Aumenta l'uso del peer-to-peer

Aumenta l'uso del peer-to-peer

Con gran scorno della RIAA, secondo cui, nonostante le denunce, l'attività dei pirati online è devastante, pare proprio che il numero di utilizzatori delle piattaforme di scambio non faccia che aumentare. E in Italia...
Con gran scorno della RIAA, secondo cui, nonostante le denunce, l'attività dei pirati online è devastante, pare proprio che il numero di utilizzatori delle piattaforme di scambio non faccia che aumentare. E in Italia...


Roma – Si consolidano con nuovi numeri le stime delle scorse settimane che vedevano per la prima volta dopo mesi in ripresa il fenomeno del file sharing, la condivisione di file sulle piattaforme del peer-to-peer. La società di sicurezza Blue Coat Systems sostiene infatti che nelle imprese americane i dipendenti continuano ad essere irrimediabilmente attratti dalla condivisione, che spesso sfrutta linee veloci.

Stando allo studio condotto dagli esperti della società, che mira a verificare i problemi di sicurezza legati a questo genere di attività nelle aziende medio-grandi negli Stati Uniti, il 42 per cento degli intervistati ha ammesso di utilizzare spesso e volentieri applicazioni come Kazaa , Morpheus o Gnutella . Di questi, il 38,6 per cento ha dichiarato di farlo direttamente dal posto di lavoro.

In ufficio e a casa il 70 per cento dei dipendenti delle imprese statunitensi passano generalmente 16 minuti al giorno in queste attività e qualcuno, circa il 16 per cento, ci passa sopra più di un’ora tutti i giorni.

Ma quel che più è destinato a infastidire l’industria discografica è il fatto che il 60 per cento di coloro che utilizzano il peer-to-peer non si preoccupa del fatto che la RIAA possa intraprendere azioni legali contro la propria azienda. E questo nonostante l’ampia campagna di sensibilizzazione mirata dai discografici proprio sulle imprese. Una campagna che ha preceduto le denunce contro gli utenti domestici del peer-to-peer.

“L’ambiente delle imprese – spiegano gli esperti di Blue Coat – appare come un’area di impunità per l’uso illegale del peer-to-peer. I dipendenti non si preoccupano abbastanza del rischio-denuncia per le loro imprese da parte di RIAA o MPAA (l’associazione degli studios cinematografici, ndr.). Oltre ai rischi legali, il download P2P può arrivare a succhiare anche il 30 per cento delle risorse di banda e dello storage dell’impresa oltreché attivare spyware sulle postazioni di lavoro. È tempo che le imprese fermino i loro impiegati e impediscano loro di mettere a rischio le attività”.

I risultati dello studio sono arrivati mentre il presidente RIAA Cary Sherman parlava a Londra, dichiarando che oggi come oggi “si consuma più musica di quanto si sia mai fatto nella storia, ma è molto meno quella che viene pagata”. Sherman ha spiegato che RIAA continuerà a spingere su campagne di sensibilizzazione contro l’uso illegale del peer-to-peer e ha definito “devastanti” per il settore le conseguenze della pirateria dentro e fuori dalla rete.

Va detto che a gennaio gli esperti di NDP Group avevano avvertito che vi erano segnali di una rinnovata crescita dell’uso del P2P . Una rilevazione che, associata ai dati di Blue Coat, potrebbe dunque confermare una inversione di tendenza in atto dopo la compressione graduale nell’uso delle piattaforme di scambio seguita al lancio della grande offensiva legale della RIAA contro gli utenti del P2P.

Di interesse, infine, segnalare anche una indagine italiana sull’uso del peer-to-peer e della musica illegale da parte dei giovani del nostro paese. Una ricerca condotta su 1.300 11-18enni di Rimini per conto di Corriere Romagna e della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini da parte di Trademark Italia. Lo studio ha evidenziato che il 45,7 per cento di loro fa uso di musica pirata. Di questa porzione di giovani fan della musica, il 66 per cento ha dichiarato di acquistare CD illegalmente masterizzati disponibili sul mercato nero e ben il 21,2 per cento di scaricare musica da internet anche attraverso il P2P.

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Pubblicato il
5 mar 2004
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