione fornita da Mozilla ) e BGP (condotto con un classico della storia della grafica digitale ): la differenza tra le immagini è percepibile al volo a occhio nudo , con una netta supremazia del nuovo formato sul vecchio .

Il limite principale alla proposta di Bellard è l’adozione della tecnologia HEVC ( High Efficiency Video Coding ) di proprietà di MPEG-LA nel suo algoritmo: semplificando una immagine BGP equivale al singolo fotogramma di un video compresso nel formato H.265, con capacità di render a 14 bit contro gli 8 del JPEG e tutta una serie di altri vantaggi come la già citata trasparenza. Senza andare a scomodare le infinite polemiche che hanno riguardato H.264 e le varie implementazioni dei codec video che hanno caratterizzato lo sviluppo di HTML 5 e dei browser di ultima generazione, si ripresenta lo stesso e identico problema relativo ai brevetti software e alle licenze d’uso già discusso più volte su queste pagine: in teoria MPEG-LA potrebbe decidere di esigere il pagamento delle royalty su qualsiasi prodotto che incorpori la tecnologia BPG, che a sua volta contiene porzioni di codice protetto da copyright detenuto dal patent-pool.

Con queste premesse , l’idea di Bellard sarà venduta con difficoltà a sviluppatori, admin, grafici e chiunque altro dovrebbe decidere di adottare questo formato per i propri lavori. Nessuno può escludere che tra 5 anni l’intero Web si sarà convertito a BPG, ma allo stato attuale pare difficile che si riesca a vincere l’inerzia e le abitudini di un intero ecosistema anche a fronte di vantaggi tangibili, con il rischio di complicarsi la vita sul fronte copyright in futuro.

Luca Annunziata

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Pubblicato il 17 dic 2014
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