Lavorare con il coworking

Lavorare con il coworking

Svolgere una libera professione o telelavorare da casa condividendo spazi, idee e know how con altre persone: spesso un'esigenza per abbattere i costi di impresa può diventare un fiorente modello di business.
Svolgere una libera professione o telelavorare da casa condividendo spazi, idee e know how con altre persone: spesso un'esigenza per abbattere i costi di impresa può diventare un fiorente modello di business.

Sei un libero professionista e ormai sei stanco di lavorare da casa o dal solito bar, isolato da tutto e da tutti? Sei un dipendente di qualche società che ti ha proposto di telelavorare, ma ti terrorizza l’idea di chiuderti in casa senza più rapporti interpersonali? Oppure hai uno spazio con qualche scrivania vuota che vorresti rendere disponibile a qualcuno? Allora il coworking fa al caso tuo!

Il termine coworking fu coniato nel lontano 1999 da Bernie DeKoven (famoso progettista di giochi americano) per descrivere il lavoro collaborativo effettuato con il supporto delle tecnologie. Più tardi, nel 2005, Brad Neuberg associa tale modalità collaborativa a uno spazio fisico, creando il primo spazio di coworking, denominato “Hat Factory”, a San Francisco. Il coworking diventa, quindi, una filosofia lavorativa in cui una comunità di lavoratori (i “coworkers”) condivide un ambiente pur non facendo parte della stessa organizzazione. Dal 2005 in poi è un proliferare di spazi di coworking in tutto il mondo, specie nelle grandi città.

Coworking, oggi

Oggi il coworking significa lavorare assieme all’interno di una struttura attrezzata e organizzata, messa a disposizione a liberi professionisti che decidono di avviare la propria attività in un ambiente facilmente adattabile alle varie esigenze ed economicamente conveniente. Usare uno spazio di coworking consente non solo di ridurre i costi di un ufficio (affitto, servizi, acquisto, uso e manutenzione di tecnologie), con ovvii benefici per l’ambiente, ma anche di semplificare l’iniziativa imprenditoriale , specie quella giovanile, grazie allo snellimento delle attività burocratiche necessarie per la gestione e manutenzione di un ambiente di lavoro di proprietà. Inoltre il coworking offre l’opportunità di condividere know-how e idee con altri liberi professionisti, nonché di fare networking e di cortocircuitare competenze ed esperienze a supporto dell’innovazione. Un ufficio in cui lavorano fianco a fianco persone con capacità diverse è l’ideale per far proliferare nuove idee, favorire la diffusione di conoscenze, stabilire relazioni sociali, generare nuove opportunità di lavoro.

Deskmag.com è il primo magazine online dedicato agli spazi di coworking che spiega come funzionano e come potrebbero migliorare per far lavorare bene la comunità

Ma chi è il coworker?

La flessibilità dello spazio di lavoro, associata a prezzi di utilizzo molto favorevoli, ha aperto le porte a una vasta platea di utilizzatori.
L’opportunità di poter utilizzare in qualsiasi momento e per periodi più o meno brevi spazi e servizi modulabili in base alle proprie esigenze a prezzi accessibili e flessibili attira quotidianamente numerosi professionisti “condannati” a lavorare isolati a casa o in qualche angolo remoto di un bar.
Da una recente ricerca risulta che il profilo dominante della maggior parte dei frequentatori degli spazi in coworking (il 53 per cento) è quello di un giovane professionista impegnato in attività lavorative che non richiedono uno spazio fisico costante. Tra questi rientrano anche tutti quei freelance che iniziano con il lavoro da casa e poi passano al coworking perché ne hanno abbastanza di lavorare in pigiama e pantofole, ovvero perché motivati dalla necessità di ampliare le prospettive professionali grazie alle comunità presenti in questi luoghi di lavoro.

Alcune tipologie di professionisti, quali ingegneri e architetti, hanno cavalcato da tempo il fenomeno coworking. Inizialmente raggruppati all’interno di studi al fine di condividere le spese, a causa della crisi hanno preferito l’idea di lasciare gli spazi occupati in precedenza, spesso troppo grandi e con canoni di affitto mensile insostenibili, a favore degli spazi di coworking, più flessibili e a costi più contenuti.
A parte qualche caso particolare (l’8 per cento del totale), la rimanente tipologia di coworker (il 39 per cento) è costituita da imprenditori e micro-aziende o startup che non hanno bisogno di molto spazio per praticare il loro lavoro, nonché dipendenti di grandi aziende bisognosi di contaminarsi con la creatività e il dinamismo che si genera all’interno di questi spazi condivisi con altre persone.
La stessa ricerca indica anche i motivi che spingono freelance, imprenditori e startup a lavorare in coworking. L’interazione con altre persone (l’86 per cento degli intervistati), la possibilità di condividere con esse la conoscenza (l’82 per cento) e la ricerca di nuove opportunità di lavoro date dall’interazione (il 79 per cento), sono tra le principali motivazioni che spingono i coworker a frequentare questi spazi, insieme alla flessibilità dei tempi di lavoro (l’86 per cento) e al basso costo dell’affitto (il 61 per cento).
Una curiosità: la maggior parte dei coworker (il 62 per cento) è costituita da uomini, ma il numero delle donne (il 38 per cento) è in crescita con un trend del 5 per cento in più ogni anno.

Quale spazio di coworking?

Solitamente gli spazi preposti al coworking coincidono con strutture aperte, simili a loft, nelle quali sono presenti una serie di postazioni con connessione Internet Wi-Fi, sale riunioni e strumenti quali stampanti, fax, fotocopiatrici ecc. Ogni coworker ha la possibilità di accedere allo spazio affittato secondo le proprie esigenze.

Tali ambienti condivisi sono stati progettati non solo per fornire un luogo di lavoro, ma anche per dare un senso di appartenenza. Per questo motivo è importante valutare, nella scelta di uno spazio di coworking adatto alle proprie esigenze, la distribuzione dell’open space e delle aree riservate per riunioni e incontri di lavoro, nonché la presenza di aree relax. È proprio l’atmosfera piacevole la motivazione che più di tutte induce i lavoratori a utilizzare spazi di lavoro condivisi.

Spesso tali spazi sono realizzati per far sentire il coworker come a casa propria, con il vantaggio di avere a disposizione un ambiente flessibile che diventa formale e informale a seconda delle necessità. È possibile trovare divani, ma anche cucine con angoli cottura da usare a proprio piacimento.
L’offerta di quest’ultima tipologia di servizi è spesso un incentivo per il coworking. Essi possono essere inclusi nella tariffa o fatti pagare a parte. Ad esempio il Wi-Fi e l’accesso libero alla cucina sono generalmente compresi nell’affitto, mentre l’utilizzo della sala riunione spesso prevede il pagamento di una tariffa ad ore. Alcuni luoghi offrono anche caffè e spuntini inclusi nella tariffa.

Da non sottovalutare, infine, la disponibilità di un parcheggio, almeno che non si raggiunga il posto di lavoro con mezzi di trasporto pubblici.
La ricerca precedentemente citata evidenzia anche quali sono i servizi più richiesti (e perciò ritenuti indispensabili). Al primo posto, ovviamente, capeggia Internet (99 per cento), cioè la possibilità di avere una connessione per la navigazione Web. Al secondo posto le immancabili stampanti e fotocopiatrici (80 per cento), mentre al terzo posto risulta la necessità di disporre di una sala riunione (76 per cento). Ultima in questa breve classifica, ma non ultima per i tantissimi coworker che tirano tardi nel proprio lavoro, è una macchina del caffè (61 per cento), compagna fedele di tanti momenti di abbattimento fisico-mentale.

Lavorare in coworking

Nel nostro immaginario, un ufficio è uno spazio fisico con una sedia e una scrivania con sopra un computer, un insieme di documenti posti in maniera ordinata all’interno di appositi contenitori e un telefono. A fianco della scrivania uno scaffale, o un piccolo armadio, contenente diversi raccoglitori. Sulla parete ci potrebbe essere una scheda che mostra chi sta lavorando su che cosa e un calendario per annotare gli impegni e le scadenze. Lo spazio di coworking, invece, mette a disposizione uno spazio fisico, con una scrivania e una sedia; a tutto il resto dobbiamo pensarci noi. Ma niente paura: basta un computer e una connessione a Internet per avere un intero ufficio a portata di clic.

Esistono in rete numerosi applicativi e siti Web che consentono di gestire online le varie attività di un ufficio , dalla creazione di documenti alla loro archiviazione, dalla comunicazione con clienti e collaboratori alla pianificazione dei vari processi lavorativi, dalla gestione delle scadenze alla condivisione delle risorse.

Grazie alle funzionalità offerte dai numerosi strumenti disponibili in rete, alcuni dei quali li prenderemo in esame nel prosieguo, è possibile organizzare digitalmente un proprio spazio di lavoro virtuale, strettamente integrato con lo spazio reale del coworking. Ad esempio, è possibile creare documenti, presentazioni e fogli di calcolo condivisi con altri utenti all’interno di un archivio online, accessibile da qualsiasi parte del mondo; integrare e arricchire sterili documenti con immagini, suoni e video; condividere pianificazioni e scadenze in tempo reale con colleghi e clienti; comunicare relazioni e notifiche mediante lo scambio di email, messaggi o altri strumenti di comunicazione anche avanzati quali le webconference; mostrare i propri prodotti e servizi attraverso le vetrine virtuali dei siti Web; acquisire pagamenti ed effettuare fatturazioni.


Con Microsoft Office 365 è possibile creare documenti (Word, Excel, PowerPoint e OneNote), archiviare e condividere file (fino a 1TB su OneDrive), inviare e ricevere email (Outlook), gestire calendari online (Calendario) e l’elenco contatti (Persone). Per l’uso è previsto un abbonamento mensile

A questo punto la domanda sorge spontanea. Qual è la “stretta integrazione” tra l’ambiente virtuale di un ufficio online e quello reale di uno spazio di coworking?

L’integrazione nasce dal fatto che uno spazio di coworking non esiste se non è affiancata dalla tecnologia . Il lavoro collaborativo che in esso viene svolto ha bisogno assoluto di un supporto tecnologico. D’altro canto la tecnologia progredisce grazie anche alla collaborazione di tante menti che, specie in questi ambienti di coworking, si contaminano tra loro dando frutto a ulteriori progetti e innovazioni.


Zoho.com è una piattaforma di office collaboration con decine di strumenti integrati. Il gruppo “Email & Collaboration” include tool per creare e gestire documenti, chat e webconference, mail e project collaboration. La piattaforma è gratuita per gruppi fino a 25 utenti, con ben 5 GB di spazio ciascuno

Iniziare come futuro coworker

Come accennato, il coworking è sostanzialmente una comunità di lavoratori, spinti ad aggregarsi tra loro per condividere idee, iniziative e, perché no, anche le spese. Numerose di queste comunità si sono formate anche grazie all’organizzazione di eventi in coworking casuali e sporadici, i cosiddetti “Jelly”, che avvengono nei luoghi più disparati quali il soggiorno di una casa o il tavolino di un bar, un parco o un qualsiasi spazio con una rete Wi-Fi accessibile. Questi Jelly consentono ai partecipanti di sperimentare e apprezzare i vantaggi offerti dal lavoro collaborativo, facilitando successivamente la loro entrata in veri e propri spazi in coworking.
Sul sito WorkatJelly è possibile cercare un Jelly in oltre 100 città in tutto il mondo, ovvero aprirne uno. A tal fine bisogna innanzitutto seguire i suggerimenti e i consigli riportati sul wiki del sito e poi unirsi al gruppo “Jelly Organizers Group” per renderlo pubblico.

Aprire uno spazio di coworking

Ma se invece si vuole aprire uno spazio di coworking? Aprire un coworking significa aver compreso l’idea di condivisione collaborativa che sta dietro uno spazio attrezzato con scrivanie, sedie e qualche computer. Per l’apertura serve un locale e tanta pazienza per sbrigare le pratiche burocratiche necessarie. Per mettersi in regola con la burocrazia occorre presentare la Comunicazione Unica presso la Camera di Commercio, segnalare l’inizio attività al Comune (Scia), iscriversi al Registro delle imprese, aprire la Partita IVA e iscriversi all’Inail, chiedere l’autorizzazione per l’installazione di insegne e cartelli stradali, la valutazione del rischio e l’agibilità dei locali, TARI e TASI…

Da tenere in debita considerazione che il 60 per cento dei coworkers preferisce lavorare in spazi meno caotici, con meno di 20 postazioni. Per il locale (di proprietà o in affitto) è bene evitate il grigio o colori troppo neutri, in quanto deprimenti. Per arredare uno spazio di coworking con mobili e complementi d’arredo bisogna saper scegliere anche i giusti colori al fine di creare quell’atmosfera che possa stimolare la creatività e le emozioni.
Tra quelli consigliati c’è il verde, noto per essere un colore che aiuta la concentrazione e incoraggia la creatività e lo sviluppo di nuove idee, ma allo stesso tempo induce al rilassamento e alla tranquillità. Anche il giallo va bene, perché richiama il sole e ciò promuove l’ottimismo. L’arancione, d’altro canto, aiuta a mantenere alta la concentrazione per lunghi periodi su singole attività perché il cervello lo associa con la resistenza e il dinamismo. Il blu può essere anche utilizzato perché ha un effetto positivo sulla creatività, però è anche molto rilassante e tranquillizzante e ciò potrebbe essere controproducente. Da limitare l’uso del rosso, un colore molto motivante, ma che purtroppo favorisce rabbia e distrazione.
Ovviamente, bisogna poi attrezzare gli spazi e stipulare eventuali contratti per fornire i servizi che si vuole offrire. E non ultimo acquistare o noleggiare le attrezzature tecnologiche e informatiche necessarie per la gestione e il corretto svolgimento delle attività lavorative che vengono svolte.
Un ufficio, per essere completo, ha infatti bisogno di stampanti, fotocopiatrici, fax e telefoni, nonché di qualche PC di cortesia. Per la sala riunione serve un impianto audio e un videoproiettore. Infine la connessione ad Internet, da offrire almeno in modalità wireless e, possibilmente, anche cablata.

Creato lo spazio di coworking, bisogna riempirlo di coworker. La prima cosa da fare è capire se il proprio spazio e ben pubblicizzato all’esterno, cioè se sono ben visibili le insegne, i cartelli e le indicazioni per raggiungerlo. Farsi conoscere sul proprio territorio deve essere l’obiettivo prioritario. A tal fine è utile organizzare eventi quali corsi, seminari, ma anche concerti, piano bar, mostre e altre attività culturali che possano attirare coworker fisicamente vicini, piuttosto che cercare di attirare fin da subito, tramite annunci su Internet, coworker provenienti da lontano che devono necessariamente percorrere lunghe tratte per raggiungere lo spazio di coworking e quindi meno propensi a ritornarci successivamente.
Intrapreso l’obiettivo prioritario di farsi conoscere sul territorio, il passo successivo è la registrazione su appositi motori di ricerca e marketplace (alcuni dei quali sono elencati nella tabella seguente).

È importante avere anche un proprio sito, ma se non si ha tanto denaro a disposizione è meglio una pagina Facebook ben curata che un sito web poco attraente. Chi gestisce uno spazio di coworking non deve soltanto attirare nuovi coworker, ma anche saper mantenere quelli già presenti sul posto, anche per lunghi periodi. A tal fine, purtroppo, non è sufficiente un ambiente carino e ben curato. L’estetica è sì importante, ma da sola non basta. È necessario coltivare la comunità interna. Ma come fare?

Innanzitutto bisogna premettere che un coworker ama sentirsi parte di una comunità. Il fallimento o il successo di uno spazio dipende dalla capacità del gestore di un coworking di far sentire le persone a proprio agio e nel posto giusto. Ciò non è assolutamente facile. Allo scopo si potrebbe, ad esempio, organizzare saltuariamente pranzi di gruppo dove ogni coworker porta qualche ingrediente e tutti preparano il pranzo. Oppure organizzare un campionato di ping pong, videogame o calcio balilla (se presenti), ovvero creare un momento al termine della giornata lavorativa più informale e rilassato, magari accompagnato da una birra e un leggero spuntino.

È ovvio che la convivenza in luoghi comuni implica il rispetto di regole che possono (anzi, devono) essere scritte. Un regolamento chiaro e preciso, da affiggere in bacheca, aiuta a mantenere un clima sereno. Innanzitutto bisogna indicare il responsabile del coworking e le eventuali persone da contattare in caso di problemi (anche istituzionali quali la polizia locale, i Carabinieri ecc.).

I servizi offerti nel coworking devono essere accessibili a tutti e, di conseguenza, disciplinati nell’uso. Bisogna stabilire i tempi e le modalità di utilizzo degli spazi comuni e dell’area ristoro (con relativa pulizia a cura dell’utilizzatore). Chi utilizza la cucina, per esempio, deve mettere i piatti nel lavandino e pulire le briciole dal tavolo, se ciò non è già previsto da un servizio di pulizia.

Bisogna altresì definire i tempi di consegna di posta e pacchi, della pulizia dei locali, dell’uso (anche a pagamento) di sale riunioni e stampanti/fax.
Occorre inoltre disciplinare l’orario di accesso ai locali sia dei coworker che di eventuali visitatori (da autorizzare preventivamente), segnalare l’eventuale presenza di sistemi di videosorveglianza, indicare le modalità di accesso alla rete Wi-Fi ecc.

Anche il rumore deve essere gestito affinché l’ambiente garantisca la necessaria tranquillità che consenta di lavorare e di dare sfogo alla propria creatività. Innanzitutto il tono della voce che deve essere sempre moderato e l’uso dei telefoni cellulari limitato a conversazioni brevi e con un tono di voce basso. Se la chiamata si prolunga è bene allontanarsi in una zona più isolata.

D’altro canto, non bisogna essere antisociali. Gli spazi in coworking promuovono un ambiente in cui la collaborazione e la condivisione di idee è il valore aggiunto dell’investimento. Non fa male scambiare qualche parola con il vicino di scrivania o condividere informazioni sul proprio lavoro. Inoltre è bene fornire idee o suggerimenti per rendere l’ambiente migliore per tutti.

Il coworking in Italia

In Italia il coworking vede il primo spazio a Milano nel 2008 ad opera di due imprenditori milanesi ideatori del progetto Cowo , un programma di affiliazione aperto a chi volesse aprire un coworking all’interno dei propri uffici al fine di ammortizzare le spese quali affitto, forniture e servizi.


Cowo aiuta ad aprire e gestire uno spazio di coworking con tariffe a partire da 250 euro + IVA a semestre. I vantaggi? Uso del marchio Cowo, inserimento nel sito e sul Google Coworking Map, modulistica e manuali, materiale promozionale con foto e video, booking online

Attualmente risultano aperti 122 “spazi Cowo”, il maggior numero dei quali si trova nelle grandi città: Torino, Milano, Roma, ma si sta diffondendo anche nel centro Italia e in altre città minori. I Cowo appartengono alla categoria dei cosiddetti coworking orizzontali , in cui possono accedere tutte le categorie di coworker, senza distinzione di competenze e professionalità.

Viceversa, i coworking verticali sono quelli in cui i coworker operano nello stesso campo lavorativo. Un esempio è Talent Garden , un insieme di spazi coworking, in continua espansione, dedicato a professionisti del mondo digitale e della comunicazione.


Talent Garden consente di aprire uno spazio coworking dedicato a professionisti del mondo digitale e della comunicazione peri far migliorare le competenze dei partecipanti. Mette a disposizione progettazione degli spazi, materiale di comunicazione, uso del marchio, gestione di eventi e attività didattiche

Recentemente si stanno sviluppando in Italia altre forme di coworking, quale il cosiddetto coworking rurale , generalmente ubicato in piccoli centri o aree economicamente “depresse” con lo scopo di fungere da volano per le startup e i freelance desiderosi di emergere dalle condizioni in cui sono costretti a vivere. Un esempio è Casa Netural di Matera, un misto tra coworking rurale e co-living (una nuova concezione di coworking in cui si favorisce la socializzazione, specie negli orari extra lavorativi), che cerca quotidianamente di attrarre lavoro e innovazione in un territorio segnato da alti livelli di disoccupazione giovanile.

Infine ci sono anche coworking che hanno una particolare attenzione al welfare . Un esempio è Piano C di Milano che offre, oltre agli ambienti per lavorare, anche uno spazio dedicato ai bambini al fine attirare e agevolare quei lavoratori-genitori che non vogliono “staccarsi” dai figli segregandoli in asili lontani anche diversi chilometri dal luogo di lavoro.


L’austriaca Impact Hub aiuta ad aprire spazi di coworking sul territorio nazionale. Prima di interpellare la società è necessario avere il locale e adempiuto alle pratiche burocratiche. Impact Hub fornirà tutta la sua esperienza per far decollare il nuovo spazio nel proprio network

In Italia l’apertura di uno spazio di coworking viene a volte sostenuta da istituzioni nazionali e locali, associazioni di categoria, consorzi e università. È nel loro interesse mettere in atto iniziative per dare impulso al coworking al fine di sfruttare anche a proprio vantaggio la capacità, offerta da questo modello di lavoro collaborativo, di concentrare competenze specializzate e veicolare progetti in grado di favorire lo sviluppo del territorio e l’occupazione.

Navigando su Internet è possibile trovare numerose iniziative in tal senso. A titolo d’esempio, nel 2014 la Camera di Commercio di Lodi , insieme al Comune di Lodi e al Consorzio per la formazione professionale, ha aperto le iscrizioni a 8 nuove realtà imprenditoriali, in particolare giovanili e femminili, per l’accesso ad un open space in coworking di circa 80 mq presso l’ex Linificio.

Anche il CNA di Roma , nell’ambito del progetto Millepiani coworking, aveva avviato un’iniziativa, denominata Impresafacile, con lo scopo di aiutare un aspirante artigiano, commerciante o piccolo imprenditore ad avviare la propria attività mediante l’erogazione di un contributo di 4.500 euro (2.500 euro da parte della Camera di Commercio di Roma e altri 2.000 euro da parte dello stesso CNA).

Funder35 , annualmente indìce un bando nazionale (l’ultimo è scaduto il primo luglio 2016) rivolto a imprese o cooperative sociali, associazioni culturali e fondazioni, composte da persone prevalentemente “under 35” impegnate nell’ambito della produzione artistica/creativa. A disposizione 2 milioni e 650mila euro.

Anche al Sud è vivo l’interesse per il coworking. Ne è un esempio il Comune di Partanna, in provincia di Trapani, che ha attivato il FabLab , uno spazio condiviso che ha l’obiettivo, come riportato sul sito, di “portare la Digital Fabrication e la cultura Open Source in un luogo fisico, dove macchine, idee, persone e approcci nuovi si possano mescolare liberamente”.

Legislazione italiana relativa al coworking

La legislatura italiana non ha ancora ben inquadrato questo nuovo soggetto giuridico, nonché i rapporti che possono essere regolati con esso. Sul sito del Senato è pubblicato il disegno di legge numero 542 che cerca di definire il coworking e il coworker: il primo come la “compresenza di attività imprenditoriali e di liberi professionisti che condividono la stessa struttura, servizi ed utenze al fine di ottenere una ottimizzazione delle spese correnti e dei costi vivi che incidono sull’attività”, mentre il secondo come quel “soggetto, possessore di partita IVA, che non superi i 30.000 euro di utili netti all’anno e che svolga attività e servizi compatibili con le strutture date in uso per l’attività di coworking”.

Il disegno di legge definisce anche il coworking center , cioè una struttura pubblica utilizzata per il coworking composta da almeno 5 locali operativi, una sala riunione e servizi igienici in comune. Ogni coworking center dispone di almeno un dipendente.

I coworker, inoltre, conferiscono ai coworking center un canone mensile, comprensivo di canone di locazione della porzione di coworking center ad utilizzo esclusivo e dell’accesso e utilizzo degli spazi comuni e dei servizi igienici. Le utenze elettriche, idriche e relative ai rifiuti sono a carico dei coworking center.

Il gestore del coworking center, infine, può stabilire tariffe apposite per servizi quali il collegamento e l’utilizzo dei telefoni, la rete Internet ed altri eventuali servizi aggiuntivi.

Temi analoghi vengono toccati dal recente disegno di legge sul lavoro autonomo (che ingloba tematiche quali lo smart working ), presentato dal governo quale delega della legge di Stabilità 2016 e recentemente approvato dalla commissione lavoro del Senato e in attesa di essere approvato in aula. Quello del “lavoro agile” e dei modelli di business legati al coworking è dunque un argomento caldo e dibattuto che punta, potenzialmente, a rivoluzionare in un futuro ormai molto prossimo il modo di lavorare e di fare impresa. Se in bene o in male è ancora prematuro dirlo, ma dall’ Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano fanno sapere che quasi il 50 per cento delle grandi aziende sta già sperimentando questo tipo di prestazione.


Periodicamente vengono organizzate conferenze sul coworking in Europa (CoworkingEurope.net è la più importante), ma anche in Italia (Sharitaly e Espresso Coworking ne sono due esempi)

Il coworker ha bisogno non soltanto di quattro pareti, condivise con altri liberi professionisti, ma anche di strumenti, quali ad esempio un computer e uno smartphone, per poter svolgere la propria attività. Ma non solo. È ovvio che c’è bisogno anche di un software capace di organizzare, creare, condividere, archiviare, comunicare.

La suite Google Apps for Work è un insieme di software e strumenti di produttività per la collaborazione in un ambiente cloud. Nonostante questi strumenti siano gratuiti per il privato, la suite viene offerta a pagamento con l’aggiunta di ulteriori vantaggi quali, tra l’altro, la possibilità di personalizzare gli indirizzi di posta elettronica con il dominio della propria azienda, almeno 30 GB di spazio minimo dedicato ad ogni utente per la memorizzazione di documenti ed e-mail, sicurezza dedicata e assistenza telefonica e tramite e-mail 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. È possibile provare gratuitamente Google Apps for Work per 30 giorni per un massimo di 10 utenti. Al termine è possibile sottoscrivere un abbonamento mensile di 4 euro per utente oppure annuale di 40 euro per utente. Con ulteriori 4 euro in più al mese è possibile avere uno spazio illimitato di archiviazione e Vault, uno strumento avanzato per la conservazione legale delle mail.

App per comunicare: in questo gruppo appartengono strumenti per la comunicazione e l’organizzazione di appuntamenti quali Gmail, Hangouts, Calendar e Google+. I primi due consentono di comunicare tramite email e chiamate vocali e video. Calendar, invece, consente di gestire appuntamenti su calendari condivisi con gruppi di persone. Google+, infine, è un social network molto utile per la collaborazione.

Archiviazione dati: Al fine di memorizzare file e mail, Google Apps for Work mette a disposizione Drive, con ben 30 GB di spazio per ogni singolo utente. Lo strumento consente non solo di sincronizzare i file modificati sul proprio dispositivo, ma anche di visualizzare, senza la necessità di installare il corrispondente software, oltre 40 formati di file (PDF, JPEG, Office ecc.).

Strumenti di collaborazione: tra questi troviamo Documenti, Fogli e Presentazioni (gli analoghi, rispettivamente, di Word, Excel e PowerPoint), Moduli (per la creazione di moduli personalizzati per sondaggi e questionari da condividere tramite email o pubblicare su un sito Web) e Sites (per realizzare un sito Web da usare nella Intranet dell’azienda o un portale per i clienti).

Il pieno di applicazioni: per coloro che necessitano di app capaci di svolgere specifici compiti nei più disparati settori (contabilità, marketing, educazione ecc.), Google mette a disposizione un marketplace contenente oltre 750 applicazioni, sviluppate da terze parti, che migliorano e aumentano le funzionalità dei servizi quali Gmail, Drive e Calendar. Gestione amministrativa degli spazi in coworking
Diversi sono gli applicativi appositamente progettati per gestire uno spazio in coworking. Cobot e Wild Apricot consentono, a fronte di un canone mensile, di gestire le iscrizioni dei membri, le prenotazioni, nonché le fatture e i pagamenti. Gratuito è NadineProject , che offre analoghe funzionalità in versione open source.

Per gestire le prenotazioni

Skedda è un semplice calendario che consente di gestire le prenotazioni dei propri spazi in coworking. È gratuito fino a 10 spazi, per un numero illimitato di utenti e prenotazioni. You Can Book Me , invece, non è soltanto un calendario, ma anche un sistema di pagamenti: è integrato con Google Calendar e Gmail; il canone è di 9 euro/mese.

Per organizzare il proprio lavoro

Per organizzare le proprie attività può essere utile Trello , una bacheca, gratuita in cui sono presenti delle liste di schede, condivisibili, con le cose da fare, in corso e già fatte. Asana , invece, consente ai team di tenere traccia dei progressi lavorativi, nell’ambito di un progetto condiviso, con l’ausilio di diversi strumenti di collaborazione tra loro integrati.

Per comunicare

Oltre ai “classici” canali di comunicazione, quali Whatsapp, Skype, Twitter e Facebook, esistono altri strumenti quali Acano e Slack . Il primo è una piattaforma di comunicazione mediante chat e videoconference; il secondo, invece, è una piattaforma avanzata di emailing per lo scambio di messaggi in modalità pubblica o privata.

Per pubblicizzare la propria attività

Per farsi conoscere è necessario farsi pubblicità. Ad esempio, Mailerlite e MailKitchen consentono di organizzare campagne mirate con mail personalizzate da realizzare con l’aiuto di template. Entrambe consentono, gratuitamente, di spedire illimitate email fino a 1.000 indirizzi al mese.

Infine, altre applicazioni di particolare interesse: Docusign, per apporre la firma elettronica sui documenti; Ezeep , per la gestione in cloud delle stampe; Canva per la creazione di disegni e documenti grafici professionali; Zapier per creare integrazioni tra software e strumenti disponibili sul Web.

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Pubblicato il
15 set 2016
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