Australia, alla prova le inibizioni antipirateria

Australia, alla prova le inibizioni antipirateria

L'industria dei contenuti per la prima volta chiede il dispiegamento dei filtri facendo leva sulla legge di recente introduzione. Si comincia con i nomi più noti ai detentori dei diritti, da The Pirate Bay a isoHunt
L'industria dei contenuti per la prima volta chiede il dispiegamento dei filtri facendo leva sulla legge di recente introduzione. Si comincia con i nomi più noti ai detentori dei diritti, da The Pirate Bay a isoHunt

Valutato che le comunicazioni inoltrate ai cittadini della Rete colti a condividere e scaricare materiale in violazione del diritto d’autore non rappresentano una strategia efficace e conveniente per l’industria dei contenuti, i detentori dei diritti australiani sono passati rapidamente al piano b , appellandosi alla legge di recente introduzione per chiedere l’inibizione degli accessi ai domini pirata.

I primi bersagli delle azioni legali mosse dalla media company australiana Village Roadshow e della piattaforma televisiva via cavo Foxtel sono i nomi della condivisione in Rete, già resi inaccessibili in numerosi altri del mondo: l’una mira a rendere inaccessibile in Australia Solarmovie , l’altra si scaglia contro The Pirate Bay , Torrentz , isoHunt e TorrentHound . La macchina giudiziaria è stata innescata, e il Copyright Amendment (Online Infringement) Act, approvato nel 2015 per far calare anche in Australia i filtri operati dai fornitori di connettività, verrà messo alla prova per la prima volta : le prime difficoltà emergono già dal primo giorno di confronto in tribunale.

La legge, in primo luogo, prevede che il detentore dei diritti notifichi al sito interessato dell’avvio del procedimento: Foxtel e Village Roadshow si sono così dovuti districare tra i siti oggetto di denuncia e i loro emuli, i loro mirror e i relativi proxy. L’industria dei contenuti ha spiegato in tribunale che sono stati rintracciati i recapiti di solo 43 gestori su un totale di 61 domini . Nessuno dei soggetti contattati, poi, ha offerto riscontri: con ogni probabilità l’industria dei contenuti combatterà in tribunale senza contraddittorio.

Altro elemento al banco di prova, inoltre, sarà la modalità con cui i detentori dei diritti sapranno dimostrare che i siti di cui chiedono l’inibizione siano “principalmente dediti alla pirateria” : senza il confronto con i diretti interessati, si suppone che sarà sufficiente una serie di schermate per ciascuno dei domini.

Più complesso, dato il necessario coinvolgimento del braccio armato dei fornitori di connettività, sarà poi stabilire la modalità dell’inibizione : le fonti locali riferiscono che il dibattito sulle questioni tecniche è già in corso, fuori dalle aule del tribunale. Se gli ISP sostengono le ragioni dei blocchi a livello DNS, i detentori dei diritti premono per i filtri a livello IP, pur con tutti i rischi che comportano , aggiornabili periodicamente con nuovi riferimenti così da tenere il passo con il mutevole panorama del sottobosco della condivisione online.

La prossima udienza è fissata per il mese di maggio, momento in cui si getteranno le basi di quello che il legale dell’accusa ha definito uno “schema” che consentirà di affrontare “numerosi procedimenti a seguire”.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
24 mar 2016
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