Copyright UE, tutti critici tranne gli aventi diritto

Copyright UE, tutti critici tranne gli aventi diritto

La Commissione rivela finalmente la sua proposta di riforma del copyright a livello europeo. E le polemiche si accendono
Copyright UE, tutti critici tranne gli aventi diritto
La Commissione rivela finalmente la sua proposta di riforma del copyright a livello europeo. E le polemiche si accendono

In occasione del discorso sullo stato dell’Unione del 2016 del Presidente Juncker, oltre ad aver delineato un piano per la futura connettività europea , la Commissione ha presentato ufficialmente la proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul copyright nel Mercato Digitale Unico, anticipata da tante indiscrezioni e polemiche.

Nel nuovo pacchetto sono confermate le anticipazioni sulle disposizioni restrittive previste, mancano le richieste riforme come sul diritto al panorama invocato da più parti e, anzi, il tono sembra particolarmente stringente: per esempio il Recital 38 prevede l’obbligo per tutti gli hosting provider che danno accesso a una (generica) grande quantità di opere protette da copyright di “prevedere misure appropriate e proporzionali per assicurare la protezione delle opere e degli aventi diritto, come per esempio l’implementazione di tecnologie efficaci”.

Confermate anche le disposizioni relative alla cosiddetta tassa sui link prevista dal Recital 34 che riconosce agli editori i cosiddetti diritti ancillari, diritti uguali a quelli “previsti dalla Direttiva 2001/29/EC rispetto agli utenti digitali”, ovvero sulla riproduzione e la messa a disposizione del pubblico delle opere.

Nel comunicato che presenta la riforma se ne spiegano le ragioni: “Il lavoro di giornalisti, editori e autori deve essere giustamente retribuito – si legge riprendendo il discorso sullo Stato dell’Unione del Presidente Juncker – che sia svolto in una redazione o a casa, che sia diffuso offline o online, che sia pubblicato con una fotocopiatrice o con un hyperlink commerciale sul web”.

“Il nuovo diritto – continua – riconosce l’importante ruolo svolto dagli editori a stampa nell’investire in contenuti giornalistici di qualità e nel crearli, che è essenziale per l’accesso dei cittadini alla conoscenza nelle nostre società democratiche. Poiché saranno giuridicamente riconosciuti per la prima volta come titolari dei diritti, si troveranno in una posizione migliore quando dovranno negoziare con i servizi online l’uso dei propri contenuti o l’accesso ad essi e saranno maggiormente in grado di combattere la pirateria”.

Aggiunge inoltre che “la direttiva sul diritto d’autore ha lo scopo rafforzare la posizione dei titolari dei diritti nella negoziazione e nella percezione di una remunerazione per lo sfruttamento online dei contenuti su piattaforme per la condivisione video quali YouTube o Dailymotion. Tali piattaforme avranno l’obbligo di utilizzare strumenti efficaci, come tecnologie per individuare automaticamente canzoni o opere audiovisive che i titolari dei diritti hanno identificato e la cui autorizzazione o eliminazione è stata concordata con le piattaforme”.

Con la versione ufficiale della proposta sono diventate ufficiali anche le critiche.
Open Rights Group (ORG) accusa la Commissione di aver ignorato i cittadini europei e i loro commenti ad una consultazione precedente sul tema a favore delle lobby dell’industria, cercando di portare regole repressive che costringeranno aziende private a diventare veri e propri poliziotti di Internet .

Secondo la parlamentare europea del Partito Pirata Julia Reda, poi, si tratta semplicemente di una riforma retrograda , influenzata dagli interessi delle corporation, il cui modello di copyright, fatto di diritti ancillari a favore degli editori, rischia di danneggiare sia i piccoli editori che le startup innovative.

L’associazione per i diritti umani e civili EDRi , infine, parla di una riforma che “non sarebbe potuta essere peggiore” e che invece di portare l’Europa al passo con il 21esimo secolo, avvelena il libero pensiero e la creatività dei cittadini e delle piccole imprese europee .

A favore si esprimono invece i detentori dei diritti e le associazioni che li rappresentano , tra cui l’italiana FIMI che accoglie positivamente questa iniziativa che “tenta di affrontare e gestire il value gap : la questione più spinosa che in questo momento il settore musicale in Europa e nel mondo si trova ad affrontare”, ovvero “l’eccessiva sproporzione esistente tra il consumo di musica nel mondo ed i ricavi che ne derivano per gli aventi diritto” rispetto al quale la proposta rappresenta “un primo passo in un lungo percorso”. Allo stesso modo l’internazionale IFPI dichiara che “per raggiungere una crescita sostenibile, il settore musicale ha bisogno di agire a condizioni paritarie con gli altri soggetti in campo. Questo significa creare un ambiente dove le regole sul copyright sono correttamente applicate, così che i creatori e i produttori possano essere sicuri di investire”.

L’altro punto di contrasto rimane poi la disposizione, contraria al principio di non responsabilità degli intermediari attualmente prevista dalla normativa europea, che obbligherebbe gli intermediari ad adottare sistemi di filtri sul modello dello YouTube. Come sottolinea Google “questo trasformerebbe Internet in un luogo dove qualsiasi cosa caricata sul Web deve essere controllata da avvocati prima di poter arrivare al pubblico”. Mozilla, sulla stessa linea, parla di barriera imposta a startup e sviluppatori .

La proposta sarà ora discussa dal Parlamento Europeo e poi dovrà passare al vaglio del Consiglio prima di diventare, eventualmente, legge.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
15 set 2016
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