UberPop multato in Francia

UberPop multato in Francia

Ci sono parecchie centinaia di migliaia di euro da pagare. Ma Uber ha già detto che farà appello. Sperando nelle nuove linee guida europee sulla sharing economy
Ci sono parecchie centinaia di migliaia di euro da pagare. Ma Uber ha già detto che farà appello. Sperando nelle nuove linee guida europee sulla sharing economy

Non c’è pace per Uber in Francia. L’azienda statunitense è stata condannata dal tribunale di Parigi ad una salatissima multa di 800.000 euro . A finire nelle mire degli inquirenti francesi è UberPop , il servizio che mette in contatto i passeggeri con autisti occasionali non professionisti. A farne le spese anche due alti dirigenti dell’azienda: Pierre-Dimitri Gore Coty , responsabile per l’Europa, e Thibauld Simphal , direttore generale dell’area francese, condannati al versamento di 30.000 euro il primo, e di 20.000 euro il secondo.

proteste in francia contro vetture uber

Quello transalpino è l’ultimo “stop”, in ordine di tempo, imposto a Uber da parte di alcun membri della comunità europea. Anche nel nostro paese, ad esempio, UberPop è stato bloccato l’estate scorsa su tutto il territorio nazionale in seguito ad una decisione del tribunale di Milano, che ha argomentato in termini di sicurezza, trasparenza e rispetto delle norme che regolamentano il settore.

Le motivazioni della sentenza d’oltralpe sono due in particolare: concorrenza sleale ed esercizio abusivo della professione . La decisione del tribunale parigino rappresenta l’epilogo di una situazione ad alta tensione che nel paese transalpino si protrae da più di un anno. In seguito alle forti proteste da parte dei sindacati dei tassisti, cui avevano fatto seguito anche vere e proprie aggressioni ai veicoli degli affiliati al servizio, era stata infatti la stessa società statunitense, a luglio scorso, a decidere di sospenderne per motivi precauzionali l’erogazione .

Soddisfatte, ma non del tutto, alcune associazioni di categoria, che nell’ambito del procedimento si sono costituite parte civile ottenendo un risarcimento danni di qualche migliaio di euro, poca cosa rispetto ai 120 milioni richiesti inizialmente . Sconcerto e incredulità, invece, da parte dei vertici dell’azienda di San Francisco, che hanno prontamente reagito mettendosi in moto per avviare un ricorso davanti alle autorità competenti, allo scopo di sospendere la pena ma soprattutto di far valere le proprie ragioni e vedere riconosciuto il proprio diritto ad esercitare.

Questo soprattutto alla luce dell’apertura che la Commissione Europea ha mostrato nei giorni scorsi verso l’economia cosiddetta partecipativa, attraverso la pubblicazione di una serie di linee guida a cui i singoli stati membri dovrebbero attenersi per regolamentare in modo omogeneo il settore.

Secondo quanto si legge nel documento comunitario, infatti, il divieto all’espletamento dei servizi imposto alle aziende che operano nel comparto della sharing-economy dovrebbe costituire una extrema ratio a cui ricorrere se e soltanto ove si ravvisino esigenze di tutela di interessi di carattere generale . La questione rimane aperta, dunque, almeno fintantoché il tribunale adito per l’appello non si pronuncerà sui fatti.

Luca Barbieri

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Pubblicato il 10 giu 2016
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