Apple, il patent troll munge iTunes

Apple, il patent troll munge iTunes

SmartFlash sostiene di possedere il concetto di store digitale e si scaglia contro i colossi della Rete. Un tribunale texano ha stabilito che Cupertino debba pagare
SmartFlash sostiene di possedere il concetto di store digitale e si scaglia contro i colossi della Rete. Un tribunale texano ha stabilito che Cupertino debba pagare

Tre brevetti estremamente generici hanno permesso ad un’azienda specializzata nello sfruttamento di proprietà intellettuale di strappare a Apple 532,9 milioni di dollari: la corte distrettuale dell’East Texas, tradizionalmente orientata a favore dei detentori dei brevetti, ha riconosciuto che iTunes abusi di questi titoli. Così come qualsiasi altra piattaforma che ospiti contenuti da scaricare a pagamento.

SmartFlash, entità che in sostanza vive di sette brevetti da impugnare contro le attività di aziende terze, aveva chiamato in causa Cupertino nel 2013: secondo l’azienda i meccanismi descritti dai titoli 8,336,772 , 8,118,221 e 7,334,720 , relativi a “sistemi di storage e di accesso per il download a pagamento di dati audio e video, di testi, software, giochi e altri tipi di dati”, sarebbero stati sfruttati indebitamente nella piattaforma iTunes. L’inventore delle tecnologie, tale Patrick Racz, nei primi anni del decennio scorso era alla ricerca di acquirenti: si era proposto di cedere uno dei titoli per la modesta cifra di 200mila dollari. Fra le aziende contattate nel tentativo di commercializzare le proprie idee c’era anche Gemplus (ora Gemalto): nell’uditorio, spiegava SmartFlash nella denuncia, figurava anche un individuo che poi sarebbe stato assunto da Apple, portando in dote quanto decritto da Racz.

Apple non aveva avuto successo nel tentativo di dimostrare alla corte texana che i titoli impugnati da SmartFlash fossero effettivamente generici, e per questo motivo andassero invalidati: in precedenza i legali della Mela avevano valutato in soli 4,5 milioni il valore dei brevetti di SmartFlash, avevano rifiutato di acquisirne le licenze dai costi “eccessivi e insostenibili” e avevano scelto di battersi in tribunale per difendere “le idee che i nostri dipendenti hanno sviluppato per anni”.

Il confronto legale è culminato con il parere di una giuria arringata da un ex-giudice dello stesso foro dell’East Texas, convertitosi alla carriera di avvocato a supporto di SmartFlash: Apple è stata ritenuta colpevole e consapevole dell’abuso dei brevetti SmartFlash. L’azienda aveva chiesto danni per 852 milioni di dollari, il tribunale texano ha stabilito che Cupertino debba corrispondere 532,9 milioni di dollari.

“SmartFlash non crea prodotti, non ha dipendenti, non offre posti di lavoro” ha commentato Apple, promettendo di ricorrere in appello. I brevetti rivendicati, a parere di SmartFlash, avrebbero “rivoluzionato la distribuzione, la gestione e l’uso dei media digitali” e sarebbero “diventati la base di standard globali per l’industria”: anche Google , Amazon , Samsung e HTC sono state chiamate in causa per difendere i propri servizi, fondati su “sistemi di storage e di accesso per il download a pagamento di dati audio e video, di testi, software, giochi e altri tipi di dati”, al pari della miriade di marketplace sbocciati con l’evolvere della Rete.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
25 feb 2015
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