Yahoo, una backdoor per l'intelligence USA?

Yahoo, una backdoor per l'intelligence USA?

Mentre Google e Microsoft smentiscono qualsiasi attività del genere, Yahoo sembra aver collaborato su ordine delle autorità ad un programma ad hoc. Le indiscrezioni, però, non sono chiare né del tutto coerenti
Mentre Google e Microsoft smentiscono qualsiasi attività del genere, Yahoo sembra aver collaborato su ordine delle autorità ad un programma ad hoc. Le indiscrezioni, però, non sono chiare né del tutto coerenti

Secondo quanto riferisce Reuters , Yahoo avrebbe creato “un software specifico per scandagliare le email dei suoi clienti alla ricerca di specifiche informazioni” a beneficio dell’intelligence statunitense.

In base ai dati relativi ai rapporti sulla privacy, nel periodo compreso tra gennaio e giugno 2015, periodo nel quale il programma era apparentemente attivo, Yahoo avrebbe ricevuto richieste di accesso in base al Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA) per i contenuti di circa 21.500 account: una cifra a questo punto messa in discussione dalla presenza del programma di analisi ad hoc portato alla luce dall’agenzia di stampa.
Il sito in viola, dunque, se le fonti Reuters dovessero trovare conferma, potrebbe dunque presto trovarsi al centro di una tempesta perfetta: da un lato la mega-breccia ora divulgata che ha colpito gli account dei suoi utenti nel 2014, ora questa nuova notizia che la vorrebbe al centro di un nuovo capitolo del Datagate.

Nonostante il clima di sostanziale sfiducia degli utenti nei confronti di autorità e grandi aziende ICT e l’impegno generale di queste ultime a profondersi in scuse e rapporti per testimoniare la propria limpida sincerità nella gestione dei dati degli utenti, dunque, Yahoo avrebbe , con una mano, presentato per esempio il rapporto sulla trasparenza parlando di “lavoro duro per guadagnarsi con gli anni la fiducia degli utenti” e dall’altro avrebbe appunto collaborato con le forze dell’ordine per sviluppare un programma per scandagliare le comunicazioni private scambiate attraverso i propri servizi.

A costituire una ulteriore colpa del sito in viola, d’altronde, proprio il fatto che il software sarebbe stato messo in attività solo lo scorso anno, ovvero a datagate già esploso e dunque nel bel mezzo delle paure scatenate dalla scoperta della sorveglianza e dei metodi di NSA. La fonte di Reuters , ex dipendenti del sito in viola, parlano infatti di un programma di spionaggio avviato nella primavera del 2015 a seguito di un non meglio specificato “ordine segreto governativo” che avrebbe tra l’altro portato alle dimissioni dell’ allora vertice della sicurezza delle informazioni di Yahoo, Alex Stamos, che all’oscuro di tutto aveva scoperto del progetto appoggiato dal CEO Marissa Mayer e dal General Counsel Ron Bell, e che lo aveva considerato inizialmente il frutto delle operazioni di un gruppo di cracker.

A differenza dei casi precedenti, tuttavia, dietro le richieste di accesso a tali informazioni e la collaborazione, potrebbe esserci l’ FBI e non l’agenzia al centro dello scandalo grazie alle rivelazioni del suo ex contractor Edward Snowden: tuttavia per agire sul territorio statunitense spesso questa opera con la collaborazione del Bureau.

Mentre Alphabet e Microsoft si sono affrettate a riferire di non aver mai condotto certi tipi di ricerche sui propri servizi email, per il momento Yahoo non ha confermato nel merito, limitandosi a comunicare attraverso un suo portavoce di essere “una società soggetta alla legge degli Stati Uniti d’America”.

Diversi osservatori, d’altra parte, hanno manifestato dubbi sul reportage di Reuters , sottolineando in particolare che manca di coerenza, numeri precisi e dati relativi alle email scandagliate: da un lato si parla di “tutti gli account”, dall’altro di migliaia, e non si specifica né l’ordine ricevuto in base al quale l’azienda avrebbe collaborato né la qualifica degli ex dipendenti ora fonti anonime.

Nel frattempo gli attivisti della American Civil Liberties Union (ACLU) hanno definito l’ordine governativo nei confronti di Yahoo “incostituzionale” e si sono detti molto delusi dal fatto che questa non si sia opposta. Dello stesso avviso anche Electronic Privacy Information Center (EPIC) e Electronic Frontier Foundation (EFF) che parla di “nuovo fronte della sorveglianza di massa”, ribadendone l’incostituzionalità soprattutto alla luce della dichiarazione delle fonti di Reuters , secondo cui il programma servirebbe a scandagliare tutti gli account di tutti gli utenti Yahoo, senza dunque limitazione a quelli non statunitensi.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
5 ott 2016
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