Apple Watch, l'ora è vicina

Apple Watch, l'ora è vicina

di D. Galimberti - Il lancio è ormai prossimo e le aspettative si fanno sempre più pressanti. Tra autonomia limitata e ecosistema chiuso, moda e dipendenza dall'iPhone, le strategie della Mela per creare un mercato per il gadget indossabile
di D. Galimberti - Il lancio è ormai prossimo e le aspettative si fanno sempre più pressanti. Tra autonomia limitata e ecosistema chiuso, moda e dipendenza dall'iPhone, le strategie della Mela per creare un mercato per il gadget indossabile

Facciamo una piccola premessa: se l’iPhone 6 è stato un vero e proprio successo di vendite (largamente preannunciato, anche se non in termini così ampi) l’iPad sembra soffrire un po’, e l’iPod è ormai sulla via del tramonto, perlomeno nell’offerta e nella configurazione odierna. Per l’iPad si vocifera ormai da tempo di un nuovo modello Pro, di dimensioni maggiorate, che potrebbe rinvigorire il mercato, ma per l’iPod sembra difficile, se non impossibile, trovare una via d’uscita. Dopotutto Jobs, in base a quanto raccontato anche dalla biografia di Isaacson, volle iniziare lo sviluppo dell’iPhone proprio pensando a questa evenienza: “il telefono cellulare può farci fuori. Quando i produttori cominceranno a produrre cellulari con riproduttore musicale integrato, l’iPod potrebbe diventare superfluo: tutti hanno un telefono in tasca”.

Preso atto che quelle parole si sono avverate (e volendo si è già andati anche oltre, con i servizi che offrono musica in streaming), nonostante il successo di vendite e di fatturato dell’iPhone, Apple non può permettersi di adagiarsi sugli allori e deve necessariamente trovare altre vie, nuovi prodotti per i propri utenti, nuove idee che possano contribuire sia alla crescita dell’azienda in sé, sia a mantenere elevato l’interesse intorno all’iPhone e a iOS: un eventuale calo di consensi del melafonino (che, ricordiamo, totalizza oltre il 50 per cento del fatturato di Apple) causerebbe grossi scossoni alla società di Cupertino.

Apple Watch dovrebbe rispondere almeno in parte a questa esigenza, oltre che a cavalcare (e idealmente “guidare”) l’imminente avanzata dei dispositivi indossabili, ma ci sono ancora molte domande a cui rispondere.
Partiamo da lontano, analizzando questo segmento di mercato nella sua globalità: nonostante l’abbondanza di modelli già presentati e disponibili, il successo degli smartwatch è ancora ben lontano dal definirsi tale; in molti scommettono che questo sarà l’anno del boom ma personalmente credo che l’impennata di vendite vera e propria arriverà solo a fine anno, in occasione del trimestre natalizio, se non addirittura nel 2016. Questo non significa che Apple Watch venderà male, ma che probabilmente dovremo aspettare ancora un po’ prima di vedere certi numeri. In secondo luogo, Apple Watch soffrirà di alcuni limiti, che andremo a sviscerare in seguito, e che potrebbero indurre molti dei potenziali utenti ad attendere il modello successivo. Infine, per quanto possa vendere, a meno di un improbabile successo dei modelli in oro, non potrà assorbire una percentuale molto elevata del fatturato di Apple, quindi attenuerà solo in piccola parte la “dipendenza” di Apple dall’iPhone (anche se potrebbe contribuire a mantenere elevato il livello delle vendite).

Premesso questo, analizziamo prima di tutto i potenziali difetti dell’Apple Watch, per passare poi ai pregi e cercare così di capire quale potrebbe essere la strategia di Apple per conquistare questo mercato.

Il difetto più grosso, che affligge un po’ tutti gli smartwatch più evoluti, ma che per l’Apple Watch sembrerebbe essere un po’ più critico, è l’autonomia. Nel corso della presentazione ufficiale , ma anche in seguito a dichiarazioni successive, è emerso che il dispositivo andrà ricaricato ogni notte, il che significa che l’autonomia è pari a quella di una sola giornata. Fortunatamente Apple fornirà ai propri utenti un caricatore a contatto, ma questo significa due cose: la prima è che non potrà essere utilizzato per monitorare l’attività notturna e i periodi di sonno/veglia (funzione che poteva essere utile nell’insieme degli aspetti legati al controllo del proprio stato di salute, anche se non tutti sono soliti dormire con l’orologio al polso). La seconda, ben più importante, è che bisogna capire a quante ore effettive corrisponde questa “giornata” di autonomia: sarebbe imbarazzante se non durasse neanche il tempo per superare una cena al ristorante con amici, ma questo lo scopriremo solo tra un paio di mesi… Apple sta lavorando pesantemente su questo punto, il che potrebbe anche spiegare il ritardo rispetto alla presunta data attesa inizialmente per il lancio: si parlava di febbraio (seppur per vie non ufficiali) ma a seguito della trimestrale è stato ufficializzato aprile come mese per la commercializzazione, il che significa che non ci saranno numeri e fatturato per lo smartwatch della Mela neanche in questo trimestre fiscale.

Il motivo di questa scarsa autonomia è presto spiegato: l’orologio è un oggetto piccolo e la batteria non può essere enorme: al crescere del numero di funzioni assegnate al dispositivo crescono anche le richieste di energia, e l’autonomia cala. Si possono studiare stratagemmi, come la corona che interagisce con l’interfaccia senza scomodare lo schermo touch o il display che si accende solo quando necessario ma, più cresce il livello di interattività, più ci saranno problemi sotto questo punto di vista. E l’interattività dell’Apple Watch si preannuncia come molto elevata. C’è da sperare che il modello più grosso possa vantare qualche ora in più di autonomia, e che in questi mesi Apple sia riuscita a trovare il modo di rendere meno problematico questo aspetto. La soluzione definitiva potrebbe però arrivare solo più in là, sui prossimi modelli: Apple ha al suo attivo dei brevetti per integrare dei pannelli fotovoltaici nello schermo touch, soluzione poco efficace per uno smartphone nascosto in tasca o coperto da una custodia, ma che potrebbe essere interessante per un orologio sempre esposto alla luce.

Il secondo difetto, tutto sommato un difetto minore, è la mancanza del GPS. Certo, aggiungere un GPS avrebbe significato sacrificare ulteriormente la durata della batteria, anche attivandolo solo quando necessario, ma se pensavate di lasciare a casa l’iPhone, affidandovi solo ad Apple Watch durante le vostre corse a piedi, dovrete ripensarci, a meno di non accontentarvi del solo conteggio dei passi. Di per sé non è un grosso difetto, ma considerando che una linea dello smartwatch di Cupertino (quella con cassa in alluminio e cinturino in fluoroelastomero) è specificatamente dedicata all’attività sportiva , si tratta di un limite che sarebbe bello riuscire ad eliminare nelle prossime versioni.

Arriviamo infine al difetto più discutibile, perché sotto certi aspetti si tratta di un difetto, ma in realtà può portare a diversi vantaggi: Apple Watch funzionerà solo abbinato ad un iPhone. Non è dato sapere con precisione cosa potrà fare senza un iPhone, ma non interagirà con i telefoni Android, né tantomeno con Windows Phone e le versioni successive del sistema operativo mobile di Microsoft. Dall’ esame dell’applicazione che permetterà di gestirlo tramite iPhone, pare che nella memoria interna si potranno conservare un certo numero di foto e di brani musicali (oltre, ovviamente, alle app specifiche) il che dovrebbe conferire allo smartwatch di Apple un certo grado di autonomia. Resta il fatto che la configurazione deve passare necessariamente da un melafonino, il che significa partire da una base di utenti sicuramente più limitata rispetto all’universo Android, ovvero da un numero minore di potenziali clienti: difficile immaginare che qualcuno compri un iPhone solo per portare un Apple Watch al polso.

Dove sta quindi il vantaggio di questa scelta? In questo modo Apple potrà fare quello che gli riesce meglio: integrare i propri prodotti e servizi in un modo unico, se vogliamo limitato, ma sicuramente più completo di qualsiasi altro produttore. Apple lavora con un unico sistema (incentivando, sia gli utenti che gli sviluppatori ad adottare le ultime release) ed un’unica serie di prodotti; non ammette varianti nelle principali applicazioni e funzionalità di sistema, ed esige regole ben precise e severe per validare le app degli sviluppatori. Grazie a queste regole, pur limitando in parte la libertà di azione (dei già citati utenti e sviluppatori) può permettersi di integrare tra di loro in modo più profondo i propri dispositivi, concentrando gli sforzi di sviluppo in direzioni ben precise e delineate, ottimizzando al meglio ogni processo, e sfruttando sempre le possibilità offerte delle ultime migliorie introdotte, visto che non deve considerare troppe varianti o alternative. Non voglio dire che sia la strada migliore, né che sia perfetta, e nemmeno che sia necessariamente più semplice: è una scelta strategica sul proprio modo di lavorare, se vogliamo anche di immagine, una scelta che genera aspettative elevate (difficili da soddisfare sempre al cento per cento) ma che, quando ben attuata, può portare ad ottimi risultati , come dimostrato dalla recente trimestrale.

Ma torniamo all’Apple Watch: Apple ha rilasciato, circa tre mesi fa , le librerie di sviluppo per le applicazioni del proprio smartwatch. Con tutta probabilità assisteremo al proliferare sia di applicazioni “indipendenti” (con tutti i dubbi del caso sull’autonomia, nel caso sia necessario interagire pesantemente con l’orologio) che “sussidiarie” di altre app installate sul telefono, un po’ come se Apple Watch si comportasse da schermo secondario. In ogni caso, la forte integrazione con altre app presenti sul telefono e la presumibile disponibilità di numerose app costituiranno il principale pregio dell’Apple Watch, insieme alla sua propensione per il monitoraggio dell’ attività fisica e della salute dell’utente (funzionalità fortemente limitata rispetto all’idea iniziale di Apple, sia per questioni di privacy, che per problemi tecnologici e di autonomia). Oltre a questo, Apple Watch si presenta con un’interfaccia utente che, al di là del gusto personale, e al di là di verificarne usabilità ed efficacia non appena Apple Watch sarà disponibile, è indubbiamente qualcosa di nuovo e originale nell’affollato mondo degli smartwatch.

Già, perché nonostante gran parte dell’attenzione sia rivolta (a torto o a ragione) verso Apple, sul mercato sono già disponibili molti modelli, e molti altri stanno arrivando proprio in questi mesi. Alcuni si proclamano come anti-Apple Watch , assegnando al prodotto della Mela un primato ancora tutto da conquistare; altri “snobbano” esplicitamente l’entrata di Apple in questo settore, dimenticandosi della sorte di chi fece lo stesso pronostico quando Apple presentò l’iPhone. Altri ancora stanno in silenzio cercando semplicemente di promuovere in tutti i modi possibili i prodotti che già hanno.

Sony, Samsung e altri ancora sono attivi con alcuni modelli già da qualche anno, anche se è stato proprio il CES del 2015 a presentare al pubblico i dispositivi più svariati di ogni marca. Inutile dire che molti di questi ruotano intorno ad Android Wear , e che anche il sistema pensato da Google per gli smartwatch si interfaccia al momento solo con Android (anche se l’intenzione di Mountain View è quella di fornire possibilità di interfacciamento con iOS). Ovviamente, nonostante questa similitudine, la situazione è ben diversa da quella del mondo iOS: da un lato abbiamo solo Apple, con alcuni modelli di iPhone, e un solo modello di smartwatch, mentre dall’altro abbiamo un’infinità di telefoni di ogni marca e prezzo, con un’infinità di orologi; da un lato una scelta quasi obbligata, dall’altro la massima libertà di combinazioni. Per questo motivo Apple deve riuscire a realizzare qualcosa che si distingua dalla media offrendo un livello di integrazione impensabile per la frammentata concorrenza.

Alla luce di tutto ciò, quale potrà essere la strategia di Apple per far breccia un mercato ancora tutto da esplorare? Sotto certi punti di vista potrebbe anche non esserci grande strategia: tolti alcuni smartwatch “universali” (come il Pebble ) apprezzati ma con interattività limitata, chi ha un iPhone e vuole uno smartwatch dovrà necessariamente rivolgersi ad Apple Watch, e chi ha un telefono Android non potrà associarlo all’orologio di Apple, a meno di non voler cambiare telefono, decisione non impossibile ma comunque improbabile per chi ha investito molti soldi in applicazioni. C’è però una grandissima fetta di utenti che in applicazioni ha speso poco o nulla, e che non si fa problemi a cambiare telefono ogni anno, anche cambiando sistema; non è un mistero che, nonostante le quote di mercato vedano Android saldamente al comando, il fatturato delle app viaggi su binari opposti, con alcuni casi veramente emblematici .

Quello delle app e della loro integrazione col telefono dovrà quindi essere il punto di forza tecnico/funzionale per spingere le vendite dell’Apple Watch: dopotutto il potenziale è elevato (come riconosciuto anche da Wozniack) e la stessa Apple punta molto sugli sviluppatori per ottenere il meglio sotto questo aspetto. Ma basterà tutto ciò a convincere gli utenti? Un dispositivo indossabile è qualcosa di molto personale: il flop dei Google Glass e il boom degli smartwatch che tarda ad arrivare, dovrebbero insegnare che non basta fare un prodotto tecnicamente valido (con tutti i dubbi del caso su quanto visto finora) per avere un prodotto vincente. Se devo “indossare” qualcosa devo sentirmi a mio agio perché devo a tenermelo addosso per tutto il giorno.

Ecco quindi che Apple si trova ad affrontare una problematica diversa dal solito: abituata a realizzare un numero molto limitato di varianti dei propri prodotti, Apple Watch arriverà in tre modelli e materiali differenti, ognuno con due dimensioni e due varianti cromatiche, e un numero abbondante di cinturini pensati per adattarsi a diversi stili e gusti degli utenti. Mai come in questo caso Apple punterà quindi al fattore estetico e modaiolo del nuovo prodotto, come testimoniato anche dalla presentazione parigina tenutasi lo scorso anno presso Colette, o la voce che vuole il modello in oro in arrivo anche presso le gallerie Lafayette , per non parlare della campagna pubblicitaria da 12 pagine su Vogue USA .

In ogni caso Apple non sembra essere l’unica ad aver intuito l’importanza di questo aspetto: dopo una prima generazione di orologi esteticamente discutibili, anche nel mondo Android si è fatta strada l’idea che un orologio, per quanto smart, dovesse rispondere anche altri canoni più classici per la tipologia dell’oggetto considerato. In particolare il Moto 360 e l’ LG Watch Urban richiamano l’aspetto di orologi classici, anche nella forma, scelta che Apple ha preferito evitare probabilmente per dare maggiori possibilità interattive al proprio dispositivo: un display circolare deve necessariamente andare incontro a determinati compromessi di interfaccia, e rappresenta una variante in più per chi deve sviluppare le app.

Non si sa se l’ evento del 9 marzo sarà in qualche modo legato all’Apple Watch, né se lo smartwatch della Mela sarà disponibile da subito in tutto il mondo, ma il momento del lancio del nuovo gadget di Apple è ormai vicino e presto avremo la possibilità di testarlo personalmente.

Domenico Galimberti
blog puce72

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Pubblicato il 2 mar 2015
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