Telecom Italia assolta per le SIM fantasma

Telecom Italia assolta per le SIM fantasma

Cade l'accusa di avere messo in circolazione mezzo milione di schede intestate a persone fittizie o inesistenti. Il PM aveva chiesto condanne fino a 4 anni per gli imputati e una multa di 900mila euro per la società
Cade l'accusa di avere messo in circolazione mezzo milione di schede intestate a persone fittizie o inesistenti. Il PM aveva chiesto condanne fino a 4 anni per gli imputati e una multa di 900mila euro per la società

Telecom Italia è stata definitivamente assolta dall’accusa di avere immesso e mantenuto in circolazione circa mezzo milione di schede SIM false . Nel processo, che si dibatteva dal 2012, sono stati assolti settanta imputati , tra cui dodici ex dipendenti della società telefonica. Il verdetto è stato emesso dal giudice Filippo Grisolia del Tribunale di Milano. Lo scorso 8 aprile l’accusa, con il PM Francesco Cajani, aveva chiesto condanne fino a un massimo di 4 anni per gli imputati e una multa di 900mila euro per Telecom Italia, per associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione e al falso.

L’impianto accusatorio si basava sull’ipotesi che oltre mezzo milione di SIM marcate Tim sarebbero state intestate a persone inesistenti o a persone reali ma inconsapevoli, quindi vendute parallelamente su tutto il territorio nazionale a un prezzo più alto.

Nuovo logo Tim

Le indagini erano partite dopo un accertamento effettuato nel 2009 dai carabinieri di Busto Arsizio (Varese). Gli accusati, ex dipendenti di Telecom Italia, si sarebbero accordati con i gestori di punti vendita Tim, fornendo in alcuni casi anche documenti contraffatti per la compilazione di falsi contratti necessari ad attivare le schede. Tra gli imputati comparivano Lucio Cattaneo, ex responsabile del “canale etnico” di Telecom Italia, Fabio Sommaruga e Michele Formisano, che gestivano rispettivamente il settore per il Centro-Nord e per il Sud Italia. Secondo l’accusa, lo scopo sarebbe stato quello di ottenere bonus e incentivi grazie all’incremento di schede messe in circolazione, mentre i rivenditori avrebbero avuto un guadagno sul prezzo praticato per il servizio aggiuntivo offerto agli acquirenti delle SIM, ovvero l’anonimato. Per l’accusa, Telecom Italia, che nel processo ricopriva il doppio ruolo di imputata e di parte lesa, avrebbe così realizzato un profitto illecito di oltre 129 milioni di euro.

Nel novembre 2013 il GUP di Roma, a cui erano stati trasmessi gli atti, aveva prosciolto tre dirigenti: Riccardo Ruggiero, ex amministratore delegato di Telecom Italia; Massimo Castelli, ex direttore operativo di Tim Italia e Luca Luciani, allora al vertice di Tim Brasil. I tre erano accusati di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità di vigilanza attraverso false comunicazioni all’Authority competente.
Come riportato il 28 novembre 2013, l’accusa sosteneva che i tre ex manager, “ricorrendo a un artificio tecnico-contabile”, avessero tenuto in vita tra il 2006 e il 2008 5,3 milioni di schede SIM, “di immediata e prossima scadenza”, con ricariche da un centesimo allo scopo di ostacolare l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni cui venivano “comunicati dati dolosamente alterati”, gonfiando fittiziamente il volume dei clienti. In quell’occasione Telecom Italia aveva deciso di patteggiare, sanando la sua posizione con il pagamento di 600mila euro, schierandosi come parte civile nel nuovo procedimento contro gli ex dirigenti.
Ora i giudici del Tribunale di Milano hanno ripetuto la sentenza di assoluzione per Telecom Italia e per gli altri ex dirigenti imputati, perché il fatto non sussiste .

Pierluigi Sandonnini

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Pubblicato il 25 nov 2016
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