Android, le accuse formali dell'UE

Android, le accuse formali dell'UE

Google, con i contratti e le condizioni per produttori e operatori, con dinamiche solo parzialmente open, avrebbe sviluppato un ecosistema con cui è impossibile competere. A farne le spese, sospetta la Commissione Europea, sono gli utenti
Google, con i contratti e le condizioni per produttori e operatori, con dinamiche solo parzialmente open, avrebbe sviluppato un ecosistema con cui è impossibile competere. A farne le spese, sospetta la Commissione Europea, sono gli utenti

Android detiene in Europa una quota di mercato superiore al 90 per cento nell’ambito dei servizi di ricerca online, nell’ambito dei sistemi operativi mobile che sono concessi in licenza ai produttori, e nell’ambito degli store di applicazioni destinati al proprio sistema operativo Android. Che Google, in ambito UE, godesse su questi mercati di una posizione dominante, emerge dai dati: è stata però la Commissione Europea, con le sue accuse formali , a rilevare che Mountain View ne stia abusando.

Era il mese di aprile del 2015, in occasione della comunicazione degli addebiti formali relativi ai servizi di ricerca, quando l’antitrust europeo dava notizia dell’ avvio delle indagini per fare chiarezza riguardo alle strategie adottate da Google per Android sul mercato europeo. Dopo un anno, dopo aver preso in considerazione una nutrita documentazione che rendesse conto delle opportunità concesse ai concorrenti, la Commissione ritiene di poter affermare che il comportamento di Google possa portare all'”ulteriore consolidamento della posizione dominante di Google Search nei servizi di ricerca generica su internet”, che pregiudichi “la capacità dei browser mobili concorrenti di competere con Google Chrome” e che “lo sviluppo di sistemi operativi basati sul codice sorgente aperto Android” possa essere minacciato “vanificando le opportunità che ne deriverebbero per lo sviluppo di nuove applicazioni e servizi”.

Antitrust e Android

I timori dell’Antitrust europeo si basano sull’analisi dei contratti di licenza che Google sottopone ai produttori, il cosiddetto MADA, che vincola al pacchetto di applicazioni e servizi della Grande G gli OEM che intendano animare con Android i loro dispositivi: i produttori, ha osservato la Commissione, hanno l’obbligo “di preinstallare Google Search e il browser Google Chrome e di impostare Google Search come motore di ricerca predefinito sui loro dispositivi, come condizione per poter concedere in licenza determinate applicazioni di cui Google detiene i diritti”. La Commissione riconosce che i produttori possono preinstallare un proprio ventaglio di app e servizi , eventualmente traendo frutto dal mercato del bundling, ma intende assicurarsi che sia loro concessa piena libertà di scelta nella selezione, senza prescrizioni da parte di Mountain View, che naturalmente agirebbe per difendere la propria posizione nell’ambito del search, la quota di mercato di Chrome, le proprie applicazioni e i propri servizi. Nonostante il comprovato successo del mercato delle app, la Commissione ha osservato che i consumatori raramente, e salvo casi in cui l’app si riveli di infima qualità, si rivolgono agli store di app per l’approvvigionamento di applicazioni che garantiscano le stesse funzioni di quelle preinstallate.

La Commissione si spinge poi a prendere in esame la natura open di Android , spesso imbracciata da Google a mo’di vessillo della propria apertura alla competizione. L’antitrust europeo riconosce il valore del codice open di Android, ma sottolinea che la disponibilità dei sorgenti non contribuisce ad alimentare la competizione nel momento in cui alle app e i servizi veicolati da Google con Android sono di natura proprietaria. La preinstallazione di queste app e di questi servizi, soprattutto Play Store , appare determinante per i produttori: la Commissione ricorda che lo store di applicazioni ufficiale, da cui sono scaricate il 90 per cento delle app installate su sistemi Android, non può essere scaricato autonomamente dagli utenti. Scegliendo di preinstallare Play Store, però, il produttore si vincola all’uso esclusivo di Android, condizione fissata il quello che viene definito “Anti-Fragmentation Agreement” e che vieta ai produttori di “vendere dispositivi mobili intelligenti ( sic ) che utilizzano sistemi operativi concorrenti basati sul codice sorgente aperto Android”. I produttori, in sostanza, sono costretti a scegliere: un fork Android su un dispositivo della propria gamma non può accompagnarsi a app targate Mountain View preinstallate su qualsiasi dispositivo. Se è vero che parte del mercato si sta attrezzando con partnership capaci di consolidare altri vincoli, la Commissione ritiene che il comportamento della Grande G abbia un impatto diretto sui consumatori, negando loro la possibilità di “accedere a dispositivi mobile basati su versioni di Android alternative e potenzialmente superiori”.

Altro meccanismo sotto la lente delle autorità antitrust è poi quello degli “incentivi finanziari” promessi agli OEM e anche agli operatori telefonici, proposte di natura economica volte ad assicurare la preinstallazione di Google Search. La Commissione non è entrata nei dettagli, ma si è limitata a spiegare che la propria apprensione non si concentra sui semplici incentivi, ma sulle condizioni che impongono l’ esclusiva per il motore di ricerca di Mountain View.

In via preliminare la Commissione ritiene che a fare le spese di questi comportamenti adottati da Google siano in ultima analisi i consumatori. Incoraggiati dall’effetto network, e dalla vasta platea di utenti, gli sviluppatori tenderanno a concentrare i propri sforsi su Android, negando la loro attenzione a OS alternativi e consolidando così l’orientamento del mercato. Un orientamento rafforzato anche dalle difficoltà di migrazione da un sistema operativo all’altro per dati e app: l’utente che ha abbracciato Android potrebbe confermare la propria scelta sulla base di questo motivo di ordine pratico. Ponendo le proprie condizioni, Google avrebbe così innescato queste concatenazioni per mantenere e irrobustire le proprie quote di mercato, con l’effetto di conservare una posizione dominante anche sui ritmi dell’innovazione che naturalmente vanno di pari passo con le potenzialità sul mercato.

La Commissaria responsabile per la Concorrenza Margrethe Vestager, nell’illustrare le accuse per Google, ha ricordato che gli addebiti formali, fondati sui sospetti emersi dalle analisi dei mesi scorsi, non sono che una fase delle indagini che solo alla conclusione potrebbero sfociare in sanzioni che hanno un limite massimo del 10 per cento del fatturato globale dell’azienda, vale a dire 7,4 miliardi di euro.
A latere, la Commissione sta studiando anche altri aspetti della posizione di Google : mentre il caso relativo al search e ai servizi commerciali è ancora in corso, mentre il confronto su Android entra ora nella fase più intensa, si sta analizzando anche il mercato dell’advertising e quello dei contenuti e del diritto ancillare rivendicati dagli editori, appena riportato all’ordine del giorno dagli affondi di News Corp.

Google ha 12 settimane per rispondere alle accuse relative ad Android e placare i sospetti della Commissione, per proporre soluzioni in grado di ristabilire condizioni che l’Antitrust giudichi concorrenziali. Lo ha fatto fin da subito in maniera informale con un post sul blog ufficiale, rivolgendosi ai consumatori. Ai produttori, spiega la Grande G, è sottoposto un accordo su base volontaria : “chiunque può usare Android senza Google”, spiega il Senior Vice President & General Counsel Kent Walker, chiamando a propria testimonianza il caso di Amazon e del suo sistema operativo. Le condizioni imposte ai produttori non sono che un modo per assicurare che le applicazioni funzionino su tutti i dispositivi animati da Android e nessuno vieta ai produttori di gestire le proprie preinstallazioni . Tantomeno, nulla vieta agli utenti di scegliere applicazioni che concorrono con quelle di Mountain View : a dimostrarlo, i 50 miliardi di app scaricate dagli utenti dell’OS. “Android è diventato un motore di innovazione per i software e gli hardware mobili. Ha consentito a centinaia di produttori di costruire eccellenti telefoni, tablet e altri dispositivi ancora. Ha permesso a sviluppatori di ogni dimensione di raggiungere facilmente un vasto pubblico”. “Il risultato? – domanda retoricamente Walker – Gli utenti possono beneficiare di una scelta straordinaria di app e di dispositivi a prezzi sempre più bassi”.

Google ha altresì assicurato la piena collaborazione con le autorità UE, e confida di poter dimostrare che “che il modo attento in cui abbiamo ideato il modello Android è un bene per la concorrenza ed è un bene per i consumatori”. Del resto, non rinuncia a sottolineare Google, le autorità lo hanno già riconosciuto: a fronte di decisioni avverse come quella dell’antitrust russo e delle nubi che potrebbero addensarsi negli States, altrove, come in Corea , si è rilevato che “gli utenti possono facilmente scaricare e usare applicazioni concorrenti, come pure cambiare il motore di ricerca impostato sul loro dispositivo mobile”.

Gaia Bottà

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Pubblicato il 20 apr 2016
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