Kinect, l'insuccesso non è farina del sacco di Microsoft

Kinect, l'insuccesso non è farina del sacco di Microsoft

Un ex dipendente di Rare rivela: la colpa del flop di Kinect non è attribuibile esclusivamente a Microsoft. Lo studio voleva fortissimamente conquistare i giocatori, e alla fine ne ha pagato lo scotto l'intera piattaforma Xbox
Un ex dipendente di Rare rivela: la colpa del flop di Kinect non è attribuibile esclusivamente a Microsoft. Lo studio voleva fortissimamente conquistare i giocatori, e alla fine ne ha pagato lo scotto l'intera piattaforma Xbox

Stando a quanto sostiene Gavin Price, ex-designer di Rare e ora sviluppatore indipendente, la decisione di focalizzarsi esclusivamente su Kinect non va ascritta a Microsoft ma al succitato studio di sviluppo britannico. La colpa del flop, almeno in questo caso, non sarebbe insomma di Redmond.

Nato come accessorio per Xbox 360 pensato per trasformare il corpo del giocatore in una sorta di controller vivente, il sensore Kinect è poi diventato parte integrante dell’offerta originaria di Xbox One prima di trasformarsi ancora una volta in un acquisto da compiere in separata sede.

Ben pochi utenti impazzivano e ancora desiderano usare Kinect per giocare, insomma, e secondo le parole di Price i veri entusiasti del sensore non si trovavano a Redmond ma fra il management della software house già nota per aver creato Donkey Kong Country, GoldenEye 007 e Banjo-Kazooie.

Nel 2002 Rare venne acquisita da Microsoft, e a quanto pare la corporation americana era (molto) ben disposta a supportare le decisioni dello studio anche quando si è trattato di spingere Kinect come la nuova frontiera dei videogiochi domestici.

Oggi che Kinect è stato sostanzialmente archiviato nel dimenticatoio degli accessori superflui di cui i giocatori hardcore non sentiranno la mancanza, la “nuova frontiera” Microsoft per i videogiochi e non solo è rappresentata dalla realtà aumentata di HoloLens . La responsabilità dell’eventuale flop, in quest’ultimo caso, sarà ascrivibile esclusivamente a Redmond.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 11 gen 2016
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