Australia, la pedagogia antipirateria costa troppo

Australia, la pedagogia antipirateria costa troppo

Con il sistema manuale implementato ad oggi, inviare una notifica ad un utente che abusi del P2P costa come un DVD: per questo l'industria del copyright australiana preferisce puntare sulla repressione dei siti pirata
Con il sistema manuale implementato ad oggi, inviare una notifica ad un utente che abusi del P2P costa come un DVD: per questo l'industria del copyright australiana preferisce puntare sulla repressione dei siti pirata

Dall’educazione dei cittadini della Rete alle soluzioni repressive orientate alle piattaforme che garantiscono accesso e visibilità ai contenuti pirata: l’Australia è lo specchio dell’evoluzione delle tattiche adottate per limitare la condivisione di contenuti in violazione del copyright.

L’Australia, evidentemente orientata dal regime antipirateria francese implementato con l’avvento di HADOPI, è stata fra i primi paesi a dibattere dell’introduzione di un sistema di notifiche diramati dai fornitori di connettività nei confronti dei netizen colti a condividere illegalmente. Per anni l’industria dei contenuti ha negoziato senza risultato con gli ISP, e solo nel 2015 gli operatori hanno accettato di uniformarsi a un codice di condotta elaborato sulla base dei successi e degli insuccessi dell’esperienza francese. Come per il modello francese epurato dalle controverse disconnessioni , anche l’Australia ha messo in atto un sistema articolato in tre movimenti, tre moniti corrispondenti alle rilevazioni di violazioni commesse dall’indirizzo IP corrispondente ad un abbonato.

A meno di un anno dalla presentazione del piano antipirateria, a pochi mesi dalla data di introduzione, si apprende ora che l’industria dei contenuti ha convenuto con gli ISP: il piano sarà accantonato . A riferirlo a Cnet è il CEO della media company australiana Village Roadshow: “Dopo un’analisi indipendente relativa ai costi da sostenere per l’invio delle notifiche, abbiamo compreso che si tratta di una richiesta troppo gravosa per essere imposta agli ISP, e anche dal nostro punto di vista costerebbe troppo”.

Il sistema di invio delle notifiche, di cui si prevedeva che l’industria dei contenuti si facesse carico economicamente, per il momento dovrebbe funzionare in maniera manuale : si tratta di un metodo “che richiede molto lavoro, e costi proibitivi, tra i 16 e i 20 dollari australiani per notifica”. A questo prezzo “si potrebbe regalare alle persone un DVD”, ammette il CEO di Village Roadshow.
L’industria dei contenuti confida dunque nell’avvento di un sistema di invio delle notifiche che operi in maniera automatizzata, così da ridurre i costi e tornare a premere sul versante pedagogico del meccanismo dei three strikes.

D’altro canto, per tentare di sradicare la pirateria, l’industria può appellarsi alle inibizioni degli accessi decretate dalla giustizia: lo scorso anno in Australia è entrata in vigore una legge che permette ai detentori dei diritti di ottenere che i fornitori di connettività taglino fuori dalla Rete i siti che ospitino contenuti in violazione del copyright o ne facilitino l’accesso. Mentre l’industria dei contenuti ha appena agito contro quattro siti, fra cui The Pirate Bay, pare che gli operatori e le istituzioni debbano ancora trovare un accordo sulle soluzioni tecniche da adottare.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
8 mar 2016
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