USA, cracker dietro le sbarre

USA, cracker dietro le sbarre

Le autorità statunitensi chiudono il conto con un uomo d'affari cinese responsabile della tentata compromissione di contractor militari, con l'accusato che si dichiara colpevole. Ce n'è anche per gli iraniani
Le autorità statunitensi chiudono il conto con un uomo d'affari cinese responsabile della tentata compromissione di contractor militari, con l'accusato che si dichiara colpevole. Ce n'è anche per gli iraniani

Il Department of Justice (DoJ) americano ha annunciato la fine del caso giudiziario di Su Bin, uomo d’affari cinese colto a trafficare con cracker terzi nel tentativo di compromettere i contractor della Difesa USA. L’accusato si è dichiarato colpevole, pagherà con la galera (e con una multa salata) e a dire dell’avvocato vuole solo andare avanti con la sua vita.

Cinquantenne, anche noto come Stephen Su o Stephen Subin, il cittadino cinese era stato arrestato nel 2014 sul suolo canadese e accusato di spionaggio industriale ai danni di Boeing, Lockheed Martin e di altri nomi di primaria importanza dell’industria privata in affari con il Pentagono.

Su Bin ha operato in combutta con due altri cracker a partire dal 2008, accusa il DoJ, nel tentativo di rubare informazioni riservate inerenti i progetti sui velivoli di nuova generazione per il trasporto (C-17) e le azioni militari vere e proprie (F-22, F-35) e di rivenderle all’industria cinese.

L’imprenditore cinese ha ammesso le proprie responsabilità, mentre il DoJ non perde l’occasione per lanciare un avvertimento agli altri cracker interessati a compromettere le aziende USA: Su Bin finirà in galera per cinque anni e dovrà pagare una multa di 250mila dollari.

In genere le autorità di Pechino si sono sempre dichiarate estranee ai tentativi di hacking ai danni di paesi esteri, ma questa volta le cose sono andate in modo diverso: un editoriale su Global Times, giornale alle dirette dipendenze del Partito, Su Bin viene indicato come persona “degna di rispetto” indipendentemente dalla sua colpevolezza.

In ogni caso il DoJ procede nella sua campagna anti-cracker prendendo di mira sette cittadini iraniani, colpevoli di una lunga serie di brecce informatiche che in 176 giorni hanno preso di mira 46 istituzioni finanziarie e il provider AT&T. I cybercriminali iraniani sono a piede libero, per il momento.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 1 apr 2016
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