USA, gli avvoltoi del copyright pagheranno

USA, gli avvoltoi del copyright pagheranno

Accusati di operare in violazione della privacy e di molestie telefoniche nel proporre accordi per presunte violazioni del copyright, Rightscorp e l'industria che assiste tendono la mano ai presunti pirati. Pur di non essere riconosciuti colpevoli
Accusati di operare in violazione della privacy e di molestie telefoniche nel proporre accordi per presunte violazioni del copyright, Rightscorp e l'industria che assiste tendono la mano ai presunti pirati. Pur di non essere riconosciuti colpevoli

Battono le reti del file sharing alla ricerca di opere condivise illegalmente e di indirizzi IP da rastrellare, affinché siano identificati con l’intestatario della connessione Internet, al quale viene proposto un accordo per chiudere paventate controversie con i detentori dei diritti. Gli intermediari della tutela del diritto d’autore, di cui Rightscorp rappresenta uno dei soggetti più attivi , sono da tempo tenuti sotto osservazione dalla giustizia di mezzo mondo per il loro controverso modus operandi , che prevede l’attribuzione di responsabilità ad un indirizzo IP e non ad un individuo, che prevede una pressione sui presunti pirati che ha il retrogusto dell’estorsione. Proprio le pratiche con cui si è rivolta ai netizen per sollecitare i risarcimenti hanno costretto Rightscorp a risarcire coloro che sono finiti nella sua rete.

Era il 2014 quando diversi utenti californiani si erano rivolti alla giustizia per denunciare Rightscorp e i detentori dei diritti che serve, fra cui Warner e BMG, per l’illiceità delle attività di identificazione degli indirizzi IP, le modalità minacciose e sfiancanti con cui si propongono gli accordi per scongiurare l’apertura di un contenzioso.

Ora, a più di un anno dall’avvio della class action, gli utenti, Rightscorp e i detentori dei diritti le cui opere sono state tracciate sulle reti P2P hanno raggiunto un accordo stragiudiziale che potrebbe archiviare ogni contenzioso, sia quelli in materia di violazione del diritto d’autore, sia quelli relativi agli sconfinamenti operati da Rightscorp. L’industria del copyright, pur non ammettendo alcuna colpevolezza, ha accettato di mettere da parte i sospetti sollevati nei confronti di 2059 netizen con le indagini di Rightscorp, di interrompere i contatti con coloro che non abbiano dato il proprio consenso e di offrire ai soggetti identificati una compensazione per il disturbo : 450mila dollari al netto delle spese legali.

Si tratta di un disturbo condannabile ai sensi del Telephone Consumer Protection Act (TCPA), che protegge i cittadini statunitensi dalle molestie telefoniche , come le chiamate automatiche con voce pre-registrata, i messaggi in segreteria telefonica e le telefonate da parte di operatori umani con cui sono stati tempestati i numeri degli abbonati identificati dagli ISP a partire dagli indirizzi IP segnalati da Rightscorp o i netizen che abbiano contattato Rightscorp a seguito della notifica di violazione a mezzo email. Se la legge fissa i risarcimenti a 500 dollari a favore del danneggiato, triplicabili in caso di condotta grave, Rightscorp e i detentori dei diritti sborseranno 100 dollari a favore di ogni cittadino raggiunto dalle comunicazioni che ne faccia richiesta.

Il cittadino della Rete, inoltre, dovrà dichiararsi non responsabile di alcuna violazione del diritto d’autore : in questo modo le accuse nei suoi confronti verranno deposte. È questo, secondo i detentori dei diritti, l’aspetto più conveniente dell’accordo per i cittadini statunitensi che hanno aderito alla class action: “Rightscorp ha identificato 126.409 presunti atti di violazione, che avrebbero potuto tradursi in risarcimenti tra i 94,8 milioni di dollari e i 19 miliardi di dollari”. Cifre a cui detentori dei diritti e gli intermediari al loro servizio hanno rinunciato, pur di scrollarsi di dosso l’accusa di aver agito illegalmente.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
15 gen 2016
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