Microsoft, Apple, Google: piattaforme e strategie

Microsoft, Apple, Google: piattaforme e strategie

di D. Galimberti - C'è chi punta alle soluzioni universali come Redmond e Mountain View, c'è chi come Apple continua a credere nei compartimenti stagni legati dal cloud: obiettivi e tattiche per un mercato dei dispositivi sempre più vario
di D. Galimberti - C'è chi punta alle soluzioni universali come Redmond e Mountain View, c'è chi come Apple continua a credere nei compartimenti stagni legati dal cloud: obiettivi e tattiche per un mercato dei dispositivi sempre più vario

Qualche anno fa parlavamo dell’evoluzione dei sistemi operativi in relazione all’evoluzione delle interfacce, in particolare alla convergenza (o divergenza) , tra il computer classico e i dispositivi mobili. Il passaggio evolutivo è per certi versi obbligato, legato al fatto che il mondo dell’informatica si è arricchito di nuovi dispositivi: ai computer tradizionali si sono affiancati smartphone e tablet, con nuove funzioni ma schermi necessariamente più piccoli, da tenere letteralmente in mano, che hanno richiesto nuove modalità di interazione. Anche il recente avvento degli smartwatch (in realtà non ancora consacrato da un vero e proprio successo su larga scala) o più in generale dei cosiddetti “indossabili”, ha richiesto ulteriori evoluzioni, ma di questo accenneremo solo più avanti.

Tornando al successo di smartphone e tablet, Microsoft qualche anno fa prese coscienza (grazie al nuovo CEO Nadella) del fatto che la società era passata da una posizione dominante nel mondo dei Personal Computer, ad una posizione di assoluta minoranza quando, nella “famiglia allargata” dell’informatica, si includevano anche smartphone e tablet. Qualche tempo dopo Nadella fece trasparire quella che sarebbe stata la futura (attualmente già in parte attuata) strategia di Microsoft, una strategia che sarebbe passata dall’offerta di servizi cloud accessibili da tutti i sistemi. Dopotutto il cavallo di battaglia di Redmond, prima ancora di Windows, è la suite Office: per mantenere un certo predominio era naturale puntare ad offrire Office su tutti i sistemi abbinandolo ai propri servizi cloud, così da stabilire un certo legame con Microsoft proprio dove Redmond è più debole, cioè su smartphone e tablet. Si tratta di una posizione e una strategia sicuramente condivisibile, anche se a mio avviso non copre la totalità dei possibili utilizzi di questi nuovi strumenti, anzi: pensando all’utilizzo consumistico dei telefoni cellulari, credo che le persone che confidano in un utilizzo “serio” di Office sullo schermo di uno smartphone siano davvero una percentuale molto ridotta.

Su questo aspetto però entrano in gioco Windows 10 e Continuum. Diverso il caso dei tablet, ed infatti è proprio lì che Microsoft sta riguadagnando un po’ di mercato, grazie anche alla scelta di molti produttori di realizzare dispositivi “convertibili”, che possono fare tanto da tablet quanto da notebook, scelta che personalmente non trovo molto attraente ma che per alcuni unisce l’aspetto lavorativo/professionale a quello più ricreativo: anche in questo settore il punto di forza è legato al nuovo sistema operativo di Microsoft e alle sue capacità di adattabilità dell’interfaccia grazie al già citato Continuum .

Riallacciandoci più direttamente a quanto detto qualche anno fa, con Windows 10 Redmond ha realizzato un unico sistema per tutti i dispositivi: con questa scelta non solo l’esperienza d’uso è necessariamente identica e ripetuta su ogni dispositivo utilizzato quotidianamente, ma si ha a che fare proprio col medesimo sistema e in molti casi con le stesse applicazioni. Anche gli smartphone, che per ovvi motivi richiedono qualche distinzione in più (e sono oggetto di una variante specifica del sistema) possono contare su Continuum per offrire delle funzionalità desktop (seppur limitate) quando collegati a monitor e tastiera. In definitiva Continuum potrebbe essere il punto di forza di Microsoft, consentendo a Windows 10 di adattare la propria interfaccia per offrire di volta in volta il giusto livello di interazione: certo questo comporta del lavoro in più dal punto di vista dello sviluppo del software, perlomeno per chi desidera realizzare applicazioni “universali”, ma la situazione non è dissimile da quando i sistemi sono già diversi in partenza.

Parlando di portatili convertibili, o di tablet che si possono trasformare in notebook semplicemente collegandoci una tastiera, il vantaggio per l’utente è evidente, perlomeno per certe tipologie di utente: considerando che il mercato dei tablet sembra rallentare, puntare su quei dispositivi che non sono tablet puri potrebbe essere una mossa interessante.

Resta sempre un po’ meno evidente il vantaggio di questa strategia se parliamo di telefoni: anche ipotizzando che i limiti tecnici possano sparire (o diventare sempre meno importanti) col passare degli anni, il telefono è visto ancora come un accessorio, e la fascia degli utenti a cui sono destinati gli smartphone non è la stessa che si destreggia ad utilizzare Office su computer e tablet… Senza considerare che queste funzionalità saranno disponibili solo sui modelli più prestanti, e presumibilmente più costosi. Considerando poi che una delle pecche di Windows Mobile è proprio la sua cronica carenza di software, non sorprende quindi che Microsoft abbia investito tempo e risorse per consentire alle applicazioni Android di girare anche su Windows Mobile, e nel contempo abbia offerto agli sviluppatori iOS tutti gli strumenti per convertire le app iOS in app per Windows; resta da chiedersi se questa scelta porterà veramente benefici o si ritorcerà contro Redmond: perché mai uno sviluppatore dovrebbe realizzare un’app per Windows Mobile se può realizzarla per Android “sperando” nella compatibilità offerta da Microsoft, o per iOS puntando a maggiori possibilità di guadagno? I precedenti non sono favorevoli a questa soluzione, ma è la prima volta che viene applicata agli smartphone, e siccome rappresenta solo un punto della strategia di Microsoft, solo tra qualche anno ne vedremo i risultati. Per quanto riguarda Apple, la strategia dichiarata di Cupertino in merito all’evoluzione dei propri sistemi operativi è sempre stata quella di mantenere ben distinti i diversi mondi (sistemi diversi su dispositivi diversi) rendendo però omogenea l’esperienza d’uso grazie a paradigmi simili nelle interfacce, e assicurando la migliore integrazione possibile tra il vario hardware. Con iOS8 e Yosemite questa idea si è concretizzata in pieno (basti pensare a Continuity ) e con l’arrivo di iOS9 sarà finalmente più immediato anche l’accesso all’ iCloud Drive , nota da sempre dolente per gli utenti Apple, vista anche la mancanza di un file manager in iOS.

Con Apple Watch l’integrazione tra i vari componenti dell’ecosistema Apple è diventata ancora più spinta, ma tutto è sempre rimasto ben distinto: anche Apple Watch ha un suo Watch OS, e la futura revisione della Apple TV dovrebbe avere un’ulteriore versione personalizzata di iOS, anche se non è ancora chiaro il modo in cui gireranno le eventuali app e come saranno controllate (potrebbe anche ridursi ad un ampliamento delle possibilità di streaming, mirroring e dual-screen, già offerte da Airplay ). Ovviamente nel caso di Apple Watch le modalità di interazione hanno subìto ulteriori evoluzioni: visto il ridottissimo spazio a disposizione sul display, la casa della mela ha deciso di sfruttare un elemento “classico” degli orologi, la corona, per offrire una possibilità in più di controllo, ed ha introdotto il cosiddetto Force Touch per consentire un ulteriore livello di interazione con lo schermo.

Ma se il primo di questi elementi è necessariamente specifico dell’orologio, Force Touch è già stato integrato nei nuovi portatili ed è atteso anche sugli imminenti nuovi modelli di iPhone, segno che Apple vuole comunque offrire una certa continuità di utilizzo su tutti i propri prodotti.

Anche per Apple, come abbiamo già visto per Microsoft, parte della strategia di sviluppo passa necessariamente per il cloud: la casa della mela ha investito molte risorse in diversi datacenter, anche in Europa , anche con un occhio di riguardo all’utilizzo di energie rinnovabili; al di là di questi aspetti, e guardando più specificatamente al cloud, Apple consente di spostare le proprie librerie musicali e fotografiche in iCloud, così da risparmiare spazio su disco e ottimizzare la gestione condivisa di questi dati su tutti i propri dispositivi. Più tormentata la strada di iCloud Drive, la cui iniziale concezione App-centrica concedeva poca libertà di azione, anche se adesso le cose sono cambiate. Nonostante l’apparente similitudine nell’utilizzo del cloud, si evidenzia anche qui la differente impostazione tra Microsoft ed Apple: mentre Microsoft porta il suo cloud su tutte le piattaforme perché basa il suo business principalmente sulla vendita di software e servizi (vedi Office 365), Apple utilizza il cloud come “collante” per i propri dispositivi. Siccome il mondo dell’informatica non si divide in compartimenti stagni, ci sono poi degli sconfinamenti in entrambi i versi: Microsoft da un po’ di tempo a questa parte produce anche hardware (tablet Surface e smartphone Lumia derivati dall’acquisizione di Nokia) ed Apple utilizza il cloud anche per vendere servizi aggiuntivi, come Apple Music che a breve sarà disponibile anche per Android. Se l’approccio di Microsoft ed Apple è completamente differente, anche Google ha una sua via riguardo l’evoluzione dei propri sistemi. Google parte ovviamente dai servizi, prima di tutto la ricerca sul web, ma anche Gmail, le mappe (basti ricordare le proteste di quando Apple decise di rimuovere l’App di Google per utilizzare le proprie mappe), i social network (sebbene Google Plus abbia un successo controverso), YouTube, Picasa, Drive, Translator ecc: se state cercando un servizio web, state tranquilli che Google ve lo può offrire, e se volete un accesso continuo a questi servizi, quale migliore strumento di uno smartphone Android?

Al di là delle questioni legate alla sicurezza (sicuramente questo non è un periodo favorevole ad Android), quella di entrare nel mercato degli smartphone con un sistema operativo “universale” è stata probabilmente una delle mosse migliori di tutta la storia di Google, una mossa paragonabile a quella che portò Microsoft a conquistare il mondo dei Personal Computer trent’anni fa. Mountain View dimostra inoltre di essere più lungimirante di Redmond visto che, partendo dai servizi, ha da subito puntato sull’accesso in mobilità di questi servizi, prendendo spunto in parte da Apple e in parte da Microsoft per mettere a punto la propria strategia: anche Google, così come Microsoft, ha scelto di conquistare il mercato esportando i propri servizi sul maggior numero di dispositivi e di sistemi possibili. Come ultimo esempio possiamo citare il supporto offerto da Android Wear (il sistema operativo degli smartwatch Android) verso iOS, esattamente il contrario di quello che ha fatto Apple con il suo Watch.

Se l’evoluzione di Android segue però dei binari grossomodo prevedibili, meno chiara è la situazione di Google sul fronte dei computer: i Chromebook utilizzano Chrome OS , un sistema diverso da Android: sebbene ne condivida il kernel Linux, Chrome OS è nato inizialmente per lavorare online tramite applicazioni web, ma la sua evoluzione è andata verso applicazioni in grado di lavorare anche offline, mentre più recentemente si è aggiunta la capacità di far girare su questo sistema anche applicazioni Android (e non solo su Chrome OS , ma anche nel browser Chrome ). Google sembra quindi voler seguire la strada di dare sempre più risalto alla sua arma migliore, cioè Android, e non è detto che questa strada non porti ad un convergenza dei due sistemi simile a quanto messo in atto da Microsoft con Windows 10. In tutta questa analisi abbiamo volutamente tralasciato uno sviluppo comune di tutte e tre le società nell’interazione uomo-macchina, i cosiddetti “assistenti personali”: Siri, Cortana, e Google Now . Lo sviluppo di questa modalità d’interazione nasce da varie esigenze, ma ha subito un’impennata anche per via della progressiva diffusione dei dispositivi indossabili: non ci sono molte vie per interagire con un paio di occhiali intelligenti, e anche per un orologio può essere una comoda scorciatoia che evita di mettere le mani su un piccolo schermo. Ma mentre Apple non ha alcuna intenzione di portare Siri su altri sistemi (e, per il momento, nemmeno su Mac), Microsoft porta Cortana su Android (anche sostituendo Google Now) e iOS , dopo averne fatto uno dei punti di forza di Windows 10. E anche Google Now è presente su iOS come parte dell’applicazione di ricerca di Google.

Ancora una volta le apparenti similitudini tecnologiche diventano differenze strategiche non di poco conto, con Google e Microsoft che si danno battaglia a distanza nell’offerta di servizi multipiattaforma, mentre Apple percorre imperterrita la strada del proprio ecosistema. Al momento ognuno sembra avere la propria solida fetta di mercato, ma il settore è in rapida evoluzione: chi si ferma rischia di perdere il treno.

Domenico Galimberti
blog puce72

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Pubblicato il 4 set 2015
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