Spotify, tutto per tutti

Spotify, tutto per tutti

Contenuti di ogni tipo riversati sull'utente e tarati sulle sue preferenze: l'intrattenimento, per Spotify, non è più una libera scelta, ma un'abitudine. Nella speranza di conquistare la fiducia delle major
Contenuti di ogni tipo riversati sull'utente e tarati sulle sue preferenze: l'intrattenimento, per Spotify, non è più una libera scelta, ma un'abitudine. Nella speranza di conquistare la fiducia delle major

La musica in streaming resta il nucleo dell’offerta principale, ma attorno alla musica orbiteranno una serie di contenuti di intrattenimento capaci di aumentare la permanenza degli utenti e di riempire ogni momento della loro giornata: nessuna delle nuove proposte di Spotify coinvolge direttamente le major, tutte potrebbero concorrere ad ammorbidire le loro posizioni ancora sospettose.

Il fiorente mercato dello streaming musicale, oltre a vivere una stagione di rigogliosa fioritura , si sta affollando di concorrenti: la rapida crescita dei virgulti come Tidal, servizi capaci di offrire contenuti esclusivi, e le profonde radici che stanno tentando di sviluppare colossi come Apple e Google dimostrano che il terreno è fertile. Per le piattaforme più ambiziose è giunto il momento di differenziarsi, di consolidare la propria offerta per tentare di spiccare, o di inseguire le proposte altrui per non fari trovare impreparati. Spotify, come anticipato dalle indiscrezioni dei giorni scorsi, ha giocato le proprie carte: la nuova offerta guarda alle platee generaliste proponendo esperienze di fruizione che sappiano accompagnare l’utente con un flusso di contenuti da consumare in ogni momento della giornata, e con la generalizzazione della propria offerta auspica di intrattenerle con ogni mezzo.

A partire dalla pagina principale, che verrà rilasciata in prima battuta per utenti iPhone negli USA, nel Regno Unito, in Germania e in Svezia, Spotify solleverà l’utente dall’incombenza della scelta del genere musicale e proporrà playlist tarate sul momento della giornata e sulle abitudini , nonché sulle preferenze emerse dall’analisi dei dati relativi agli ascolti dell’individuo: la piattaforma non ha chiaramente interesse a proporre la musica come un’opera da selezionare e da fruire nei tempi necessariamente limitati dell’ascolto raccolto, per godere di ogni stilla di emozione che trasudi, ma la imbocca agli utenti come servizio che faccia da complemento alle emozioni e alle attività quotidiane, così da moltiplicare i tempi e le occasioni di fruizione.

È esempio di questa complementarità la funzione Running, a disposizione da subito per utenti iPhone di tutto il mondo e presto condivisa con le app di Nike e RunKeeper: approfittando della pletora di sensori di cui l’umano sportivo si accessoria per mezzo dei propri dispositivi mobile, rilevando parametri come il battito cardiaco e l’intensità dell’allenamento, Spotify vuole proporre playlist e brani (anche in un misterioso formato flessibile e adattabile) capaci di assecondare il ritmo del corridore, musica che l’utente ha già mostrato di apprezzare o musica composta ad hoc da artisti partner per spingere il fruitore sempre un passo più oltre.

Le intenzioni di Spotify trapelano con chiarezza anche dalla proposta di contenuti accessori , che somiglia in tutto e per tutto a quella annunciata solo poche ore fa da Deezer: per competere con l’ intrattenimento distratto fatto di musica e video a cui ha abituato YouTube, la piattaforma di streaming ha siglato accordi con con produttori di contenuti come editori e emittenti televisive, che metteranno a disposizione clip video e estratti di trasmissioni, podcast e notizie, materiale che l’utente non sarà costretto a cercare altrove.

Un ammiccamento agli appassionati di musica con prodotti di nicchia e contenuti originali creati ad hoc, un rassicurante ed accogliente lido per gli utenti abituati alla fruizione casuale: Spotify tenta di assecondare gli uni e gli altri, ma i soggetti da convincere restano le etichette.
È il favore delle etichette la condizione indispensabile per il modello di business delle piattaforme di streaming: come dimostra un vecchio contratto stipulato tra Sony e Spotify e emerso in Rete solo ieri, sono state finora le etichette a dettare le regole. Regole che prevedono un rapido abbandono dell’offerta gratuita e supportata dall’advertising, a favore di abbonamenti e entrate sicure. D’altra parte, il potere negoziale delle etichette si equilibra con l’ineluttabilità dei sommovimenti del mercato, che le costringono ad affidare alle nuove piattaforme di streaming contenuti sempre meno spendibili sul mercato tradizionale. Se certa parte delle piattaforme, Apple in primis, cerca di conquistare i favori delle major giocando la propria proposta su offerte in abbonamento che gli utenti non sapranno rifiutare , è altresì vero che le etichette sembrano iniziare a cogliere come i modelli misti proposti da Spotify possano garantire cospicui guadagni. Soprattutto se i nuovi contenuti si tradurranno in nuovi spazi per l’advertising , soprattutto se l’intrattenimento a sfondo musicale sarà declinato in modo da integrarsi appieno nel quotidiano, tanto da diventare un sottofondo per cui valga la pena di pagare.

Gaia Bottà

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Pubblicato il 21 mag 2015
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