Apple e la coalizione anti-backdoor

Apple e la coalizione anti-backdoor

Cupertino avrà più tempo per far ricorso contro l'ordine di decriptare il melafonino del cecchino di San Bernardino. John McAfee si offre di hackerare il dispositivo incriminato, mentre altri si uniscono al coro di chi sostiene le posizioni della Mela
Cupertino avrà più tempo per far ricorso contro l'ordine di decriptare il melafonino del cecchino di San Bernardino. John McAfee si offre di hackerare il dispositivo incriminato, mentre altri si uniscono al coro di chi sostiene le posizioni della Mela

Apple ha ottenuto più tempo per rispondere all’ ingiunzione con cui le autorità le hanno ordinato di aiutare l’FBI ad accedere ai dati ospitati sull’iPhone 5C del cecchino di San Bernardino, l’uomo che lo scorso dicembre ha sparato sulla folla uccidendo 14 persone.

La richiesta, per quanto possa sembrare lecita da parte delle forze dell’ordine interessate ad eccedere a potenziali informazioni rilevanti circa l’uomo che alcune indagini collegano ad ipotesi di terrorismo interno, ha scatenato le polemiche in quanto nell’ ordinanza si impone ad Apple di disabilitare la funzione di cancellazione automatica dell’account che si attiva dopo 10 tentativi di accesso falliti, di permettere l’introduzione dei tentativi di password a mezzo software piuttosto che forzare una persona a digitarle manualmente una ad una, e di evitare le dilazioni temporali tra i vari tentativi di immissione di password. Il tutto tramite un aggiornamento di firmware forzato.

Tutto questo, secondo diversi osservatori ed operatori del settore, rappresenterebbe un modo indiretto per costringere Cupertino a creare una backdoor nei propri dispositivi accessibile dalle autorità. E anche se stanno già circolando soluzioni per impedire in ogni caso alle autorità di decriptare il dispositivo altrui (in particolare con una password numerica randomica di 11 cifre), la richiesta nei confronti di Apple formalizzerebbe la pratica di richiesta di tale tipo di collaborazione da parte delle autorità, costituita dallo sviluppo di un software ad hoc per superare le specifiche protezioni e misure di sicurezza disposte da Cupertino per proteggere i dati dei propri utenti.

Per questo Apple ha subito riferito di avere tutta l’intenzione di ricorrere in appello contro la richiesta: la scadenza per farlo sarebbe dovuta essere martedì prossimo, ma è stata rinviata a venerdì 26 febbraio per darle più tempo.

D’altra parte proprio per questo il caso si è ingigantito ed accanto ad Apple si sono schierate altre aziende ICT come Twitter e Facebook, con dichiarazioni relative a l’intenzione di “continuare a combattere con veemenza contro la richiesta alle aziende di indebolire gli standard di siscurezza previsti dai propri sistemi”.

Inoltre John McAfee è intervenuto proponendo una soluzione per risolvere la questione alla radice: si è reso disponibile a decriptare lui gratuitamente l’iPhone incriminato, così da non costringere Apple a sviluppare la backdoord aprendo un pericoloso precedente.

In ogni caso il dibattito si è aperto: le forze politiche, impegnare nella campagna presidenziale, si stanno dividendo anche su questa questione e il miliardario Mark Cuban è intervenuto per chiedere una legge che preveda una volta per tutte i casi in cui le autorità possono chiedere alle aziende ICT un hack di questo tipo .

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
19 feb 2016
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