La prima volta di Galileo

La prima volta di Galileo

Il sistema di geolocalizzazione europeo diventa operativo. Ci sono voluti 17 anni e milioni di euro per venire a capo di un progetto che dovrebbe superare i limiti del GPS
Il sistema di geolocalizzazione europeo diventa operativo. Ci sono voluti 17 anni e milioni di euro per venire a capo di un progetto che dovrebbe superare i limiti del GPS

Milano – Doveva essere operativo nel 2008, ma 8 anni dopo finalmente Galileo è un progetto funzionante: bisognerà attendere il 2020, ancora, per completare la costellazione di 24 satelliti in orbita ma finalmente l’Europa si è dotata del suo sistema di geolocalizzazione che fa concorrenza ai vari GPS, Beidou e Glonass . La precisione del sistema, la capacità di individuare la posizione dei dispositivi in modo migliore di quanto fatto fino ad oggi, sono le armi che Galileo ha da giocare: basteranno a convincere aziende e utenti a investire in questa tecnologia?

La decisione di varare un sistema di geolocalizzazione indipendente nasce in Europa ormai 17 anni fa per tentare di affrancarsi dalla tecnologia altrui: il GPS nacque per gli interessi militari degli Stati Uniti, e ha finito per essere adottato a scopo consumer solo a partire dalla fine del XX secolo. Galileo dovrebbe essere invece una piattaforma pensata sin dalla sua nascita per un massiccio utilizzo da parte del pubblico: supporto alle emergenze con maggiore rapidità di individuazione delle vittime in caso di SOS, come detto precisione superiore (scarto fino a 1 metro, massimo), satelliti di riserva da piazzare in orbita per garantire il funzionamento della rete anche in caso di disservizi da parte di uno degli elementi della costellazione.

Al momento Galileo diventa operativo con 18 satelliti su 24 previsti: entro il 2020 il sistema sarà completato con un totale di 30 satelliti in orbita, sei dei quali disponibili per backup dei principali . A gestire il sistema un’azienda italiana , Telespazio, che si è aggiudicata l’appalto per 10 anni attraverso la Spaceopal messa in piedi assieme all’Agenzia Spaziale Tedesca): sarà la familiare stazione di terra del Fucino a regolare il funzionamento della rete Galileo, assieme alla sede dell’ESA che si trova alle porte di Monaco Di Baviera, e ci sono poi altre aziende italiane come Thales Alenia Spazio che lavorano allo sviluppo delle applicazioni più disparate per istituzioni pubbliche e privati allo scopo di creare servizi di pubblicà utilità o commerciali.

Il costo totale dell’operazione Galileo dovrebbe aver raggiunto e superato i 10 miliardi di euro per le tasche europee , fino a raggiungere i 13 miliardi se sarà confermato il lancio degli ultimi 4 satelliti previsti dal programma: uno sforzo imponente, non privo di sbavature in tutti questi anni di complicata gestazione, che però punta ad affrancare l’industria del Vecchio Continente dalla dipednenza dai servizi altrui. La maggiore precisione e densità dei satelliti Galileo dovrebbe contribuire inoltre allo sviluppo di nuove tecnologie come quella delle vetture a guida automatica: le norme europee impongono già che dal 2018 tutte le automobili vendute siano equipaggiate con hardware Galileo, in questo caso a scopo di soccorso d’emergenza, ma è facile pronosticare che non sarà l’unico utilizzo che sarà fatto di questo chip.

Oltre agli scopi commerciali, a ogni modo, Galileo potrà essere usato anche a fini scientifici: ricerche sull’ambiente, sulla ionosfera e sulla situazione del clima potranno essere condotti anche sfruttando questa nuova tecnologia che si va ad integrare con quella che la stessa Agenzia Spaziale Europea ha piazzzato e piazzerà sulla ISS (la Stazione Spaziale Internazionale) e ad altri progetti di ricerca che stanno venendo portati avanti in questi mesi e anni. C’è un piano complessivo che riguarda le ambizioni europee nello spazio , di ampio respiro e che potrebbe garantire vantaggi strategici al Vecchio Continente.

Una curiosità: non ci sono ancora molti dispositivi in circolazione che sono già in grando di sfruttare i segnali del network Galileo, soprattutto per quanto attiene il mondo consumer. Fanno eccezione un paio di smartphone : lo spagnolo BQ Aquaris X5 Plus e il cinese Huawei Mate 9 sono già compatibili con il geoposizionamento europeo , ma in linea teorica dovrebbe essere possibile attivare la riceazione del segnale anche su altri cellulari equipaggiati con chip Snapdragon di Qualcomm. In ogni caso, i dispositivi potranno incrociare le informazioni tra diverse costellazione di satelliti: a regime, tra rete russa, cinese , europea e statunitense ci saranno oltre 100 segnali a cui attingere per puntamenti rapidi e precisi anche tra i palazzi della città.

Luca Annunziata

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Pubblicato il 16 dic 2016
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