Che 2014 è stato per Apple?

Che 2014 è stato per Apple?

di D. Galimberti - Si chiude il primo triennio a guida Cook, e iniziano a maturare i frutti della sua gestione. Nel corso del 2015 per Tim ci sarà la disfatta o la consacrazione
di D. Galimberti - Si chiude il primo triennio a guida Cook, e iniziano a maturare i frutti della sua gestione. Nel corso del 2015 per Tim ci sarà la disfatta o la consacrazione

Tim Cook prendeva in mano le redini di Apple nel 2011, in modo provvisorio a gennaio , in modo ufficiale ad agosto , e definitivamente ad ottobre . Molte sono state le critiche sul suo operato, tutte focalizzate sull’inevitabile confronto con il genio di Jobs: “Steve non avrebbe mai fatto fuori il suo pupillo Forstall”, “Steve non avrebbe mai fatto un iPad Mini”, “Steve non avrebbe mai fatto un iPhone grosso”… Evidentemente si sbaglia chi crede che Jobs fosse, a suo modo, unico: c’è molta gente convinta di sapere esattamente cosa avrebbe fatto Jobs in ogni circostanza, anche se stranamente nessuno di loro è mai stato Steve Jobs.

Ma torniamo a Cook, all’evoluzione di Apple di questi ultimi anni, e ai possibili sviluppi del prossimo. Nel 2011 il titolo AAPL valeva meno della metà di quello che vale ora, e se Tim Cook è riuscito in tre anni a raddoppiare il valore di Apple, incrementandone il valore fino a 700 miliardi di dollari, evidentemente non è tutto sbagliato quel che ha fatto: se è vero (in attesa di vedere i risultati di vendite di questo trimestre) che negli USA iPhone 6 Plus conquista da solo il 41 percento delle vendite nel mercato dei phablet, evidentemente non è da ritenersi errata nemmeno la decisione di seguire il mercato in questa corsa alla lievitazione degli schermi (e dico questo nonostante non sia per niente un amante di questa categoria di prodotti).

Conducendo Apple in un inusuale silenzio mediatico e con scalette rallentate di aggiornamento dei prodotti (a parte l’immancabile aggiornamento annuale di iPhone e iPad), Cook ha sicuramente cambiato il modo di lavorare in Apple, e a tre anni dalla dipartita di Jobs possiamo dire che l’impronta del co-fondatore della casa della mela comincia oramai a farsi sempre più labile. Apple Watch rappresenta ufficialmente il primo dispositivo completamente realizzato dal nuovo corso di Apple: prima che di lanciarci nell’inutile disquisizione su come Jobs avrebbe realizzato uno smartwatch (ammesso che fosse nelle sue intenzioni realizzarlo) vi rammento che sarà molto difficile, per non dire impossibile, immaginare qualsiasi pensiero di Jobs sull’argomento.

Meglio guardare avanti e concentrarsi su cosa può significare il prossimo dispositivo in arrivo da Cupertino. Apple Watch riveste quantomeno tre ruoli fondamentali: il primo è quello di mettere alla prova la capacità inventiva dei nuovi vertici (la nuova interfaccia sarà oggetto di numerosi analisi alle prime prove sul campo), il secondo è quello di testarne le doti strategiche (in base a quanto visto finora pare che Apple punti ad un marketing aggressivo ma inusuale per il suo smartwatch) e l’ultimo, ma non meno importante, è quello di inserire un nuovo dispositivo iOS nel cosiddetto ecosistema di prodotti della Mela.

Ovviamente il 2015 di Apple non può essere e non sarà solo Apple Watch: Apple sarà chiamata alla prova in ogni settore, sia riguardo lo sviluppo di altro hardware sia per tutto ciò che ruota intorno ai propri servizi. Per quanto riguarda l’hardware, la corsa alla maggiorazione degli schermi (unita all’importanza sempre maggiore che si vuole dare ai tablet) dovrebbe portare ad un iPad da 12 pollici, dimensione che potrebbe essere condivisa anche da una revisione del fortunato MacBook Air, stavolta in versione Retina. Chissà che le due cose non possano in qualche modo coincidere, strizzando l’occhio alla più volte discussa migrazione dei Mac verso le architetture ARM.

Sui servizi il discorso si fa più complicato, perché sebbene il fatturato arriva da altri settori (nel caso di Apple ultimamente è sempre l’iPhone a farla da padrone) sono proprio i servizi a costituire il “collante” che spinge le vendite dell’hardware, soprattutto per un’azienda come Apple che punta tutto sull’armonizzazione e sull’integrazione tra i vari prodotti venduti: a titolo di esempio possiamo citare Continuity (parlando di iOS e OSX) o, come accennato sopra, la stretta integrazione che ci sarà tra l’Apple Watch e l’iPhone.

Certo, iCloud ha fatto qualche passo avanti ma deve ancora migliorare, soprattutto nel”utilizzo come disco di appoggio per i propri documenti: eppure sono anni (dalla nascita di MobileMe nel 2008) che non mi preoccupo di dover sincronizzare manualmente i vari dispositivi, e stiamo parlando solo dei servizi di base, perché poi ci sono anche iTunes Match o i documenti di iWork (accessibili anche da browser tramite WebApp) per non parlare della ricchezza dell’offerta di App Store o iTunes Store. Apple dovrà continuare in questa direzione, facendo fruttare da un lato la recente acquisizione di Beats (per offrire un servizio in più ai propri utenti) e dall’altro potenziando le possibilità offerte da iCloud, che al momento non si esprimono ancora al massimo.

In mezzo a tutto questo non deve mancare un occhio di riguardo allo sviluppo dei nuovi prodotti. Apple ha ormai dato il via alla realizzazione delle applicazioni specifiche per Apple Watch , elemento che si aggiunge al proprio ecosistema di prodotti integrati, legati ai propri servizi e alle proprie App: se in tutto questo riuscisse anche a piazzare una nuova Apple TV, capace di veicolare in modo più convinto i contenuti video dell’iTunes Store, e magari anche le applicazioni “videoludiche” da salotto, non sarebbe una cattiva idea.

Dopotutto non è un segreto che il successo degli attuali giganti dell’informatica passa proprio attraverso queste vie: Google è nata offrendo servizi che tendono a diffondersi in ogni ambito, e il CEO di Microsoft Satya Nadella (dopo aver riconosciuto che la casa di Redmond si trova in una posizione per certi versi di minoranza considerato il boom del mobile, dove Microsoft è quasi assente) ha dato il via ad una nuova strategia basata proprio su applicazioni e servizi cloud, strategia che al momento ha regalato Office 365 agli utenti di iOS (e prossimamente Android) nel tentativo di riconquistare posizioni di mercato partendo proprio dal suo cavallo di battaglia.

Apple gioca allo stesso gioco di Google e Microsoft, ma lo fa da un punto di vista completamente differente: non vuole i propri servizi diffusi su ogni sistema, ma li vuole perfettamente integrati e ottimizzati sul proprio hardware, con tutti i pro e contro che questa scelta comporta ai propri utenti (e alla stessa Apple).

In definitiva, tra l’ampliamento dei servizi e l’hardware ad essi collegati, la casa della mela avrà molto da fare nel 2015: aspettiamoci nuovamente lunghi periodi di silenzio in cui Cupertino si concentrerà sul proprio lavoro (incurante, almeno in apparenza, delle inevitabili voci) intercalati da lanci di nuovo hardware, probabilmente più frequenti rispetto all’ultimo triennio. Per il prossimo anno sono parecchie le novità attese (anche nel settore Mac, volutamente trascurato nei suoi dettagli in questa analisi). Il prossimo appuntamento rimane comunque fissato per l’analisi della trimestrale natalizia che, visti gli ultimi prodotti rilasciati (iPhone6/6+, nuovi iPad, e iMac5K) nel confronto con l’anno precedente ci potrebbe dare una conferma definitiva sull’andamento delle vendite e di quello che ci si può aspettare dall’arrivo di nuovi prodotti.

Domenico Galimberti
blog puce72

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Pubblicato il
31 dic 2014
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