Jobs Act, come si sorveglia il lavoratore

Jobs Act, come si sorveglia il lavoratore

Nei nuovi decreti attuativi, via libera ad alcune misure di tecnocontrollo senza che vi sia bisogno dell'approvazione in sede di contrattazione collettiva
Nei nuovi decreti attuativi, via libera ad alcune misure di tecnocontrollo senza che vi sia bisogno dell'approvazione in sede di contrattazione collettiva

UPDATE: Il Ministero del Lavoro è intervenuto per contenere le apprensioni.

Roma – Il Consiglio dei Ministri dello scorso 11 giugno ha adottato sei decreti attuativi della riforma del lavoro Jobs Act, tra cui quello che mette mano alla questione della disciplina del tecnocontrollo esercitato sui lavoratori.

In questo modo si va a modificare l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori che prescrive la necessità che eventuali misure di monitoraggio dei dipendenti siano previste nel contratto collettivo stipulato con il sindacato con il datore di lavoro: “Accordo sindacale o autorizzazione ministeriale – si legge ora in esso – non sono necessari per l’assegnazione ai lavoratori degli strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa, pur se dagli stessi derivi anche la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore”.

Il decreto opera in attuazione del Jobs Act e delinea la nuova disciplina in materia di dispositivi tecnologici messi a disposizione dei dipendenti dall’azienda e gli strumenti per misurare accessi e presenze con badge. Negli altri casi invece, come per esempio per gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, servono ancora l’accordo sindacale o l’autorizzazione da parte del ministero del Lavoro.

I dati, si legge inoltre, possono essere “utilizzati ad ogni fine connesso al rapporto di lavoro, purché sia data al lavoratore adeguata informazione circa le modalità d’uso degli strumenti e l’effettuazione dei controlli, sempre, comunque, nel rispetto del Codice privacy”.

Le nuove disposizioni previste dal Jobs Act sembrano entrare in scia della tendenza giurisprudenziale recentemente adottata dalla Cassazione che ha aperto alla possibilità di controllo (ed eventuali licenziamenti) per l’utilizzo dei social network sul posto di lavoro.

In ogni caso i sindacati, ed in particolare Cgil, si sono fatti sentire ed hanno gridato al “colpo di mano”. Per la segretaria nazionale Serena Sorrentino l’iniziativa “pone un punto di arretramento pesante” rispetto allo Statuto dei Lavoratori ed ha promesso quindi battaglia sia politicamente che attraverso il ricorso al Garante della Privacy.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
18 giu 2015
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