Spioni UK: Orwell ci fa un baffo

Spioni UK: Orwell ci fa un baffo

Nuove rivelazioni sul tecnocontrollo britannico di derivazione americana: le intelligence di sua maestà frugano da anni nei database sui cittadini, avendo potenzialmente accesso a qualsiasi tipo di informazione
Nuove rivelazioni sul tecnocontrollo britannico di derivazione americana: le intelligence di sua maestà frugano da anni nei database sui cittadini, avendo potenzialmente accesso a qualsiasi tipo di informazione

Il Regno Unito è la patria di George Orwell, della distopia di “1984” e del tecnocontrollo senza confini a opera delle agenzie di intelligence: in quest’ultimo caso non si tratta di fantasia letteraria ma di una realtà più che concreta, i cui contorni sono stati svelati dalla documentazione ottenuta dalla ONG Privacy International.

Per ironia della sorte, proprio al 1984 risale il Telecommunications Act oggi sfruttato da GCHQ, MI5 ed MI6 per accedere impunemente ai cosiddetti “Bulk Personal Datasets” (BPD), archivi di dati sensibili potenzialmente appartenenti a “migliaia” di organizzazioni pubbliche e private.

Le agenzie di intelligence UK hanno passato gli ultimi 15 anni ad abusare del Telecommunications Act per accedere a ogni sorta di documentazione sui cittadini, sostiene Privacy International, avendo accesso esclusivo e senza garanzie legali di sorta a rapporti confidenziali sullo stato di salute delle persone (NHS), situazioni finanziarie, orientamenti religiosi, politici o sessuali. Nemmeno i morti si salvano dalle ingerenze dello spionaggio di sua maestà, accusa Privacy International.

L’intelligence avrebbe abusato dei BPD a discapito del controllo (presunto) terzo dell’Intelligence Services Commissioner, organo di controllo che non era a conoscenza dell’uso dei database fino a poco tempo fa.

Con l’iniziativa nota come Investigatory Powers Bill , accusano gli attivisti, GCHQ e sodali stanno provando a far passare come legittima una pratica di sorveglianza distribuita che nei fatti viene condotta dietro le quinte da anni.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
22 apr 2016
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