Safe Harbor, tempo scaduto (UPDATE)

Safe Harbor, tempo scaduto (UPDATE)

Gli Stati Uniti non hanno ancora offerto all'Unione Europea le necessarie rassicurazioni a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini i cui dati solcano l'Atlantico: i tempi concessi per l'accordo sono scaduti e i garanti europei potrebbero iniziare ad indagare - UPDATE: I nuovi accordi Safe Harbor in una conferenza stampa a Strasburgo
Gli Stati Uniti non hanno ancora offerto all'Unione Europea le necessarie rassicurazioni a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini i cui dati solcano l'Atlantico: i tempi concessi per l'accordo sono scaduti e i garanti europei potrebbero iniziare ad indagare - UPDATE: I nuovi accordi Safe Harbor in una conferenza stampa a Strasburgo

UPDATE (18:00): Il raggiungimento di un’intesa è stato annunciato dalle autorità europee: i principi sono quelli enunciati da Jourová, ma il testo degli accordi deve ancora essere formalizzato. Qui di seguito è possibile rivedere la conferenza stampa tenuta a Strasburgo nelle scorse ore.

UPDATE (16:40): Una conferenza stampa comincerà a breve a Strasburgo: il portavoce della Commissione Europea Christian Wigand ha anticipato che verranno decritti i termini del nuovo accordo Safe Harbor.

Roma – I garanti europei, sui quali pesa ora la responsabilità di indagare sulle pratiche di trasferimento dei dati operate dalle multinazionali e sulle eventuali violazioni commesse Oltreoceano, avevano fissato il termine ultimo per riformulare gli accordi Safe Harbor all’inizio di febbraio: le negoziazioni tra Unione Europea e Stati Uniti si sono dipanate nel corso di questi mesi e lo scadere dell’ultimatum è coinciso con una relazione che annuncia la fumata nera.

La storica decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea relativa al caso irlandese Facebook-Schrems, emessa nel mese di ottobre scorso, ha decretato il decadimento degli accordi che dal 2000 consentivano alle aziende di autocertificare il rispetto della privacy dei cittadini i cui dati fluiscono tra server sulle sponde opposte dell’Atlantico. Poiché il Datagate di fatto vanificato le rassicurazioni offerte dagli States in materia di riservatezza e del rispetto dei diritti fondamentali, le aziende che operano con i dati degli utenti fino a questo momento hanno dovuto aggrapparsi alle Binding Corporate Rules e alle cosiddette Model Contract Clauses. Ma il contesto deve necessariamente evolvere verso un nuovo quadro di riferimento, verso il “Safer Safe Harbor” invocato da più parti.

Le pressioni delle autorità, però, non hanno sortito gli effetti sperati: Vera Jourová, a capo della delegazione europea incaricata di gestire le negoziazioni con gli States, ha riferito che “nei mesi scorsi si è intensamente lavorato con gli Stati Uniti al fine di ottenere i necessari impegni e chiarimenti per mettere in atto un nuovo accordo compatibile con il quadro normativo”. Nonostante tutto, spiega Jourová, “abbiamo bisogno di impegni forti da parte degli Stati Uniti” per raggiungere un accordo.

L’Europa, dal canto suo, non intende transigere: è necessario assicurare “gli standard di protezione dei diritti fondamentali, ma anche assicurare che le imprese possano operare nel quadro della legalità”, e per farlo è necessario raggiungere un accordo “completamente diverso rispetto al vecchio Safe Harbour”. Si deve garantire, spiega Jourová, che l’ accesso ai dati dei cittadini da parte delle autorità pubbliche sia “limitato allo stretto necessario”: nonostante la riforma dell’inteligence operata dall’amministrazione Obama, gli States devono assicurare ufficialmente all’UE che “non sia in atto una sorveglianza di massa indiscriminata” che possa coinvolgere anche i cittadini non statunitensi.

Per quanto riguarda gli aspetti pratici nella soluzione delle controversie , Jourová afferma che le intenzioni dell’Europa sono quelle di fornire ai cittadini europei un punto di riferimento a cui rivolgere i propri dubbi e presso cui verificare i propri sospetti riguardo all’ingerenza da parte delle autorità governative statunitensi che eventualmente operino per la tutela della sicurezza nazionale in maniera sproporzionata rispetto ai diritti fondamentali. Anche per quanto attiene le violazioni perpetrate dalle aziende sarà necessario tracciare un percorso che il cittadino possa imboccare per far valere i propri diritti, passando dai garanti della privacy di riferimento, che si dovrebbero relazionare con la Federal Trade Commission.

A mancare, per il momento, sono gli impegni “formali e vincolanti” da parte degli Stati Uniti . E da questo momento, scaduta la moratoria che coincideva con la scadenza delle negoziazioni, i garanti europei potrebbero avviare le proprie procedure, per indagare sullo stato delle cose: proprio in queste ore, raccolti nell’Article 29 Working Party, stanno discutendo sulla strategia da adottare. Non è ancora dato sapere se prevarrà un approccio rigido o se i garanti sceglieranno di temporeggiare. Certo è che non potranno esimersi dall’accogliere le segnalazioni dei cittadini che, al pari dell’attivista Max Scherms che ha innescato l’onda anomala capace di sgretolare gli accordi Safe Harbor, vi si rivolgeranno per denunciare violazioni da parte di stato e mercato.

Schrems, così come Snowden , nutre poca fiducia nei confronti dei lavori in corso tra UE e USA: i suoi affondi si basano però sulle parole di Jourová, e non su un testo formale. Indiscrezioni raccolte da Reuters suggeriscono però che le prossime ore potrebbero essere determinanti per la concretizzazione di un accordo.

Gaia Bottà

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
2 feb 2016
Link copiato negli appunti