Speciale/ Internet dentro e fuori le elezioni

Speciale/ Internet dentro e fuori le elezioni

Un'indagine sulla capacità dei partiti e dei movimenti di rispondere sui problemi della Rete. Internet entra ed esce dalla politica italiana e la mobilitazione online può aiutare il cambiamento. Uno sguardo alla situazione
Un'indagine sulla capacità dei partiti e dei movimenti di rispondere sui problemi della Rete. Internet entra ed esce dalla politica italiana e la mobilitazione online può aiutare il cambiamento. Uno sguardo alla situazione


Roma – “Nella seconda metà del Giurassico si evolvono diversi sauri a cranio corto e a cranio grosso e lungo: sono i Plesiosauri. La disponibilità di cibo vegetale era notevole e queste forme, erbivore, ne approfittarono.
I vegetali, spesso coriacei, richiedevano un lungo processo di digestione, in gran parte affidato alla fermentazione. I sauropodi erano forse soltanto enormi sistemi di trasporto per un enorme sistema digestivo, stomaci immensi corredati di quattro zampe.”

I candidati alle imminenti elezioni politiche sono uomini dell’era digitale o sono invece più simili ai Plesiosauri scorazzanti per le savane del giurassico?

Un candidato che come Rutelli dichiara che metterà una webcam nel suo studio di Palazzo Chigi sembrerebbe in effetti un uomo dei nostri tempi. E moderno come lui sembrerebbe anche Silvio Berlusconi che solca le trasmissioni televisive annunciando programmi futuri di sviluppo dell’Italia basati sulle 3I (Internet, Impresa, Inglese).

La campagna elettorale cui abbiamo assistito è stata la prima che l’Italia ricordi in cui la tecnologia è diventata oggetto di progettualità politica. Non c’è manifesto elettorale che non contempli una sezione dedicata alla new economy, a Internet, alla informatizzazione della pubblica amministrazione. Ogni movimento ha il suo bel sito web: perfino i programmi elettorali, le 125 pagine di quello di Rutelli e i cinque punti per cambiare l’Italia della Casa delle libertà sono consultabili solo online, quasi che l’accesso a Internet sia diventato oggi una discriminante sociale.

La rivoluzione digitale, così come accade in tutto il mondo, è ormai talmente pervasiva da aver convinto i nostri politici a trasformare se stessi? Siamo di fronte a un cambiamento generazionale vero e proprio dove la consapevolezza del nuovo tecnologico cambia anche il modo di fare politica?

Purtroppo non sembra essere così.

Per sintetizzare in due parole diremo che oggi “adottare le tecnologie” come strumento di cambiamento della società è un’arte che si esercita in due direzioni differenti. Da una parte è necessario garantire il diritto all’accesso : ciò richiede di ragionare in termini strutturali. E ‘ di questa “innovazione degli strumenti” che sono pieni i programmi elettorali della Casa delle Libertà e dell’Ulivo quando alludono a scuole collegate in rete, larga banda per tutti, pubblica amministrazione online. Ma gli strumenti, benchè se ne parli tanto, non sono tutto.

L’altro aspetto importante ma purtroppo interamente sottaciuto nei propositi di tutti i partiti per la nuova legislatura è quello della libertà di accesso . Si tratta di materia totalmente diversa. Attiene alla necessità di garantire insieme agli strumenti anche alcune garanzie indispensabili per i cittadini.

Di queste garanzie nessuno vuol sentir parlare. Così tre settimane fa Punto Informatico ha inviato a tutti i partiti una mail con cinque semplici domande su come intenderanno affrontare, una volta superato il traguardo elettorale, il problema della libertà di accesso . Ci interessava capire, visto che che tutti indistintamente vogliono la popolazione italiana presto collegata alla rete (per di più ad alta velocità) anche “a che condizioni” ciò potrà accadere.

Abbiamo spedito settanta messaggi di posta elettronica in tutto, quasi uno spamming, nei quali chiedevamo a Rutelli, a Berlusconi e a tutti gli altri (senza dimenticare nessuno) se l’anonimato online dovesse essere considerato un valore o un limite, se certe recenti leggi come quelle sul copyright e sull’editoria non fossero limitative della libertà digitale dei cittadini e altre cose simili.

Settanta email spedite in quella grotta del giurassico dove politici di ogni orientamento discutono oggi disinvoltamente di larga banda e alfabetizzazione informatica, di digital divide e computer da schierare negli asili.

A tutt’oggi il numero di risposte ricevute in redazione può essere agevolmente riassunto. Esse ammontano a zero.

Massimo Mantellini


Ecco le domande che il quotidiano ha inviato nelle scorse settimane alle sedi e alle redazioni dei partiti e ai candidati alle elezioni politiche di domenica.

Domanda n.1
– L’Italia è in fondo alle classifiche europee nel rapporto numero di PC/numero di studenti (circa 1 PC ogni 25 alunni e di questi solo il 70% collegati alla rete). Qual è la vostra posizione nei confronti del problema dell’alfabetizzazione telematica nelle scuole?

Domanda n.2
– Qual è la posizione del vostro movimento nei confronti dell’accesso universale a Internet? Si tratta di un diritto del cittadino del quale ci si deve fare carico o l’accesso e il suo relativo costo devono essere regolati solo dalle dinamiche del mercato delle telecomunicazioni? Quale ruolo deve avere lo Stato secondo voi nell’incentivare l’utilizzo della rete Internet?

Domanda n.3
– Lo Stato deve incentivare le imprese che investono su Internet? E se sì, con quali strumenti?

Domanda n.4
– Avrà certamente sentito parlare di Napster e del sempre piu pressante problema della proprietà intellettuale su Internet. Quale tipo di regolamentazione da parte dei governi nazionali e secondo voi necessaria per la rete? Come tutelare la privacy dei suoi utilizzatori e nel contempo garantire sicurezza e liceità dei contenuti digitali?

Domanda n.5
– La nuova legge sull’editoria (62/2001) è accusata di rappresentare una forma di censura ai danni della libera informazione su Internet. Cosa pensa del testo della legge e della sua formulazione che fa chiaro riferimento alla legge sulla stampa, una normativa del 1948, cercandone una applicazione per Internet? E ‘ al corrente che una petizione online contro la legge sull’editoria ha gia raccolto quasi 40mila firme e il sostegno di circa 3mila siti Internet italiani?


Roma – Non sappiamo chi vincerà alle prossime elezioni politiche, quale schieramento vedrà premiati i propri sforzi né quali partiti riusciranno a superare lo sbarramento del quattro per cento per portare in Parlamento drappelli di deputati e senatori.

Ma, al Parlamento che uscirà dalle elezioni, i siti e le persone che hanno aderito alla petizione contro la legge sull’editoria consegneranno un plico che non contiene solo una richiesta ma anche un avvertimento.

Sì, perché la mobilitazione che si è avuta in Rete in queste settimane, che ha dovuto superare il fuoco di fila di coloro che minimizzano la portata della legge solo per essere sconfessati da illustri giuristi, non ha precedenti in questo paese. Non c’è solo la contestazione per una legge fatta male, tanto male da diventare censoria, c’è anche la contestazione del metodo con cui questa legge è arrivata ad essere “efficace”.

Per la prima volta e nel modo più esteso fino a questo momento, decine di migliaia di utenti Internet italiani di tutti i “colori” e di tutti gli “schieramenti” hanno voluto lanciare un messaggio, l’avvertimento che in futuro leggi che vogliano adattare alla Rete vecchie logiche e meccanismi di mercato superate potranno essere respinte al mittente.

Questa petizione e soprattutto il dibattito che ha suscitato consentono a coloro che tengono ad Internet di sapere che non si è soli, che si è in tanti e che in tanti molto si può fare.

E ai candidati che dalle urne dopo il 13 maggio usciranno come parlamentari della Repubblica, questa mobilitazione può offrire un’occasione importante per avvicinarsi alla Rete, al di là degli slogan politici, rispettandone l’unicità e l’afflato libertario. Un’occasione per lasciarsi alle spalle la volgare trasposizione di odiose e superate logiche del vecchio mondo su un nuovo mezzo la cui verginità dev’essere protetta. Perché aggredirla non può che rappresentare un’insopportabile scandalo.

Paolo De Andreis

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Pubblicato il
11 mag 2001
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